LO SPETTACOLO DEL SISMA

by Editore | 31 Maggio 2012 15:35

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Dopo il terremoto ci vuole un poco di silenzio o, se si vuole parlare, allora bisogna parlare dei morti. Forse vedere un corpo appena è tirato via da un capannone sarebbe uno squarcio alla retorica che nebulizza ormai ogni evento, ne fa un altro cartone da imballaggio per intrattenere i consumatori della notizia. Se non si vuole far vedere un piede, un occhio, se non si vuol far vedere una mano rotta, la macchina che aveva quel tizio, la borsetta dell’operaia, il quadro alla parete, i profumi dentro il bagno, se non si vuol far vedere la vita allora è meglio oscurare il video, togliere l’audio, mandare in onda solo una scritta con le notizie, solo la parola nuda, se davvero si vuole essere la prossima volta un poco più pronti. 
Invece il terremoto è uno spettacolo, perfetto per la pista facile delle polemiche, per dare la parola agli esperti, per mischiare scienza e paure spicciole e poi dire degli aiuti e dei provvedimenti del governo.
Le parole, le scene sono sempre quelle. Si dice di un paese distrutto, non si da alcuna notizie dei gatti morti, per esempio. Nelle case che cadono spesso abitano anche i gatti. Andiamo a raccogliere un libro tra le macerie, andiamo a salutare qualcuno con un sorriso molto sincero, molto affettuoso. Pensiamoci veramente al vedovo, alla vedova, alla madre che ha perso il figlio, al figlio che ha perso la madre. Consideriamoci quel che siamo, animali che possono farsi gentilezze. Dobbiamo essere contadini del sacro, piuttosto che spacciatori di disincanto. E dobbiamo mettere i pali di una democrazia profonda, chiudere nei cassonetti la scartoffie dei banchieri, gli intrallazzi dei calciatori, le compassate viltà  dei cardinali. C’è da pensare intensamente a quei capannoni crollati, pensare che il capitalismo ha sempre più un cuore macabro e mangiare alle sue mense può sfamare ma non rende felici. Una democrazia degli scontenti non serve a niente, non serve a niente crescere, uscire dalla crisi, se non ci prendiamo veramente cura di chi soffre, se non sentiamo il dovere di onorare veramente i morti.
Sarebbe stato bello se il Presidente della Repubblica avesse ordinato di fermare la sfilata del due giugno o di annullare l’acquisto di bombardieri. Il Presidente auspica, i partiti studiano come conservare i privilegi senza darlo troppo a vedere. Non accade altro nei palazzi della politica. Il bello e il brutto sono giù nel mondo.

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