In frenata l’industria europea le Borse ko, Milano la peggiore

by Editore | 3 Maggio 2012 4:46

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MILANO – Soffre il settore manifatturiero, aumenta il costo dell’indebitamento dei governi, le banche pagano due volte l’incertezza legata al debito pubblico e al debito delle industrie private e i mercati azionari imboccano la via del ribasso. Milano è stata la peggiore, con l’indice Ftse Mib in calo del 2,6% a 14.213,17 punti, ma anche Madrid (-2,55%) ha accusato il colpo. Londra (-0,93%) e Francoforte (-0,75%) hanno invece registrato frazionali ribassi, mentre Parigi per un giorno si è staccata dal coro: il clima pre-elettorale che si respira in Francia ha fatto guadagnare al listino d’Oltralpe lo 0,42%.
Ieri i risultati del settore manifatturiero dell’Eurozona, sceso ad aprile ai minimi dal giugno 2009, hanno fatto sobbalzare i listini. In questo contesto l’Italia registra la contrazione peggiore, con l’indice crollato dai 47,9 punti di marzo a quota 43,8 punti. Positivo invece il dato sul fabbisogno tricolore: stando alle indicazioni fornite da Tesoro nei primi quattro mesi del 2012 il fabbisogno è sceso a 30,5 miliardi dai 39,8 miliardi del 2011. Detto questo, proprio ora che l’Ecofin sta valutando come applicare le nuove normative di Basilea 3 per rafforzare il patrimonio degli istituti di credito, la crisi che colpisce le industrie europee fa aumentare l’incertezza sul futuro. 
Anche dagli Usa in aprile sono stati registrati alcuni segnali di rallentamento della crescita, sia sul fronte dell’occupazione, sia sugli ordini all’industria. Secondo le stime di Adp, in aprile sono stati creati 119mila nuovi posti di lavoro nel settore privato, una cifra molto inferiore rispetto alle attese degli economisti che si attendevano 180mila nuovi occupati. Lo scorso mese anche gli ordini all’industria sono diminuiti dell’1,5%, un dato che però era nelle attese degli esperti, e che fa il paio con il crollo del 4% sugli ordinativi dei beni durevoli, che ad aprirle hanno registrato la maggiore contrazione degli ultimi 3 anni. Ciò nonostante, l’economia americana ha comunque imboccato al via della ripresa, e i dati macro di Eurolandia invece fanno emergere nuove difficoltà . Per questo sul fronte valutario, l’euro è scivolato a 1,31 nei confronti del biglietto verde, e anche le quotazioni del greggio sulla piazza di New York sono calate dell’1% a quota 105,06 dollari al barile.
Le prospettive di un rallentamento economico peggiore delle attese di alcuni Paesi del Vecchio continente, hanno poi avuto l’effetto di aumentare le tensioni sul comparto obbligazionario. E così il differenziale tra il Btp e il Bund decennale si è allargato a quota 395 punti (quello tra i Bonos spagnoli è addirittura cresciuto a 425 punti), con un rendimento in crescita al 5,57% per le obbligazioni tricolori, mentre il tasso del decennale tedesco è crollato al nuovo minimo storico dell’1,62%. Guardando alle scadenze a breve termine, il divario tra Italia e Germani è ancora più evidente: il debito pubblico tricolore a due anni è pari al 3,16%, mentre quello tedesco è inferiore addirittura di 45 volte, il tasso delle obbligazioni di Berlino a due anni è crollato allo 0,07%. Tuttavia se ieri i titoli spagnoli e quelli italiani sono tornati sotto pressione, Grecia e Portogallo hanno tirato un sospiro di sollievo: Standard & Poor’s ha infatti alzato il giudizio sulla qualità  del debito ellenico a Ccc, mentre il governo di Lisbona è riuscito a collocare con successo 1,5 miliardi di obbligazioni.

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