by Editore | 4 Maggio 2012 9:32
LONDRA – Una città laburista elegge, anzi rielegge, un sindaco conservatore. Sembra questo il messaggio apparentemente contraddittorio che proviene da Londra, dove ieri si è votato per scegliere il primo cittadino. Un voto importante, perché si tratta della più grande metropoli d’Europa, con 8 milioni di abitanti. E perché si è svolto in una giornata di elezioni locali in tutta la Gran Bretagna, dunque un barometro di umori politici più ampi, da studiare insieme alle elezioni presidenziali francesi di questa domenica per cercare di capire se in Europa tira un vento nuovo.
Confermando le previsioni della vigilia, mentre nella notte venivano contate le schede, l’ultimo sondaggio di YouGov, pubblicato dal quotidiano della sera Evening Standard, ha assegnato la vittoria 53 a 47 per cento al sindaco uscente, il conservatore Boris Johnson, ex giornalista, ex deputato, storico dell’antica Roma, figlio dell’èlite, uscito da scuole e università esclusive come Eton e Oxford, gran ciuffo di capelli biondi e battuta pronta, contro il laburista Ken Livingstone, ex – sindacalista, detto “il Rosso” nei due mandati (2000-2008) in cui è stato lui il sindaco della capitale, nei quali si era battuto per allargare isole pedonali e tasse sul traffico, per una società egualitaria, solidale e multietnica. Aveva governato bene, Livingstone, eppure quattro anni fa gli elettori di una città sostanzialmente di sinistra come Londra lo hanno mandato a casa, preferendogli un conservatore. E ora a quanto pare hanno fatto il bis. Perché?
Due terzi di quelli che hanno votato per Johnson, dicono le analisi del voto, lo hanno fatto non perché sostenessero davvero il candidato conservatore, bensì perché apprezzavano ancora meno quello laburista. Livingstone appariva a molti troppo vecchio (ha 67 anni contro i 46 di Johnson) e da troppo tempo in politica. Non è il suo messaggio a non convincere tanta gente, è il messaggero che non andava più tanto bene: se il Labour avesse presentato un altro candidato, affermano vari commentatori, probabilmente avrebbe avuto più chance di riconquistare il municipio. Tanto è vero che a livello nazionale il partito guidato da Ed Miliband ha guadagnato seggi quasi ovunque, mentre i Tory ne hanno persi e i loro alleati nella coalizione di governo, i liberaldemocratici, sono addirittura sprofondati, perché accusati da molti dei loro seguaci di avere svenduto la propria anima liberale e progressista alla destra, pur di andare al potere. Le statistiche che danno i laburisti nettamente in testa, se le elezioni politiche si tenessero oggi, appaiono dunque sostanzialmente confermate dal voto regionale di ieri. Con il Paese di nuovo in recessione (due depressioni economiche di seguito, è la prima volta che accade dal 1975), un tasso di disoccupazione che sfiora il 20 per cento e un governo accusato di difendere i ricchi contro tutti gli altri, anche qui insomma tira aria di cambiamento.
Londra rappresenterebbe l’eccezione. E a parte i demeriti di Livingstone, c’entrano pure i meriti di Boris Johnson, che se non altro è simpatico, spigliato, anticonformista nei modi, e cela l’identità posh andando in giro in bicicletta e facendo dichiarazioni pro-ambiente. Di due anni più anziano del primo ministro David Cameron, Johnson non ha mai nascosto l’ambizione di diventare leader dei conservatori e premier: era anzi dell’idea che Downing Street spettasse a lui più che a Cameron. Vincere per due volte la poltrona di sindaco rilancerebbe tali aspirazioni: se Cameron venisse effettivamente sconfitto dal Labour alle prossime politiche (nel 2015, a meno che non si vada a un voto anticipato), il comando dei Tory potrebbe toccare a Johnson, più che al contestatissimo ministro del Tesoro George Osborne, che ci fa a sua volta un pensierino.
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