Lo scontro tra le Procure Ora indaga l’Antimafia

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BRINDISI — «La magistratura è unita e i magistrati lavorano di comune accordo allo stesso tavolo», ha detto ieri il ministro della Giustizia, Paola Severino, in Prefettura a Brindisi davanti a cento telecamere. Questo doveva dire e questo ha detto. La facciata è salva. Il dissidio, lo scontro tra le due Procure di Brindisi e di Lecce, si era creato, però, fortissimo, domenica mattina, quando il procuratore capo di Brindisi, Marco Dinapoli, aveva detto in conferenza stampa che l’ufficio titolare dell’indagine sulla bomba alla scuola Morvillo Falcone era il suo e che l’ipotesi di reato era l’articolo 422 del codice penale, cioè la strage semplice.
Da ieri, però, è stata prevista anche l’aggravante della condotta del terrorismo (art.270 sexties) che radica automaticamente il fascicolo a Lecce, sede della Dda che assorbe tutti i reati che hanno a che fare con mafia e terrorismo. Un solo fascicolo, dunque, con un unico titolare: Cataldo Motta, procuratore antimafia di Lecce, l’uomo che in 15 anni ha sgominato la Sacra Corona Unita.
Magistrato autorevolissimo e assai riservato, che perciò dev’essersi infuriato parecchio per quella conferenza stampa del collega di Brindisi: soprattutto l’ammissione da parte di Dinapoli dell’esistenza del video che ritrae l’attentatore lo ha mandato su tutte le furie. «Un video? Non ne so niente», questa domenica era stata invece la sua risposta ai giornalisti. Tanto per dare un’idea della chiara diversità  di vedute con il collega sui metodi da adottare coram populo. Niente pubblicità , riserbo totale. 
Ieri lo stesso procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, presente al supervertice in Prefettura, non ha nascosto le sue perplessità  sulla condotta del procuratore di Brindisi: «Quel video per noi rappresentava un vantaggio e ora invece sicuramente un po’ meno…». Così, anche il ministro Severino, assai dispiaciuta per la pubblica, palese, distonia tra le due Procure, ieri a porte chiuse non ha rinunciato a strigliare i litiganti.
E adesso dunque la decisione è presa: con la Procura di Lecce, sede della Dda, lavorerà  sull’attentato anche quella di Brindisi, un solo fascicolo «per ottimizzare il lavoro e le competenze». Ma il magistrato «applicato» — come si dice in gergo — sarà  il giovane sostituto brindisino, Milto De Nozza, che era di turno sabato mattina quando alle 7 e 38 minuti c’è stata l’esplosione che s’è portata via Melissa Bassi. De Nozza ha anche lui esperienza antimafia e parla pochissimo e malvolentieri coi giornalisti, per questo pare incontri la simpatia di Cataldo Motta.
L’arrivo a Brindisi di mezzo governo e dei vertici delle forze dell’ordine (c’erano pure il capo della polizia Antonio Manganelli e il generale comandante dei carabinieri Leonardo Gallitelli) ha prodotto così l’effetto di sedare quella che due giorni fa aveva assunto la forma minacciosa di una lite tra procure. Con qualche maldipancia, l’accordo alla fine è stato trovato. Ma ora resta il compito comune più gravoso: assicurare giustizia a Melissa e ai suoi sogni rubati.


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