«Brescia, la verità  fu ostacolata»

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BRESCIA — Brescia chiama Brindisi e Brindisi risponde. «Noi non abbiamo paura» si legge sulla maglietta di Martina Carpani, ragazza pugliese che si emoziona parlando a una piazza di settemila persone. Qui, in piazza della Loggia, dove il 28 maggio del 1974 per una bomba collocata nel cuore di una manifestazione sindacale morirono 8 persone e un centinaio rimasero ferite. Martina invita la piazza, facce da operai, da pensionati (molti dei quali erano presenti 38 anni fa), ma anche da studenti e alunni delle scuole dell’obbligo, a non abbandonare i ragazzi brindisini nella lotta per la democrazia e la legalità . La piazza applaude e si riconosce in quella richiesta di giustizia che a Brescia manca da 38 anni. L’ultimo duro colpo, un’assoluzione in appello che brucia forse definitivamente il sogno di dare un volto e un nome agli attentatori, è arrivato a metà  aprile e ora si aspettano le motivazioni della sentenza con la speranza che sia certificata almeno la verità  storica: che ad agire siano stati esponenti della destra neofascista con la complicità  dei servizi deviati.
Nel trentottesimo anniversario della strage di Brescia un contributo importante in tal senso arriva sia dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che dal ministro Annamaria Cancellieri, presente in quella piazza che conosce bene avendo lavorato a Brescia come prefetto. «Matrice neofascista» ha ricordato il capo dello Stato in un messaggio al sindaco della città , Adriano Paroli. Un messaggio nel quale il presidente della Repubblica capisce l’amarezza dei famigliari per la giustizia negata e ammette che a intralciare la verità  furono anche «una parte degli apparati dello Stato». Parole di autocritica istituzionale molto chiare, che il ministro dell’Interno fa proprie rispondendo schietta alle domande degli studenti in un auditorium cittadino. «Vi furono collusioni, ma oggi il Viminale è una casa di vetro» spiega senza imbarazzi in una giornata di mobilitazione, ma anche di tensioni con i gruppi e gli studenti antagonisti, che l’hanno accolta con uno slogan che lasciava poco spazio all’immaginazione: «Cancellieri go home».
Proprio per questo il corteo studentesco-antagonista (trecento persone secondo la questura), per evitare contestazioni, avrebbe dovuto raggiungere piazza della Loggia a cerimonia ufficiale ormai conclusa, ma poco dopo le 10, mentre la campana suonava otto volte per ricordare le vittime, a qualche centinaio di metri dalla piazza la polizia disperdeva un primo tentativo di variare il percorso concordato con la Questura. Copione che si è ripetuto una manciata di minuti dopo, quando gli antagonisti si sono presentati all’ingresso della piazza. Spintoni, manganellate, il segretario generale della Cgil di Brescia calpestato dalla folla (nulla di grave, per fortuna), il servizio d’ordine del sindacato a tentare una mediazione difficile e un’irruzione in piazza che ha provocato, oltre a 11 denunce, l’uscita anticipata, per ragioni di sicurezza, del ministro verso l’appuntamento istituzionale con gli studenti.
«Nessuna limitazione della libertà  altrui di manifestare — spiega poi Annamaria Cancellieri parlando dei tafferugli — ma solo la necessità  di garantire la libertà  di chi era in piazza di ricordare senza tensioni».


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