La Bce: “Nessuna catastrofe se Atene uscisse dall’euro”

by Editore | 13 Maggio 2012 11:01

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BERLINO – Per la Grecia è iniziato ormai il conto alla rovescia. Fallito fin qui ogni tentativo di formare un governo, il presidente Karolos Papoulias ha convocato per oggi il vertice dell’ultima istanza tra i capi dei partiti. E una dopo l’altra, molte delle voci più influenti nell’eurozona suggeriscono un’uscita possibile di Atene dalla moneta unica: sarebbe dolorosissimo per i greci ma perfettamente gestibile per chi resta nell’euro, hanno detto nello spazio di poche ore il membro del board della Bce Patrick Honohan, il commissario europeo agli Affari economici Olli Rehn, il presidente della Bundesbank Jens Weidmann e il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble. Solo il presidente uscente dell’eurogruppo, il premier lussemburghese Juncker, chiede più pazienza, ma è una voce isolata nel mainstream della linea dura ispirata da Berlino e Francoforte.
Il carismatico, 82enne capo dello Stato socialista Papoulias tenta l’ultima carta, con il vertice di oggi insieme ai leader dei tre principali partiti: Alexis Tsipras della sinistra radicale Syriza, Antonis Samaras di Nea Dimokratia (conservatori) e Evangelos Venizelos del Pasok (socialisti). Le posizioni sono lontane, Nea Dimokratia e Pasok da soli non bastano per una maggioranza favorevole al rispetto dei durissimi impegni di risanamento presi con la Ue. L’alternativa sarebbero nuove elezioni il 10 o 17 giugno, passo forse irreparabile verso l’uscita dall’euro con Syriza, contraria al rigore, che vola nei sondaggi al 25,5%. E nel resto dell’Unione l’ipotesi (“made in Germany”) di un’uscita della Grecia dall’euro viene ora definita male minore, gestibile con costi sopportabilissimi per chi resterà  nella moneta unica. 
Un ritorno di Atene alla dracma, ha detto il membro irlandese del board della Bce, Patrick Honohan, «non sarebbe un evento necessariamente disastroso e fatale, e pur rappresentando un colpo alla fiducia nell’eurozona sarebbe tecnicamente gestibile, sebbene tutti stiano lavorando per evitarlo». Lo stesso presidente della Commissione europea, Barroso, ha avvertito che «o i greci rispettano i patti o devono uscire». Ancora più duri sono stati gli avvertimenti del Commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehn, e del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. Secondo Rehn, «La Ue lavora per facilitare la permanenza della Grecia nell’eurozona ed è convinta che Atene possa evitare l’uscita rispettando gli impegni, ma la palla è ora nel loro campo, e Atene soffrirebbe da un addio all’euro molto più del resto dell’eurozona». Per Weidmann, il falco tedesco nel vertice Bce, «non c’è nessun diktat da parte di Berlino, se Atene non rispetta gli impegni, sarà  una decisione democratica, ma con la conseguenza che verrebbero sospesi i programmi di aiuti, e le conseguenze di un ritorno alla dracma sarebbero ben peggiori per i greci che per il resto dei cittadini dell’eurozona».
Solo il presidente uscente dell’eurogruppo, Juncker, invita a «mostrare pazienza con Atene e darle tempo», pur avvertendo che «non c’è per loro alternativa al risanamento dei conti». «Non c’è alcuna strada facile per Atene», nota il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble, «tocca alla Grecia mostrare se ha la forza di mettere insieme la maggioranza necessaria: senza le riforme concordate il Paese non ha prospettive».

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