«Mezzaroma voleva perdere, ci rifiutammo»

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ROMA — L’indagine è tutt’altro che chiusa, e prosegue su diversi filoni. Due dei quali potrebbero riservare sorprese: la responsabilità  dei vertici delle società  nelle combinazioni dei risultati e l’interesse di esponenti della criminalità  organizzata per le partite truccate. «Il dato investigativo, che emerge dall’analisi delle numerose dichiarazioni — hanno scritto i poliziotti del Servizio centrale operativo nell’ultima informativa al pubblico ministero — rivela che in più occasioni l’alterazione delle gare calcistiche non era solo frutto dell’infedeltà  di tesserati corrotti, ma sarebbe stato indirizzato da vere e proprie «direttive» espresse da organi dirigenziali e tecnici della compagine calcistica, che in più occasioni avrebbero direttamente concordato «a tavolino il risultato finale dell’imminente incontro».
«Mezzaroma voleva perdere»
Gli investigatori si riferiscono alla squadra del Siena nel campionato 2010-2011, quello della promozione in seria A sotto la guida dell’allenatore Antonio Conte. Di lui, come si sa, ha parlato Filippo Carobbio, centrocampista che in quella stagione ha militato nella società  toscana. Dicendo che era al corrente degli accordi (e in un’occasione informò i giocatori) raggiunti per le gare col Novara e l’AlbinoLeffe. Ma davanti al pm, Carobbio «faceva emergere gravi elementi di responsabilità  a carico del massimo esponente di vertice del sodalizio toscano, il presidente Massimo Mezzaroma».
Il calciatore, già  arrestato nel dicembre scorso nella seconda tranche dell’inchiesta, dopo aver risposto alle domande del pm ha «spontaneamente» aggiunto: «Qualche giorno prima della partita Siena-Varese, Coppola Ferdinando, portiere titolare del Siena, entrò negli spogliatoi sbiancato in volto rappresentandoci che poco prima, all’esterno, era stato avvicinato da una persona vicina al presidente che gli aveva chiesto se c’era la possibilità  di perdere la partita. Questa persona, della quale forse il Coppola fece anche il nome che in questo momento non ricordo, gli aveva detto che il presidente intendeva scommettere o aveva scommesso sulla nostra sconfitta. Intendo riferirmi al presidente Mezzaroma. La squadra oppose un netto rifiuto suggerendo al Coppola di rappresentare a chi lo aveva contattato di non avere voluto riferire la proposta ai giocatori in quanto lui stesso non era d’accordo. Ribadisco che il Coppola era quasi sconvolto. In seguito ho appreso da Stellini (assistente di Conte, all’epoca al Siena e ora alla Juventus, ndr) che la proposta era stata fatta da Mezzaroma anche allo staff tecnico, e che anche loro si erano rifiutati. Era la prima volta che ci proveniva una richiesta del genere dal presidente».
Per la cronaca, col Varese il Siena vinse 5-0, e lo stesso Carobbio ha rivelato che un’offerta di pareggiare arrivata tramite l’altro calciatore coinvolto nello scandalo, Gervasoni, fu rifiutata perché «non c’erano le condizioni in quanto era l’ultima nostra partita in casa e quindi l’ultima in cui Conte faceva l’allenatore». Sul racconto che coinvolge Mezzaroma sarà  presto ascoltato il portiere Coppola.
Il camorrista e l’ex terrorista 
Quanto alla criminalità  organizzata, l’intenzione di inquirenti e investigatori è di approfondire il contenuto dei colloqui e dell’incontro che Alessandro Zamperini (accusato di reclutare i giocatori per truccare i risultati ) ebbe con Angelo Senese, «elemento di spicco del clan camorrista dei “Moccia”», prima di Lazio-Genoa e di Lecce-Lazio, due partite ritenute «combinate». Il sospetto è che anche l’uomo del clan fosse interessato ai risultati truccati per poter scommettere.
Ma a proposito di rapporti con pregiudicati, dall’informativa del Servizio centrale operativo emerge anche un altro «dato relazionale curioso», come scrivono gli stessi investigatori. Che riguarda Giuseppe Sculli, l’attaccante del Genoa già  sorpreso mentre parla e incontra Safet Altic, un bosniaco attualmente in carcere per droga, già  «fiancheggiatore della cosca siciliana dei “Fiandaca” operante a Genova». 
Il 19 marzo scorso Sculli — pedinato e intercettato dalla polizia — seguì la sua squadra nella trasferta per la partita con la Roma, partita nella quale non avrebbe giocato. Alle 17.43, fuori dall’albergo dove alloggiava, incontrò un massaggiatore della Lazio e un’altra persona arrivata a bordo di una Smart, intestata a una società  il cui amministratore risulta «pluripregiudicato per reati contro il patrimonio e violazione della legge sugli stupefacenti». Dai controlli effettuati sulla Smart è emerso che due mesi prima, il 27 gennaio, l’auto era stata controllata da una pattuglia a Roma. A bordo c’era «il noto estremista di destra legato ai Nuclei armati rivoluzionari, e vicino agli ambienti della malavita organizzata, Massimo Carminati, soprannominato “er cecato”», che gli investigatori ricordano «essere stato affiliato alla Banda della Magliana e accusato di aver garantito il legame tra l’organizzazione criminale romana e il mondo dell’eversione di destra». L’ex terrorista nero era in compagnia di un lottatore, «campione di classe B di Kick boxing»; secondo la polizia è lui, «verosimilmente», la persona che s’incontrò con Sculli poco prima di Roma-Genoa.


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