L’appuntamento mancato di Montezemolo

by Editore | 28 Maggio 2012 4:53

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Tra essi, Luca Cordero di Montezemolo. Una novità  relativa, perché la sua “discesa in campo”, in effetti, era attesa e annunciata da tempo. Da 5-6 anni almeno. Montezemolo, da parte sua, non aveva mai negato. Anzi. D’altronde, erano in tanti ad attenderlo. Da (centro) destra a (centro) sinistra. Oltre che, ovviamente, al centro (senza parentesi). La questione, mai chiarita, era se sarebbe sceso in campo da solo, come leader, al servizio di un governo o di una coalizione. Oppure alla guida di una formazione. Ha sempre rinviato. Per prudenza o per tattica. O per entrambi i motivi. Ha valutato che i tempi non fossero maturi. Che il rischio fosse troppo elevato. Nel frattempo, ha promosso un’associazione, Italia Futura, attraverso cui ha espresso – e marcato – la propria presenza sulla scena politica nazionale. Ora, però, la (lunga) attesa sembra finita. Berlusconi si è spostato ai margini del gioco. Per scelta e, prima ancora, per costrizione. A centro-destra, così, si è creato un vuoto simile a quello del 1992. Perché nessuno, nel Pdl, è in grado di rimpiazzare Berlusconi. Mentre a centro-sinistra il territorio è, comunque, controllato dal Pd. E più in là  non c’è spazio, per la sua offerta. Visto che, francamente, non ce lo vedo Montezemolo a contendere i voti a Vendola e Diliberto. Il centro, infine, resta uno spazio elettorale angusto. Peraltro, presidiato da leader politici – Casini e Fini su tutti – ben decisi a non cedere il comando a qualcun altro. Per quanto popolare, come Montezemolo. Il quale guarda, anzitutto, agli orfani del Pdl. Dispersi e sperduti, dopo il declino di Berlusconi. Ma anche ai “disorientati” di centro e agli insoddisfatti del Pd. Conta, dunque, sull’inadeguatezza di un sistema partitico imperniato su “imprenditori politici” incapaci di soddisfare la domanda del mercato elettorale. Come hanno dimostrato le recenti elezioni amministrative, segnate da alti tassi di astensione. Come, peraltro, segnalano, da tempo, i sondaggi, che rivelano l’esistenza di una quota di indecisi molto ampia. Pari a quasi metà  degli elettori. Perlopiù, ma non solo, di centrodestra. 
Tuttavia, ho l’impressione che l’annuncio di Montezemolo – peraltro non ancora ufficiale – arrivi comunque tardi. Non perché i concorrenti, nei settori del mercato elettorale a cui intende rivolgersi, siano più credibili di lui. Non è così, a mio avviso. Il problema è un altro. È finito il tempo dei “politici imprenditori”. E degli “imprenditori politici” come alternativa ai “politici di professione”. I quali sono, sicuramente, fuori gioco, in questa fase. Delegittimati dalla pessima immagine che hanno dato – e continuano a dare – di sé. Mai tanto impopolari fra gli elettori. Tuttavia, mi pare conclusa anche l’era degli imprenditori a capo dell’Azienda-Italia. Mito e modello di un Paese che aveva conquistato il benessere, ma anche un ruolo importante sui mercati internazionali. Berlusconi, prima e meglio di tutti, ha interpretato quella fase. Per quasi vent’anni. Il Signore dei media e dei sondaggi: si è rivolto agli italiani – molti, moltissimi – che sognavano di diventare come lui. Titolari di imprese, piccole e piccolissime. Oppure di partita Iva. Lavoratori autonomi e lavoratori tout-court. Ha attratto il consenso della gente “comune”, che si identificava in lui. Nelle virtù ma anche – forse soprattutto – nei suoi vizi. Guardati, comunque, con indulgenza. (Perché siamo tutti peccatori… ).
Quei tempi sono finiti. Non è solo una questione di stile. Ma di rappresentanza. Ho l’impressione, infatti, che l’imprenditore non costituisca più un modello sociale – praticabile e realista. Ma neppure un riferimento, com’era nel passato recente, in tempi di economia affluente. Perché il tempo della crescita e delle attese di crescita infinita è finito. La crisi ha azzerato ogni attesa. E chi le aveva alimentate e incarnate contro ogni evidenza. Fino all’ultimo. Il declino di Berlusconi si spiega anzitutto così. Prima e più ancora che per motivi politici (e) personali. Perché è finita l’era delle promesse e dei partiti personali, guidata dagli Imprenditori Politici. Questo è il tempo degli imprenditori im-politici. È l’epoca degli “esperti”. Dei governi tecnici e “senza passione”. Come Monti. Algido interprete dell’emergenza dettata dai Mercati. Ma è anche l’epoca dei “Tribuni”. Non in senso spregiativo, ma letterale (e storico): coloro che esercitano la rappresentanza delle domande – e delle insoddisfazioni – popolari. Che mobilitano le passioni “contro” i poteri politici ed economici. Come ha fatto Beppe Grillo. Il quale ha aggiunto, di proprio, una grande competenza nella comunicazione – nuova, ma anche tradizionale. Fra i primi ad andare nella Rete. Fra i più efficaci nel mobilitare le piazze e nel riempire i teatri. Grillo, infatti, non ha replicato la “forma partito” tradizionale. Ma neppure quella, recente, del “partito personale”. Ha, invece, “personalizzato” e messo in comunicazione gruppi, esperienze e leader locali, attivi sulla rete e sul territorio. (Certo, per lui le difficoltà  cominciano ora. Ma, intanto, ha imposto un marchio e un modello.) 
Certo, Montezemolo è un imprenditore atipico. Alla guida di un’azienda storica e innovativa, al tempo stesso, come la Ferrari. Di grande appeal. Per non parlare della sua ultima impresa: Italo. Il treno ad alta velocità  che sfida il Monopolio dello Stato. Egli, tuttavia, mi pare legato all’epoca precedente, quando ha fatto il presidente di Confindustria. Al tempo di Berlusconi. Di cui è apparso – di fronte agli imprenditori, ma anche agli elettori – un’alternativa possibile e verosimile. Per stile e retroterra economico. Montezemolo. Poco Pop. Legato alla tradizione della grande impresa industriale torinese. L’Anti-Berlusconi. Venne spiazzato dallo showdown di Vicenza, al convegno del 18 marzo 2006, vigilia del voto. Quando Berlusconi tornò ad essere il Caimano. E si riprese la piazza. Contro Prodi. Ma anche contro chi, come Montezemolo, pensava di isolarlo dal “suo” popolo. Gli imprenditori. 
Ecco: penso che Montezemolo fosse adatto a interpretare, al meglio, l’alter-berlusconismo al tempo del berlusconismo. Ma al tempo del post-berlusconismo: mi sembra fuori tempo.

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