La vetrina del Lingotto, quelli che ci sono e quelli che non ci sono
Uscito un mese fa, il libro – il più venduto alla festa di Sant Jordi, ottimo termometro degli umori del «comune lettore» – è ora il primo in classifica, come spesso accade quando c’è di mezzo Eduardo Mendoza, tra i pochi capaci di conciliare l’identità di autore superventas con quella di maestro della prosa (a lui si devono alcuni dei migliori romanzi della transizione, come La verità sul caso Savolta).
Mendoza, tuttavia, al Salone non c’è, come non ci sono Rafael Chirbes, Juan Goytisolo, Javier Maràas, Luis Landero, Juan Marsé, scrittori grandi e grandissimi ampiamente tradotti in Italia. Né ci saranno i tanti autori giovani che si sono affacciati da tempo nelle nostre librerie (da Mondadori, per esempio, è appena uscito Agosto, ottobre del più che interessante Andrés Barba, già proposto da Atmosphere e da Instar) o autori che si spera di vedere un giorno tradotti. L’elenco è lungo, ma i visitatori potranno comunque farsi un’idea di una letteratura che attende ancora di essere scoperta a fondo dai lettori e dai critici italiani.
Da non perdere, innanzitutto, gli incontri del 13 e del 14, a cura dell’Istituto Cervantes di Milano, con un manipolo di autori che rappresentano nuovi modi di usare il linguaggio, come il fisico, poeta e romanziere Agustin Fernandez Mallo (Il sogno della Nocilla, Neri Pozza 2007) e il più giovane tra gli autori spagnoli presenti, Jorge Carrià³n, il cui primo romanzo, I morti (Atmosphere 2012), secondo Juan Goytisolo «può essere visto come un videogioco o letto come un complesso gioco letterario».
Ovviamente da raccomandare gli incontri con Enrique Vila-Matas, la cui diseguale produzione è molto amata dai lettori italiani (il suo ultimo, lodatissimo, Aire de Dylan, è in uscita da Feltrinelli), e con uno dei migliori autori europei, Javier Cercas, di cui Guanda presenta La verità di Agamennone, una raccolta di articoli uscita in Spagna nel 2006. Come Cercas, anche Ignacio Martànez de Pisà³n, altra presenza notevole a Torino, ha dedicato gran parte della sua opera agli anni del franchismo, che continuano a essere dissezionati dalla letteratura spagnola, perché non vengano relegati nel limbo di una generica memoria da libro di scuola, o nuovamente inghiottiti dall’arrogante «parliamo d’altro» della destra al governo. L’ultimo libro di Martànez de Pisà³n, El dàa de maà±ana (Seix Barral), racconta appunto gli anni ’60 e ’70 di una Spagna in viaggio verso la transizione, attraverso la storia di un confidente della polizia politica del regime.
Anche Almudena Grandes, oggi ben diversa dall’autrice che scandalizzava con Le età di Lulù, nel suo vendutissimo El lector de Julio Verne (uscirà da Guanda in settembre) parla della guerriglia sulla sierra di Jaén tra il ’47 e il ’49, vista con gli occhi di un ragazzino, e si riallaccia idealmente a Inés e l’allegria (Guanda 2011) che pure riguardava l’antifranchismo armato. Tema ripreso in Dove nessuno ti troverà (Sellerio 2011) dalla onnipresente Alicia Gimenez-Bartlett, che al Salone parlerà dell’arte del romanzo storico. Da segnalare, infine, due autori di tutto rispetto: il basco Bernardo Atxaga (di lui Passigli ha da poco pubblicato l’affascinante L’ottava casa, ambientato nel Congo coloniale) e José Ovejero, autore di racconti e romanzi sulla classe media della Spagna di oggi, descritta con acume nerissimo in Non succede mai niente e Un anno nero per Miki (entrambi da Voland).
Ma non finisce qui, perché il Salone ha dato ampio spazio a quella che si può considerare una peculiarità dell’editoria spagnola, e cioè la fortunatissima covata degli autori di best-seller esportati ovunque (Carlos Zafà³n, un altro assente, insegna), il cui esponente migliore è Arturo Pérez Reverte, che si distingue per la capacità di rinnovare il genere avventuroso e per la buona scrittura. Non altrettanto si può dire di Clara Sanchez (una Sveva Casati Modignani spagnola, il cui enorme successo italiano è ben più importante di quello riscosso in patria) o degli autori di redditizi romanzoni finto-storici che hanno il loro capofila in Ildefonso Falcones e nella sua La cattedrale del mare. Al Salone sono presenti in forze, e va bene così: ognuno – ci mancherebbe altro – è libero di leggere quello che vuole.
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