Julieva Kristeva Il web a lezione da Shakespeare “L’amore ha bisogno di segreti Facebook è solo performance”
L’amore al tempo della tecnologia. Che per alcuni è una promessa liberatrice che moltiplica le relazioni possibili, mentre per altri una minaccia che rischia di annientare i sentimenti. Una questione controversa di cui parliamo con Julia Kristeva in occasione dell’uscita di Storie d’amore (che Donzelli ha recuperato con nuovi contributi), un denso saggio in cui la celebre semiologa e psicanalista, a 71 anni, si confronta con le innumerevoli manifestazioni dell’amore. «Non sono sicura che il mondo a venire sarà ancora un mondo innamorato», spiega. «La nostra idea dell’amore nasce da una tradizione di esperienze e idee che si sono sviluppate nel tempo in Occidente, dalla cultura greca, ebraica e cristiana fino alla tradizione dell’illuminismo. Pur essendosi allontanato da questa tradizione, il mondo contemporaneo conserva pur sempre l’ambizione e la promessa dell’universo amoroso cantato dalla mitologia greca o dal Cantico dei Cantici. Insomma, siamo gli eredi di questa tradizione, che però corre il rischio di scomparire, di non essere capita o di essere ridotta a semplice visione mercantile. Da qui la necessità di trasmettere questa tradizione rinnovandola e adattandola alla nuove condizioni tecniche e economiche».
In questa prospettiva, internet e le nuove tecnologie sono una minaccia o un’opportunità ?
«La tecnica e la comunicazione a prima vista sono esperienze interessanti, ricche di promesse e potenzialità . Ma l’iperconnessione e la velocità dei contatti ci trasforma in semplici terminali di una comunicazione che esclude la profondità della vita psichica, quella che chiamiamo la vita interiore. Il dominio della tecnica rischia di annientare l’esperienza interiore necessaria all’amore. Si spiega anche così il dilagare delle nuove malattie dell’anima, dei disturbi psicosomatici, delle depressioni, eccetera».
Vuol dire che l’universo globalizzato della tecnica formatta gli individui e dunque l’esperienza amorosa, che invece dovrebbe essere un territorio di libertà ?
«Naturalmente non voglio demonizzare la tecnica. Di fronte ad essa, però, scegliamo spesso le soluzioni più semplici e immediate. Per quando riguarda l’amore, quelle che riducono l’esperienza amorosa alla performance. Ad esempio cercando di avere dei figli quando ciò non sarebbe possibile, utilizzando i progressi della medicina. Non si tratta evidentemente di mettere al bando la tecnica, ma solo di fare attenzione a non trasformarla in un fine in sé. La tecnica deve rimanere un mezzo per facilitare l’esperienza amorosa, la quale però nasce sempre dallo scambio, dal dialogo, dall’incontro con l’altro».
Internet favorisce le relazioni a distanza e le false identità …
«Favorisce soprattutto le non-relazioni che appartengono alla sfera mercantile della comunicazione. Internet produce oggetti di desiderio che annullano la relazione profonda esistente tra un soggetto e un altro. Facilita la rapidità dei contatti e la velocità delle comunicazioni, ma annulla la dimensione del corpo, l’esperienza sensoriale e la profondità psichica che consentono ai desideri di approfondirsi e modularsi. L’uso sfrenato e dissennato delle nuove tecnologie minaccia i sogni, i fantasmi, la relazione con l’altro e tutte le diverse dimensioni della soggettività ».
Senza la presenza del corpo non c’è esperienza amorosa?
«Possono esserci dei fantasmi, semplici evanescenze sfuggenti in cui il virtuale rischia di sostituirsi al reale. Purtroppo gli individui possono diventare schiavi di queste relazioni. La comunicazione, per quanto rapida, non crea automaticamente la libertà concreta della relazione amorosa, che per esistere ha bisogno di una presenza corpo a corpo, faccia a faccia, memoria a memoria. Il pericolo d’internet è proprio la liquidazione del corpo e della memoria».
Per esistere, l’amore ha bisogno di essere raccontato?
«L’accelerazione della comunicazione impoverisce il linguaggio, riducendolo a una sequenza di stereotipi prefabbricati. Il racconto è un antidoto a questa deriva. La relazione amorosa è indissociabile dal racconto, ne ha bisogno per strutturarsi e per prendere forma. Nel momento in cui l’innamorato racconta – e si racconta – la propria storia d’amore, sfugge agli schemi che gli sono stati inculcati dalla società . Inizia a parlare diversamente, s’investe nel linguaggio che diventa vivo. La relazione amorosa, quando non è solo sessuale, è uno scambio di parole e di narrazioni, in cui l’individuo ritrova la propria infanzia. La relazione amorosa è sempre un’infanzia ritrovata. Si ridiventa bambini e si ridiventa adulti ad ogni relazione».
In rete molti raccontano i loro amori quasi in presa diretta, senza mediazioni.
«Non mi sembrano racconti particolarmente ricchi e complessi. Spesso sono solamente manifestazioni di un narcisismo figlio dell’ebbrezza della trasparenza assoluta. Una trasparenza illusoria che rischia di eliminare la profondità e il segreto necessari alla relazione amorosa. Sono racconti esteriori e superficiali, incapaci di trasmettere la ricchezza e la complessità dei sentimenti amorosi».
Oggi i grandi miti letterari della passione amorosa analizzati nel suo libro hanno ancora qualcosa da dirci?
«Penso di sì, perché – dopo aver rinunciato al mito dell’amore assoluto, questa sorta di monoteismo dell’amore – davanti a noi si presenta ora una vasta pluralità di legami e oggetti amorosi, per la quale non sempre abbiamo le parole adatte. I miti della tradizione vengono in nostro soccorso, consentendoci di trovare le parole, le immagini, le figure retoriche per descrivere tale varietà del reale. Dove naturalmente non si tratta di semplice ripetizione ma di una vera propria reinvenzione, perché il Don Giovanni d’internet non è certo il Don Giovanni di Mozart. Rinasce diverso. Lo stesso accade per Romeo e Giulietta e per tutti gli altri eroi della letteratura amorosa. Sono miti insostituibili che possono reintrodurre la dimensione dell’immaginario nell’universo asettico e formattato delle nuove tecnologie. Sono miti che ci consentono di rendere più complesso e quindi più umano il mondo dell’iperconnessione. Insomma, delle storie d’amore avremo bisogno ancora a lungo».
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