India, libertà  su cauzione per i marò presto fuori dal riformatorio di Kochi

by Editore | 31 Maggio 2012 7:41

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ROMA – «La vicenda dei nostri due marò in India è stata segnata da decisioni contraddittorie: aspettiamo di capire come le autorità  del Kerala applicheranno le ultime scelte dei giudici, e comunque prepariamoci a seguire il caso per tutto il tempo ancora necessario». Nelle sue dichiarazioni pubbliche (per esempio alla trasmissione Rai Un giorno da pecora) il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura ancora ieri sera era molto cauto. Ma per i due fucilieri di Marina detenuti in India ieri finalmente è arrivata una mossa positiva. I giudici indiani hanno accordato a Salvatore Girone e Massimiliano Latorre la libertà  su cauzione. 
Non potranno lasciare l’India, anzi non potranno lasciare neppure la città  di Kochi (per la precisione un raggio di 10 chilometri dal commissariato). Ma se non altro abbandonano lo status di detenuti e lasceranno la “Borstal school”, il riformatorio in cui erano stati trasferiti dopo due mesi trascorsi nel carcere di Trivandrum. Già  oggi o domani i due militari responsabili dell’incidente in cui sono stati uccisi due pescatori indiani potrebbero essere trasferiti in un albergo o in una casa scelta dall’Ambasciata d’Italia, il tempo che la decisione del giudice venga registrata e passata alle autorità  di polizia.
Ieri mattina il giudice N. K. Balakrishnan aveva fatto capire che era disposto ad accettare la cauzione offerta dallo stato italiano per avere la libertà  condizionale. L’ambasciata d’Italia dovrà  pagare una cauzione di 10 milioni di rupie (143mila euro) per ciascuno dei due militari, e dovrà  presentare due cittadini indiani che si facciano garanti per i fucilieri. I passaporti andranno consegnati alla polizia e tutti i porti e aeroporti indiani sono stati avvertiti: non fate partire i due italiani.
La svolta è dovuta anche a una decisione chiaramente politica del Kerala: il rappresentante del chief minister Oommen Chandy ha annunciato in aula che il suo governo rinunciava a chiedere l’applicazione della convenzione “Sua Act” (Suppression of Unlawful Acts against the Safety of Maritime Navigation), nota anche come “Convenzione Lauro” perché approvata dopo il dirottamento dell’Achille Lauro. La richiesta di applicare la convenzione avrebbe permesso ai giudici di trattare i due militari alla stregua di terroristi internazionali, invece di considerarli al servizio di uno Stato amico dell’India e colpevoli al massimo di un incidente mortale. E infatti il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, ha notato che proprio questo è «l’elemento più significativo, perché un’accusa ai sensi del “Sua Act” significava imputare ai marò comportamenti terroristici in mare; ed era la giustificazione per avallare o pretendere la giurisdizione indiana fuori dalle acque territoriali». Che cada l’accusa di “terrorismo marittimo” per la Difesa è un risultato molto concreto.

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