Imu, più esenti i ricchi dei pensionati poveri
ROMA – L’Imu stanga, ma non tutti. O meglio, si accanisce soprattutto sulla categoria dei pensionati con redditi più bassi che, naturalmente, non possono beneficiare delle detrazioni previste per i figli a carico. Ai vertici della piramide, invece, i redditi più alti sentono meno la mano del fisco, almeno per la prima casa: oltre i 75 mila euro di reddito sono solo mezzo milione coloro che pagano l’Imu, il 72,2 per cento dei proprietari, come nella media, mentre il restante 30 per cento sfuggirà alla tassa. Ma c’è di più: buona parte dei benestanti hanno case nei centri storici e beneficiano dei vecchi accatastamenti con valori più bassi.
E’ questo il quadro che emerge, a circa un mese dal pagamento della prima rata dell’Imu (prevista per il 18 giugno), dai dati diffusi dal ministero dell’Economia dove si incrocia la tradizionale piramide dei redditi Irpef degli italiani con la griglia di chi paga l’Imu e chi no.
Il dato generale è che i contribuenti sono 41,5 milioni, di questi i proprietari di una prima casa in Italia sono 24,2 milioni, di cui 17,5 milioni, ovvero il 72,2 per cento, paga l’Imu (194 euro in media per ciascun proprietario). Ma che cosa accade all’interno della media nazionale? Nella fascia più bassa emergono le maggiori contraddizioni: gli italiani che guadagnano meno di 10 mila euro sono 14,1 milioni, solo la metà di questi possiede una casa (il 44 per cento), e di questi quasi tutti (il 94,8 per cento) cade sotto la tagliola dell’Imu. La lettura dei dati del Mef dimostra che il numero dei contribuenti che paga l’Imu si abbassa drasticamente quando si prendono in considerazione le famiglie con uno o più figli: è la dimostrazione che nella stragrande maggioranza si tratta di pensionati che non hanno avuto – come è stato richiesto da più parti durante la discussione del provvedimento – una detrazione specifica per la loro condizione.
Ai vertici della piramide la situazione è opposta. I contribuenti italiani che dichiarano oltre i 75 mila euro non sono molti, circa 790 mila: un numero assai limitato dovuto al fenomeno dell’evasione fiscale. Molti benestanti sono proprietari di casa: l’88 per cento. Quanti di loro pagano l’Imu? Il 72,2 per cento, esattamente come la media nazionale. Costoro possono infatti beneficiare delle detrazioni per figli che non sono parametrate al reddito, ma uguali per tutte le fasce sociali. Giusto o sbagliato che sia, è stridente il confronto con la categoria dei pensionati.
C’è poi un altro aspetto che emerge leggendo in controluce i dati del ministero dell’Economia. Se si prendono, ad esempio, i redditi sopra i 120 mila euro (dove coloro che pagheranno l’Imu saranno 160 mila) ci si accorge che la gran massa di questi contribuenti è concentrata su abitazioni che hanno una rendita media sotto i 500 euro e tra i 500 e i mille euro, segno che molti benestanti abitano nei centri storici e in vecchi quartieri ormai diventati di pregio, e che beneficiano dei vecchi accatastamenti meno cari.
A difesa dell’Imu è sceso ieri in Parlamento il viceministro dell’Economia Vittorio Grilli. L’Imu, ha detto, serve innanzitutto al consolidamento dei conti pubblici: cioè, ad esempio, a mettere al riparo l’Italia da altri attacchi speculativi. E poi, ha aggiunto, l’impatto sarà modesto: poco più alto di quello della vecchia Ici. Una esenzione dell’abitazione principale dall’Imu – ha spiegato Grilli rispondendo ad un “question time” alla Camera – «determinerebbe la concentrazione del prelievo sulle seconde o ulteriori case, e sugli immobili ad uso non abitativo». E non c’è nessun allarme: «Il gettito complessivo stimato derivante dall’Imu sulla prima casa – ha osservato Grilli – è di circa 3,4 miliardi, sostanzialmente equivalente a quello dell’Ici sull’abitazione principale (circa 3 miliardi)». La tassazione della prima casa, pur con le mitigazioni stabilite dalla disciplina Imu, ha proseguito Grilli, dà attuazione ad uno dei cardini del federalismo.
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