Le ferite all’arte, colpita una chiesa su tre E a Padova lesioni alla Basilica del Santo

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Addio per sempre ad altri pezzi di quel ricco, meraviglioso, irripetibile mosaico d’arte che è l’Italia. Addio a una chiesa bella, antica, magari non famosissima in tutta la Penisola ma con un suo importante posto nella storia religiosa e artistica italiana, soprattutto protagonista della vicenda secolare di una intera comunità : è crollata (anzi: è tecnicamente implosa) San Francesco a Mirandola, una delle più antiche chiese francescane d’Italia, nota come il Pantheon della famiglia Pico. Nel dicembre 2010 la città  si era mobilitata per una raccolta di fondi destinati al restauro della chiesa, minacciata da continue infiltrazioni d’acqua. Ora non c’è più quasi niente. Addio anche al Duomo di Mirandola, costruito tra il 1440 e il 1470, opera di Galeotto e Anton Maria Pico, fratelli di Giovanni Pico: letteralmente sbriciolato.
Fortemente danneggiata la chiesa di Santa Caterina di Rovereto, frazione di Novi di Modena, dov’è morto il parroco Ivan Martini. Lesionata anche la chiesa di Brescello, chiusa per danni alle navate, famosa come la chiesa dei film di Peppone e don Camillo. «Ribaltata» in avanti la facciata di San Giacomo in Roncole. Nella basilica palatina di Santa Barbara del Palazzo Ducale di Mantova è crollato il cupolino. Collassi strutturali per la preziosissima Collegiata di Santa Maria Maggiore a Pieve di Cento, costruzione del 1700 con un abside del XIV secolo. Collassata la torre della chiesa del comune di San Possidonio, non lontano da Mirandola. 
Una situazione «disastrosa, drammatica», secondo Antonia Pasqua Recchia, segretario generale del ministero per i Beni culturali e coordinatore dell’unità  di crisi del ministero. Basta un suo dato per valutare la situazione, così come l’ha raccontato ieri sera a Sky Tg24: «Delle trecento chiese del mantovano, cento presentano crolli o danni».
Ma c’è un simbolo internazionale della fede cattolica che corre seri rischi, da ieri mattina alle 9. Si tratta della Basilica del Santo a Padova. Si sono accentuate alcune lesioni già  registrate in passato nelle prime due cupole verso la facciata. Come ha spiegato il presidente della Veneranda Arca del Santo, Gianni Berno, il distacco di intonaci interessa una superficie di tre metri quadrati «decorati dal Casanova e che riguardano una vela del deambulatorio absidale lato sinistro, in corrispondenza della Cappella Austro-Ungarica». I frammenti sono stati raccolti e messi in sicurezza. 
Il 13 giugno c’è la Festività  di Sant’Antonio e si attendono migliaia di pellegrini. Sono state transennate alcune zone in attesa, ha detto Berno, che «si verifichino eventuali situazioni di rischio». C’è stata per ore molta apprensione anche per la Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto. Il pericolo è rientrato dopo una precisazione del sindaco Flavio Zandonato: nessun danno.
Da ieri sono state sospese, dopo un accordo tra ministeri dell’Interno e dei Beni culturali, tutte le verifiche sui monumenti già  danneggiati dal primo terremoto, quello di domenica 20 maggio. Troppo pericoloso operare lì, anche per i Vigili del fuoco. Lo spiega il prefetto Fabio Carapezza Guttuso, responsabile dell’Unità  di coordinamento nazionale dei Beni culturali: «Sono peggiorate tutte le condizioni di lavoro. Tetti sfondati. Nuovi e ingentissimi crolli per chiese, campanili, porzioni di centri storici». Così, spiega Carapezza Guttuso, si intende evitare il cosiddetto «effetto Assisi»: nel settembre 1997 morirono quattro persone (tra cui proprio due tecnici dei Beni culturali) durante un sopralluogo. Una scossa successiva alla prima provocò il crollo di quattro vele della volta, due delle quali affrescate da Cimabue: i quattro che lavoravano lì sotto morirono sotto le macerie. Come dimostra la spaventosa scossa di ieri è impossibile parlare di un’emergenza conclusa. 
Carapezza dirige un’unità  che coordina il lavoro di molti istituti coinvolti nei restauri: l’Istituto centrale di Roma, l’Opificio delle Pietre dure di Firenze, gli esperti della patologia del libro, il catalogo centrale. Il centro operativo sarà  a Bologna, Sassuolo ospiterà  il magazzino-laboratorio dove verranno ricoverate le opere d’arte rimosse da chiese, palazzi storici, torri, castelli. Un vero centro d’emergenza per l’arte italiana.
A proposito di chiese, il professor Paolo Rocchi, titolare della cattedra di Consolidamento degli edifici storici, tra i firmatari delle Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale del luglio 2006, lancia un grido di allarme che vale per tutta Italia: «Appena dovesse nascere un dubbio fondato sulla staticità  di una chiesa da parte di persone di provata esperienza, è bene chiudere immediatamente il luogo al culto e senza esitazioni. Secondo l’Ordinanza della presidenza del Consiglio 32/74 del 2003, cioè la nuova classificazione sismica, le chiese rientrano sia nel capitolato dei beni culturali che nei luoghi suscettibili di affollamento. Due ragioni per intervenire subito ed evitare pericoli». Le chiese, nella valutazione del rischio sismico, rappresentano un caso a parte perché (come si legge nelle Linee Guida del 2006) hanno una grandissima «diversificazione tipologica». Ciascuna costituisce architettonicamente e staticamente un caso a sé ed è impossibile costringerle nelle statistiche. 
E ciascun edificio religioso può riservare sorprese non sempre piacevoli. Anzi. Racconta il professor Rocchi: «Nel caso della basilica di Assisi, di cui sono stato progettista del salvataggio, il crollo è avvenuto per il materiale di risulta non rimosso dopo i lavori di costruzione e lasciato dagli operai, secoli fa, tra le volte e il tetto. Duemila tonnellate di detriti, l’equivalente di duemila automobili di media cilindrata. Questa fortissima pressione dall’alto fu la vera causa del crollo di Assisi. Ecco perché ogni chiesa è protagonista di una propria vicenda»
In quanto alla Basilica del Santo a Padova, professore? «Premetto di non aver visitato il posto, mi baso solo sulle notizie giornalistiche. Se le lesioni nell’area delle due cupole rappresentano un incremento realmente notevole rispetto a quelle passate, urge procedere a un cerchiaggio di contenimento della spinta apponendo all’estradosso, cioè all’esterno, delle fasce in poliestere reversibili, comunemente adottate dai Vigili del fuoco in queste circostanze. Le fasce vanno applicate nella zona in cui la cupola poggia sul tamburo. Così la cupola smette di “allargarsi”, la cerchiatura ne blocca i movimenti». 
Il 13 giugno è vicinissimo, urge un controllo strutturale immediato. E anche molto accurato.


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