by Editore | 10 Maggio 2012 8:50
I militanti della variegata e spesso rissosa sinistra egiziana si sono ritrovati in un angolo all’ombra di piazza Tahrir protetto dal sole, ma allo stesso tempo nascosto agli occhi dei più dalle tende dei sostenitori dello squalificato candidato salafita Hazem Abu Ismail.
Ovviamente, qui non si intende suggerire che le forze di sinistra siano nascoste ma piuttosto che il dibattito pubblico nelle file dell’opposizione al regime militare è stato dominato negli ultimi giorni dagli ultra-conservatori, delusi dall’esclusione del proprio candidato dalla corsa alla presidenza della Repubblica. Piuttosto, tra i militanti scesi in piazza non si poteva fare a meno di registrare non solo che il numero dei manifestanti era sensibilmente inferiore alle migliaia di un anno fa, quando Tahrir si era tinta di rosso dopo tanti anni di dominio del regime, ma anche le divisioni in seno ai vari gruppi che occupavano questa parte della piazza. Al di là delle fratture ideologiche, ci si riferisce alla posizione delle sinistre nei confronti delle prossime presidenziali e non a caso alla manifestazione erano presenti sia tre dei quattro candidati riconducibili all’area di sinistra, che i gruppi che invocano il boicottaggio della competizone elettorale per motivi diversi. I quattro candidati sono l’avvocato quarantenne Khaled ‘Ali, difensore dei diritti dei lavoratori e dei martiri della rivoluzione e ben noto attivista della società civile, presentatosi indipendente; il leader sindacale di vecchia data Abu Ezz el-Hariri, sostenuto dalla coalizione «La rivoluzione continua»; il giudice “anti-Mubarak” Hisham al-Bastawisi, sostenuto dallo storico partito del Tagammu’, unico assente il 1 maggio, e l’esponente della sinistra nasseriana Hamdin Sabbahi, figura storica dell’opposizione laica.
Va inoltre segnalato, e non è cosa di poco conto, che non pochi militanti, sia indipendenti sia appartenenti a una della mezza dozzina di organizzazioni marxiste egiziane, hanno deciso di appoggiare il candidato islamista riformista Abu’l Futuh, essenzialmente per evitare l’elezione di uno dei candidati in diversa misura legati al vecchio regime come ‘Amr Musa e Ahmad Shafiq. Per risolvere queste apparenti divisioni, gli attivisti si sono adoperati, nelle ultime settimane, per addivenire a un candidato unico coinvolgendo lo stesso Abu’l Futuh nelle trattative, ma nessun accordo è stato trovato nememno tra i quattro candidati che si definiscono “di sinistra”. Resta allora da chiedersi quale sia il senso di queste elezioni per la sinistra egiziana e perché molti continuino a dubitare della bontà di parteciparvi. I gruppi che boicottano le elezioni, come i «Socialisti egiziani» e la gran parte dei «Socialisti rivoluzionari» obiettano che la rivoluzione finora è stata tradita dai palazzi del potere, occupati dalle forze della contro rivoluzione, ovvero dall’élite militare e dai partiti islamici, e pertanto, il compito della sinistra dev’essere di continuare a lottare per il cambiamento nelle strade, nelle fabbriche, nelle università e altrove, rifiutando la «commedia elettorale» secondo molti orchestrata dallo Scaf e sostenuta dagli islamisti.
Senza discutere l’importanza della “politica della strada”, i sostenitori della partecipazione credono invece che questa sia una chance imperdibile per fare conoscere agli egiziani l’alternativa laica di sinistra. E se la classe dirigente, vecchia e nuova, continuerà a ignorare l’acuirsi della crisi economica e il peggioramento delle condizioni di vita di un numero crescente di cittadini, la sinistra si candiderà ancora una volta a raccogliere la sfida del cambiamento sociale. Resta perciò essenziale la costruzione di una proposta realmente alternativa, capace di offrire una nuova visione della società che possa spezzare il paradigma del connubio tra democrazia politica e liberismo economico, riportando al centro del dibattito e dell’azione politica le istanze di giustizia e dignità sociale in nome delle quali moltissimi egiziani continuano a manifestare ogni giorno.
* Docente di storia e politica del Medio Oriente alla British University in Egypt e Macquarie University di Sydney. Autore del saggio Da Nasser a Sadat. Il dissenso laico in Egitto (Editore Jouvence)
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