La missione impossibile di Tsipras Grecia, voto-bis sempre più vicino
ATENE – La Grecia corre sempre più veloce verso un voto-bis ad alto rischio per il suo futuro nell’euro. Il presidente della Repubblica Karolos Papoulias – dopo la rinuncia del leader di Nea Demokratia (Nd) Antonis Samaras – ha affidato ieri nelle mani di Alexis Tsipras, numero uno della sinistra radicale di Syriza, il mandato esplorativo per la formazione del governo. «Il mio programma è chiaro – ha messo subito le carte in tavola lui – Una coalizione che realizzi quello che i greci hanno chiesto nelle urne: cancellare gli accordi con la Trojka, una tragedia per il paese, e pagare solo i debiti che siamo in grado di onorare».
La missione, numeri alla mano, è impossibile: la sinistra anti-Ue controlla nel nuovo Parlamento solo 97 seggi su 300 e in più è divisa da storiche rivalità . Il Kke – la più forte delle quattro formazioni comuniste elleniche – ha già fatto sapere di non aver alcuna intenzione di appoggiare Tsipras. La strada così è segnata. Dopodomani, salvo clamorose sorprese, il segretario di Syriza rimetterà il mandato. Il testimone, in base alla Costituzione, passerà a Evangelis Venizelos – numero uno dei socialisti sconfitti alle elezioni – per un ultimo tentativo nato già morto. Papoulias a quel punto farà un appello alla buona volontà di tutti per la creazione di un governo di unità nazionale e poi prenderà atto dell’ingovernabilità del paese convocando nuove elezioni a giugno.
I mercati danno questo esito già per scontato: la Borsa di Atene ha perso il 12% in due giorni, scivolando ai minimi degli ultimi vent’anni. E agli sportelli delle banche hanno ripreso ad allungarsi le file dei clienti che ritirano i propri soldi dai conti correnti (i depositi negli ultimi due anni sono calati da 240 a 165 miliardi).
Le incognite del resto sono tantissime. La prima, politica, è chi vincerà alle prossime elezioni. «Noi il nostro messaggio l’abbiamo dato chiaro e tondo con il voto – dice Marina sotto un arcobaleno di trecce di verdura secca da Fotsi, lo storico negozio del mercato vecchio dove lavora – I vecchi politici che ci hanno portato al disastro non li vogliamo più». Suonato il requiem per Pasok e Nd, al potere negli ultimi 38 anni, manca però ancora il volto o il partito nuovo in grado di prendere il loro posto.
Tsipras, dotato di un certo fiuto politico, sta giocando in queste ore il suo jolly per riempire da sinistra questo vuoto. E’ giovane, ha un look – camicia bianca sbottonata, giacche un po’ stazzonate e sorriso contagioso da telenovela – perfetto per un paese in crisi e in cerca di fiducia. Così ha trasformato le inutili consultazioni per il governo in una sorta di esame di maturità con due obiettivi: convincere i greci di avere la statura del premier (può farcela) e tessere la tela per un cartello unito delle sinistre in vista delle prossime elezioni (missione ben più complicata).
La coreografia del suo mandato è curata nei particolari: ha deciso di prendersi tutti e tre i giorni a disposizione. Ha iniziato incontrando i partiti più vicini alle sue posizioni (Fotis Kouvels di Sinistra democratica gli ha garantito l’appoggio) e le mini-formazioni dell’area rimaste fuori dal Parlamento perché non hanno raggiunto la soglia del 3%. Poi vedrà il Kke per cercare di ammorbidire le granitiche posizioni di Aleka Papariga e le parti sociali chiudendo con Nd e Pasok che con il loro “no” caleranno la saracinesca sul suo tentativo. Lui lo sa, ma piuttosto che all’uovo oggi (il governo) pensa alla gallina di domani: una sinistra unita in grado di diventare il primo partito e governare il paese dopo le elezioni a giugno.
Il vero problema è se la Grecia riuscirà ad arrivare viva all’appuntamento. «Se devo morire, voglio scegliere io come farlo e non sentirmelo spiegare da Angela Merkel e dalla Bundesbank» dice con aria di sfida Nikos Karamanlis davanti alla bancarella del pesce al mercato. Rischia di essere accontentato molto presto: la Grecia non è in grado di raccogliere soldi sul mercato e paga stipendi e pensioni solo grazie ai 130 miliardi di aiuti promessi da Ue e Fmi. A giugno il Bancomat di Bruxelles e Washington dovrebbe staccare un altro assegno da 30 miliardi. Cosa farà la Trojka se il paese non avrà un esecutivo o se, peggio ancora, rischierà di essere governata da chi non accetta i paletti dell’austerità ? Senza quei quattrini, Atene è al crac. L’unica speranza, per assurdo, è che la Ue non possa permettersi il fallimento di Atene. Dei 266 miliardi di debito ellenico, il 73% (194 miliardi) è in mano alla Bce, al Fondo Monetario e ai paesi europei che hanno lanciato un salvagente al Partenone. Se la Grecia salta, saranno loro a pagare il pedaggio più salato.
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