«Giovanni e Paolo salvarono anche noi» I giovani del 2012 invadono Palermo

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PALERMO — Come andando ad un concerto della star amata o al derby della squadra del cuore, i ragazzi quasi non s’accorgono che piove, gioiosi e inzuppati, mentre sbarcano dalle «navi della legalità », diretti verso il bunker del primo maxi processo, verso piazza Magione dove nacquero Falcone e Borsellino, verso il giardino della memoria a Ciaculli, un tempo terra di mafiosi, verso l’Albero Falcone, oggi simbolo di un riscatto che ha per colonna sonora le voci di Claudio Baglioni e Antonello Venditti insieme per intonare «Strada facendo» e sbattere l’Inno d’Italia in faccia a mafia, malaffare e corruzione.
Tornano le lenzuola ai balconi di Palermo fra gli applausi di migliaia di ragazzi con Giovanni e Paolo stampati sulle magliette, sui cappellini, sugli striscioni. Quasi in tremila arrivati con due navi da Napoli e Civitavecchia, viaggio conquistato con seminari, approfondimenti e anche qualche sorteggio per questo appuntamento voluto ogni anno da Maria Falcone.
Cantano rap, recitano poesie, colorano cartelli, sembra senza retorica. Parli con loro e scopri quanto concreta sia questa esperienza, approdo di un percorso di conoscenza, di storia studiata per mesi, di spettacoli, laboratori teatrali, film visti, libri letti, discussioni su cosa è giusto e no, sull’Italia che vivono e su quella che vogliono.
E ne è compiaciuto alla partenza da Civitavecchia il ministro Francesco Profumo quando si ritrova sulla nave con i compagni di Melissa, dieci ragazzi di Brindisi con lo striscione ieri srotolato al bunker, «Melissa è con noi». Parole semplici come quelle di una lettera dedicata alla vittima innocente: «La speranza non muore mai, soprattutto se accompagnata da un coraggio forte».
Ci sono Chiara, Vanessa, Rossella, Francesca, Valentina, Federica, Annalisa, Giuseppina, l’unico maschio, Cosimo, e Aurora che parla per tutti: «Avvolta nel terrore, anch’io ho sentito l’esplosione che s’è portata via una ragazza che voleva solo studiare. Ma dobbiamo continuare a sperare, anche seguendo l’esempio di chi non ha ceduto nemmeno di fronte alla consapevolezza di dovere morire…».
Sa poco di tutto questo Tommaso, 6 anni appena, prima elementare a Montecatini Terme e già  vincitore di un premio al bunker dell’Ucciardone dove si ritrova a fare amicizia e foto con un americano quattro volte più alto di lui, Louis Freeh, l’ex direttore del Fbi che con Falcone lavorò alla «Pizza connection». Incuriosito dal primato, eccolo ascoltare la maestra Elisa Corradini spiegare il lavoro vincente. Semplice e lineare, un racconto sulla parola legalità , rappresentata «come un fiore che sta nel cuore, che va curato e innaffiato anche quando è difficile rispettare le regole perché seguendole si sta meglio».
Pillole di precoce educazione civile che diventano coscienza consapevole a Sorrento da dove arriva Marta, 17 anni, liceo classico al «Virgilio Marone», il padre imprenditore con stabilimento balneare sulla spiaggia della città , già  decisa a collaborare con lui: «Vivere senza mafia significa lavorare con più turisti. Ma più mafia o camorra c’è, meno turisti abbiamo».
Ecco il risultato di un corso come quello del «Danilo Dolci» di Partinico, la città  di TeleJato, il direttore minacciato dalla mafia e sotto scorta, vicenda evocata da Maria Vincenza, 17 anni, determinata con le sue compagne della «terza E»: «Le vite di Falcone e Borsellino sono diventate la nostra storia». E ringraziano i professori, come fa Miriam, 16 anni, pendolare: «Quando torno a casa, a Montelepre, invece non se ne parla. A volte mi sembra di essere circondata da gente ignorante».
Annuisce una studentessa di Gasperia, a due passi da Rieti, Noemi, 13 anni, il viso di una bimba, papà  elettricista, mamma parrucchiera: «Ma lo sapete che io fino a un mese fa nemmeno sapevo chi fossero Falcone e Borsellino? Tutti zitti, a scuola e in famiglia. Ora so: due grandi che lottavano, credo, anche per me…».
Ascolta appagata Alina Mondo, fiera dei suoi ragazzi del «Castronovo» di Messina, «il nostro Bronx». Come Antonia Barbera, docente a Pantelleria dove ieri hanno arrestato il sindaco: «I giovani sono meglio degli adulti».
Speranze a amarezze incrociate mentre si corre allo stadio per la «Partita del cuore» dove Baglioni intona il «Noi no» ormai trasformato in un inno antimafia e la Nazionale cantanti entra in campo contro i magistrati difesi da Totti, sotto lo sguardo felice di Luca Barbarossa: «Vent’anni diventano così una festa perché Falcone e Borsellino hanno sacrificato le loro vite, ma in qualche modo hanno salvato il futuro di questi ragazzi». Anche quello di Paolo Borsellino che dà  il calcio di inizio, accanto al papà , Manfredi, ricordando il nonno.


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