by Editore | 10 Maggio 2012 10:39
La procura di Siena indaga sul Monte dei Paschi per quello che è ormai ufficialmente il «caso Antonveneta».Si ipotizzano i reati di aggiottaggio, cioè di chi provoca variazioni artificiali nei prezzi dei valori mobiliari per trarne profitto, e di aver ostacolato le funzioni dell’autorità di vigilanza, cioè di Bankitalia. Il tutto «in relazione alle operazioni di reperimento delle risorse necessarie alla acquisizione di Banca Antonveneta -spiegano i magistrati – e ai finanziamenti in essere a favore della Fondazione Mps». Di qui le perquisizioni della Guardia di finanza nelle sedi legali della Banca e della Fondazione Mps, del Comune, della Provincia «e di numerose istituzioni finanziarie con sede sul territorio nazionale, nonché di abitazioni private, in ordine ad una serie di condotte poste in essere a partire dal 2007, in occasione dell’acquisizione di Banca Antonveneta dagli spagnoli del Banco Santander, protrattesi sino al 2012».
Nell’indagine avviata l’autunno scorso sono indagati ufficialmente alcuni dirigenti della banca senese e di altre società di credito. Ma le perquisizioni che hanno impegnato 147 finanzieri a Siena, Firenze, Roma, Padova, Mantova e Milano hanno riguardato anche l’ex presidente di Mps e attuale presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari; l’attuale presidente della Fondazione, Gabriello Mancini; l’ex dg della banca Antonio Vigni, l’attuale dg della Fondazione, Claudio Pieri e il suo predecessore Marco Parlangeli. Oltre agli uffici milanesi di Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Barclays, Deutsche Bank e alcuni studi legali. I nuovi vertici della banca, gli appena nominati Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, hanno seguito le operazioni dei finanzieri a Rocca Salimbeni, sede centrale di quello che, dopo l’acquisto di Antonveneta, è diventato il terzo gruppo bancario della penisola. Ma a un prezzo altissimo: il bilancio 2011 si è chiuso con 4,7 miliardi di deficit. Cui vanno aggiunte, così come ha affermato alla fine di aprile Gabriello Mancini, «le perdite latenti sui titoli di stato». Anch’esse quantificabili, almeno a giudicare da un patrimonio netto sceso da oltre 17 miliardi a meno di 11 miliardi di euro. Mentre le azioni della banca, che nel 2007 valevano in media 4,65 euro, dopo l’acquisto di Antonveneta scesero in un anno a 1,97. E ieri, al termine delle contrattazioni, le ha viste a 0,23 euro, in calo del 6,9% rispetto a martedì. L’operazione Antonveneta nasce a fine 2007, quando Mps la compra dal Banco di Santander che a sua volta l’aveva appena presa dopo lo spezzatino di Abn Amro. Il Monte paga Antonveneta più di 9 miliardi di euro, quasi venti volte i ricavi, il doppio della media di mercato. La cifra incassata cash consente a Santander di realizzare subito una plusvalenza di 2,3 miliardi di euro. Oggi l’intero Monte dei Paschi, compresa Antonveneta, vale in borsa meno della metà di quei miliardi. Certo, nel mezzo ci sono state la crisi finanziaria, poi quella economica e in parallelo quella dei debiti sovrani. Ma per gli addetti ai lavori l’acquisizione era stata comunque troppo costosa, anche se da Rocca Salimbeni arrivava la giustificazione che Antonveneta era l’ultima possibilità per il Monte di fare un salto dimensionale che da anni gli veniva richiesto, da più parti. Ora però, dopo un lento dissanguamento che ha portato la Fondazione a scendere dal 50.01 al 36,35 per sostenere la banca, una delle due ipotesi investigative riguarda la manipolazione in borsa del titolo nel gennaio scorso, per sostenere il prezzo ed evitare la caduta sotto la soglia fissata per il reintegro delle garanzie alle banche creditrici. Nel mirino anche le comunicazioni fatte agli organi di vigilanza: in proposito la stessa Fondazione rivela che l’indagine riguarda l’aumento di capitale del 2008 della banca per quanto concerne i «fresh» da un miliardo e mezzo, operazione che viene comunque ritenuta «nel pieno rispetto delle norme e con la massima trasparenza».
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