by Editore | 9 Maggio 2012 4:57
La Cina è bella e spaventosa, come una tigre nella foresta. È vasta, conserva luoghi poco accessibili, parla molte lingue e cambia con eccezionale rapidità . Neppure un cinese può dire di conoscerla.
Sintesi di pericolo e opportunità , nella concentrazione massima, la Cina contemporanea è l’universo più studiato e più spiegato. Gli estranei alla Cina hanno impiegato lungo tempo nell’ambizione vana di fornire una risposta profonda alla domanda superficiale, circoscritta tra la valutazione del rischio e il desiderio dell’occasione. Vertici e convegni si rivolgono alla comunità degli affari, che pretende numeri e scommette bilanci: la Cina che produce ricchezza è buona, quella che consuma privilegi è cattiva. Ma ognuno sente di trovarsi di fronte a qualcosa di molto più completo, di assai più necessario, che sfugge perché sostanzialmente evitato.
Questa incognita presenza globale è la vita in Cina, l’esistenza semplice dei cinesi. Osservare come vive la popolazione: non un trattato, solo un diario degli anni trascorsi insieme ai cinesi, dentro il vuoto di responsabilità scavato da un potere organizzato per pensare al posto di tutti, mentre muta definizione senza cambiare natura.
All’impero dei mandarini è seguito il comunismo dei rivoluzionari, a cui succede il capitalismo dei conservatori, preludio al nazionalismo dei nuovi imperialisti. La Cina ritorna se stessa, l’ultimo impero della storia, e solo raccontare la sua vita quotidiana soccorre nel tentativo di capire un’impresa così logica, azzardata e grandiosa.
Propaganda e censura di Stato proiettano l’immagine di un paradiso che non c’è. Seguire la cronaca di una nazione esclusa dalla verità risulta spesso velleitario. Resta però la sola chiave d’accesso a un mondo capace di sacrifici commoventi, concentrato nella negazione dell’evidenza e nel divieto dell’esistenza. Tentare un modesto punto della situazione dal basso, resistendo alla tentazione di dare lezioni, fornire risposte e tirare conclusioni, può dunque essere oggi non del tutto inutile.
La Cina festeggia l’anno del Drago, il più atteso del calendario astrale. Il 2012 sancisce il passaggio del potere più importante dell’ultimo decennio, investito del compito di delineare la leadership che avrà la responsabilità di guidare il paese nei prossimi dieci anni. Prende forma la classe dirigente più decisiva del pianeta, ma nello stesso tempo si plasma la società a cui il mondo che non è formalmente Cina affida la speranza di attenuare una crisi di organizzazione del benessere che rischia di trascinare l’umanità verso inediti conflitti tra generazioni e tra valori.
Questo epocale appuntamento, che i tecnocrati del Partito comunista cinese hanno pianificato con cura, appare però minacciato dalla realtà . Fino al termine del 2010 chiunque avrebbe scommesso su una transizione soft dell’autoritarismo di mercato in Cina, tale da non turbare stabilità politica e crescita economica, indiscutibili garanzie degli ultimi trentacinque anni. Alcuni eventi, fuori agenda, hanno sconvolto bruscamente la scena.
Mai come negli ultimi mesi, dalla rivoluzione proletaria di Mao Zedong, Pechino è stata scossa da sommosse popolari, scioperi, rivolte contro abusi e privilegi dei funzionari corrotti, scontri per la proprietà della terra. Paura del dissenso, incapacità di convincere minoranze etniche e religiose, ostilità politica ai processi democratici, debolezza rispetto ai meccanismi della Rete e interdipendenza dalla globalizzazione dell’economia proiettano un’ombra minacciosa sull’anno del grande passaggio del potere in Cina e, di conseguenza, sul presente del mondo.
Nella seconda metà del Novecento la tutela delle libertà individuali fu affidata all’egemonia culturale e militare di una superpotenza aperta, multirazziale, innovativa e solida. All’inizio del secondo decennio del Duemila la garanzia degli interessi nazionali viene appaltata all’espansione industriale e finanziaria di una potenza in via di sviluppo, chiusa, etnocentrica, replicativa e fragile. Le circostanze non presentano evidenti analogie, ma la rottura di un equilibrio storico tra i generali valori condivisi risulta evidente. Tra persona e denaro la comunità globale antepone il secondo, come tra democrazia e autoritarismo, tra libertà e dominio.
Ai limiti dell’avanguardia americana segue l’immaturità della copia cinese, alla visione dell’innovazione subentra la praticità della costruzione. Questa tendenza rivela che un tempo è consumato, che al tramonto dell’Occidente segue l’alba dell’Oriente e che la debolezza organica di un impero amministrato senza consenso e senza condivisione, a partire dalla sua economia, è il problema fondamentale con cui ognuno è chiamato a confrontarsi.
La Cina ignota e lontana è realmente una minaccia confusa da cui difendersi, o di cui cinicamente approfittare. Conoscere i cinesi la trasforma invece in una realtà familiare, vicina e per certi aspetti inquietante, da criticare e da provare a rendere migliore, ma di cui non ha senso avere paura.
Questo racconto della vita in Cina si limita a essere la fotografia di un luogo e di un istante, dentro una nazione sconfinata e infinita. È ispirato dalla speranza che Oriente e Occidente non sprechino una storica occasione per dialogare, per conoscersi e per imparare, per rimediare insieme agli errori e per diventare realmente un mondo nuovo, per salvarsi tendendosi la mano, sgombrando le macerie dei Muri e superando le rovine delle Muraglie. Ed è dedicato a tutte le persone che, nella meravigliosa Cina dalle straordinarie qualità , non possono sentirsi libere, esprimere le proprie idee e vivere con dignità .
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