by Editore | 8 Maggio 2012 7:41
ROMA — È un paradosso che si acuisce: partiti che sostengono il governo meno smaglianti, o sempre più deboli, esecutivo sempre più forte, o quantomeno sempre più indispensabile sino alla fine della legislatura.
A Palazzo Chigi la consegna del silenzio, del «no comment», trova legittimazione anche in questa apparente contraddizione, che viene ammessa apertamente, con una punta di imbarazzo e allo stesso tempo con la consapevolezza che il voto anticipato si allontana.
Dichiarazioni ufficiali, commenti del presidente, non se ne raccolgono. Monti incontra di mattina il presidente albanese, riceve alcuni parlamentari nel pomeriggio, una piccola delegazione di Grande Sud (Miccichè, Poli Bortone, Centaro), lavora agli impegni che avrà oggi e domani, a Roma e Firenze, due dibattiti in cui si discuterà di Europa e di prospettive di crescita comunitarie.
Apparentemente distaccato il capo del governo fa dire al suo staff che per sua natura un esecutivo tecnico non commenta i risultati di un voto amministrativo: sarebbe un’intrusione in campo altrui, figuriamoci in un momento di grande difficoltà di almeno uno degli «azionisti» principali della maggioranza.
Ovviamente ciò non toglie che alcune considerazioni, scambiate con i suoi più collaboratori, o con altri membri del governo, filtrino lo stesso. Si ricorda ovviamente che alcuni giorni fa Monti ha chiesto ai partiti di fare la loro parte: riforme, elettorali, del finanziamento, istituzionali. Hanno fatto passi in avanti? Non pare.
Ed allora l’unica certezza del governo è quella di essere indispensabile e di «dover andare avanti per conto proprio, cercando di fare al meglio il mestiere al quale siamo stati chiamati». Al momento niente di più o di meno di questo.
Eppure il fatto che Pd e Pdl abbiano confermato il proprio sostegno al governo, senza distinguo, nonostante risultati non esaltanti, è allo stesso tempo notizia attesa e positiva. Tentazioni di strappo, di fughe in avanti, se ci sono, vivono confinate nel recinto di alcune particolari frange parlamentari, tali da non impensierire la navigazione del premier.
Del resto, ad esempio alla delegazione di Grande Sud, il premier è apparso ieri preoccupato più per i risultati delle elezioni greche, che rischiano di riaprire un problema europeo che appariva chiuso, piuttosto che per i risultati italiani del voto amministrativo. Ora che anche in Italia si è presentato con nettezza il volto di un’antipolitica che altrove rischia di produrre ingovernabilità i partiti dovrebbero semmai far tesoro della lezione, per impegnarsi maggiormente in una «ricostruzione», parola del premier, di cui gli italiani attendono con ansia i primi passi.
Per quanto riguarda il lavoro del governo, il primo impegno, ha ricordato ieri il premier, è riuscire a convincere del tutto la Merkel che un articolato piano di sviluppo europeo è ormai improcrastinabile.
Su questo è concentrato Monti, convinto che l’Italia ha ormai un tale «credibilità » all’estero capace quantomeno di scongiurare altra speculazione finanziaria contro il Paese. Per i danni dell’ulteriore recessione che ha colpito l’Italia, come gli altri Stati europei, occorre lavorare di più in sede comunitaria. Coinvolgendo Berlino in un cambio di passo delle politiche per la crescita.
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