L’Europa affila le armi anti-crisi dai project bond alla golden rule

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È una parte dell’Europa la grande malata. Perché la recessione non colpisce tutti e non tutti allo stesso livello. Spagna, Italia e Francia stanno molto peggio della Germania che continua a crescere come altre economie europee (la Polonia, per esempio). Eppure dalla crisi l’Europa potrà  uscire solo unita. Le “piste” di lavoro sono state indicate ieri nelle conclusioni del G8 e sulle quali ha insistito pure il presidente Barack Obama: project bond, ricapitalizzazione della Banca europea per gli investimenti, grandi interventi infrastrutturali per le reti continentali. Gli eurobond sono fuori perché le resistenze tedesche qui sono insuperabili. Berlino teme che i paesi mediterranei possano abbandonare le politiche di rientro dal debito. Ma un segnale a favore dell’Europa è giunto indirettamente ieri dall’aumento salariale accordato ai metalmeccanici tedeschi: un + 4,3 per cento, ben oltre il doppio del tasso di inflazione. Vuol dire che la Germania intende rilanciare i consumi e la domanda. Ne beneficeranno anche i tanti esportatori italiani. È in questo quadro, dunque, che mercoledì prossimo, 23 maggio, ci sarà  il vertice europeo informale sulla crescita. Potrebbe essere deciso un primo passo concreto per lanciare i project bond. Una spinta è già  arrivata da Camp David e dal ricchissimo lander del Baden-Wuerttemberg dove è stato firmato il nuovo contratto delle tute blu teutoniche.

Bce / Ora riparte il pressing per ridurre i tassi    


Servirà  anche la politica monetaria per uscire dalla recessione e provare a mettere i paesi europei che più soffrono (Spagna, Portogallo, Italia oltreché la Grecia) sul sentiero della ripresa. Le leve stanno in mano alla Bce (la Banca centrale europea), guidata dall’italiano Mario Draghi. Da più parti si spinge per un ulteriore discesa dei tassi di interesse, già  oggi all’1 per cento. La tesi è che non ci sia alcun pericolo di ripresa dell’inflazione, tanto che si prevede una discesa sotto il 2 per cento (target “difeso” dalla Bce) alla fine di quest’anno. Un allentamento della politica monetaria, accanto a eventuali nuove emissioni di liquidità  sul mercato che finora (in particolare in Italia) sono servite, però, prevalentemente a fare prestiti alle banche (che hanno poi comprato titoli di Stato o quote del proprio debito) e non a facilitare la ripresa degli investimenti nell’economia reale.

Obiettivo deficit / Fiscal compact intatto ma con possibili rinvii    


Più tempo per riportare il rapporto deficit-Pil sotto il fatidico 3 per cento. Sottotraccia, senza troppo clamore, la stessa Commissione europea si sta muovendo in questa direzione. A fine mese arriveranno le nuove raccomandazioni da Bruxelles. Ma la Spagna (che ha chiuso il 2011 all’8,5 per cento) ha già  chiesto un anno in più per raggiungere l’obiettivo: non più il 2013 bensì il 2014. La breccia, insomma, è stata aperta. D’altra parte all’Italia stessa non è stata richiesta una manovra correttiva nonostante lo scarto tra la previsione di deficit della Commissione ( – 1,1 per cento) e quella del nostro governo (0,5 per cento). Dunque ci si muove verso un informale rinvio degli obiettivi senza intaccare il fiscal compact (vale per 25 paesi europei), che fissa l’obbligo del pareggio di bilancio (un vincolo che finirà  anche nella nostra Costituzione) e un percorso di riduzione del debito piuttosto ferreo.

Golden rule / Non calcolare nel deficit le spese produttive    


Quello della “golden rule” (la regola d’oro) è un vecchio pallino del nostro presidente del Consiglio, Mario Monti. L’ha riproposta in tutti i suoi ultimi incontri con gli altri capi di governo. L’idea è quella di togliere dal calcolo del deficit, e quindi dai vincoli di bilancio, le spese realizzate per gli investimenti produttivi. Non è una attenuazione del rigore ma una via per non trasformare i target finanziari in una vera camicia di forza che impedisce di utilizzare le risorse pubbliche ai fini della crescita del Pil. Non è una partita facile (ci sono problemi anche di classificazione di questi eventuali interventi da parte di Eurostat) perché la Germania teme che possa essere un primo passo per allentare il controllo in alcuni paesi. Monti aveva ipotizzato (ma qui davvero in termini teorici) di scorporare pure il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese. 

Bei / Banca investimenti presto ricapitalizzata    


La realizzazione dei project bond europei passa dalla ricapitalizzazione della Banca europea degli investimenti. Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ne ha parlato a più riprese nelle ultime settimane. La proposta della Commissione è ormai sul tavolo e, in questo caso, è Bruxelles che spinge sui governi perché si mettano d’accordo. Servirebbero 10 miliardi di euro per consentire prestiti pari a 60 miliardi di euro in un triennio e generare, per questa via, circa 180-200 miliardi di investimenti in Europa. Attualmente il capitale della Bei è di 232 miliardi e gli impieghi (cioè i finanziamenti concessi) sono arrivati nel 2011 a circa 480 miliardi. La ricapitalizzazione è dunque necessaria. E spetta ai singoli governi. All’Italia (che fa parte, insieme a Francia e Germania, del terzetto che controlla il 16% della Banca) costerebbe 1,7 miliardi.

Project bond / In estate i primi titoli per le grandi opere    


Per i project bond europei si avvicina la rampa di lancio. La Germania di Angela Merkel non dice più un no secco e questo è il vero passo in avanti. Entro l’estate potrebbero esserci le prime emissioni di obbligazioni per finanziare grandi opere infrastrutturali: dalle reti dei trasporti, a quelle energetiche fino alla banda larga per internet. Con un duplice vantaggio: rimettere in moto un pezzo dell’economia e realizzare opere importanti per le prospettive di crescita dell’area continentale. La Commissione europea ne parla da almeno due anni. All’epoca giravano cifre ragguardevoli, nell’ordine di 1.500-2.000 miliardi di euro di investimenti entro il 2020. Le stime più aggiornate sono scese intorno ai 200 miliardi. Sarà  la Bei (la Banca europea per gli investimenti) a emettere le obbligazioni (garantite dal valore dell’opera) e finanziare così una parte dell’investimento privato. 


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