Immigrati Ma in Italia mancano i manovali e le badanti Imprese e famiglie: “Abbiamo bisogno di loro”

by Editore | 17 Maggio 2012 7:24

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L’Italia potrebbe chiudere le sue porte a nuovi migranti: stop a canali di ingresso legale in Italia. Ma la linea del ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, cozza contro le esigenze delle famiglie e delle imprese italiane. La crisi colpisce duro, ma per alcuni lavori la richiesta di manodopera straniera non arretra. Mancano manovali, tornitori, infermieri, badanti. Da Confindustria alle Acli in tanti bocciano lo stop al decreto flussi. Cgil ricorda che nel nostro Paese lavorano oltre mezzo milione di immigrati irregolari e dunque invisibili, funzionali alla nostra economia. E mentre uno studio della Fondazione Moressa racconta i tanti mestieri nei quali gli stranieri sono diventati indispensabili, sostituendo gli italiani, un rapporto del ministero del Lavoro contraddice le parole della responsabile del Viminale: «Nel periodo 2011-2015 il fabbisogno medio annuo di lavoratori immigrati dovrebbe essere pari a circa 100mila, mentre nel periodo 2016-2020 dovrebbe portarsi a 260mila». Tradotto: nei prossimi dieci anni avremo bisogno di “importare” un milione e 800mila lavoratori.

La ricerca / “Dall’edilizia all’agricoltura ecco dove sono fondamentali”    


«Il sistema economico italiano non smetterà  proprio ora di richiedere manodopera straniera – sostiene Valeria Benvenuti della fondazione Leone Moressa – i lavoratori immigrati sono e saranno indispensabili per la sopravvivenza di moltissimi settori di attività  nei quali, con il tempo, si è assistito ad un vero e proprio effetto sostituzione». La fondazione Moressa ha analizzato i mestieri nei quali la manodopera straniera ha preso il posto di quella italiana: «Si tratta soprattutto di occupazioni meno qualificate nei settori dell’edilizia, dell’agricoltura, ma anche comparti legati ai servizi alla persona come l’assistenza agli anziani: un settore questo che, nonostante il continuo impoverimento delle famiglie, non ha ancora conosciuto crisi. La mancata formulazione di un nuovo decreto va forse più ricercata nel fatto che occorra dare anche una possibilità  di occupazione a quei lavoratori stranieri che, proprio a causa della crisi, hanno perso il lavoro».

La Confindustria / “I nostri ragazzi con il diploma non vogliono più fare quei mestieri”    


Mario Cortella, associato di Confindustra Padova e responsabile immigrazione della Camera di commercio: «Oggi in Veneto c’è una vera emergenza sociale, tra lavoratori in cassa integrazione e operai con disagio abitativo.E i n questa situazione – ammette – gli immigrati vengono guardati con sempre maggior sospetto». Cortella ha un’azienda di arredo bagno: «Il 20% dei miei operai è di origine straniera, bravi e qualificati. Eppure dagli italiani vengono considerati i più “sacrificabili” per fronteggiare la crisi». Ma il punto resta: «È sbagliato dire che non c’è bisogno di nuova manodopera dall’estero. I nostri ragazzi sono diplomati o laureati e alcuni lavori non vogliono più farli. Trovare un tornitore, un saldatore, un infermiere di corsia è oggi un’impresa disperata. Per questi impieghi è ancora forte la domanda di immigrati».

I sindacati / “La regolarizzazione conviene: lo Stato incasserebbe 5 miliardi”    


«Oggi in Italia ci sono oltre mezzo milione di lavoratori stranieri irregolari e dunque invisibili – ricorda Danesh Kurosh, coordinatore del Comitato nazionale immigrati Cgil – come si fa allora a sostenere che il Paese non ha più bisogno di manodopera straniera?». Ora, secondo la Cgil, dalla regolarizzazione degli immigrati in nero lo Stato potrebbe incassare ben cinque miliardi di euro: «Ma o si ha il coraggio di fare una vera sanatoria oppure è urgente un nuovo decreto flussi, che come si sa, è una sorta di sanatoria mascherata, serve cioè a mettere in regola chi già  si trova clandestinamente nel Paese». Il problema per Kurosh è anche un altro: «Nell’ultimo decreto flussi solo il 3% delle domande si è effettivamente trasformato in un permesso di soggiorno. I flussi sono una macchina burocratica che non funziona più».

Le Acli / “Torniamo al modello sponsor: associazioni come intermediatori”    


Del fatto che ci sia bisogno di nuovi lavoratori stranieri per sostenere l’economia italiana è convinto Andrea Olivero, presidente nazionale delle Acli: «à‰ vero, ci sono delle sacche di lavoratori stranieri disoccupati e che vanno reinseriti – premette – ma è vero anche che ci sono ancora molti settori dove la manodopera straniera è indispensabile: per esempio nei servizi e nel lavoro di cura». Il punto, per Olivero, è che va cambiata radicalmente la rigida politica dei flussi: «Il sistema dei flussi non funziona e non è più adeguato: noi lo diciamo da tempo. I suoi tempi di emanazione non corrispondono ai tempi delle imprese e delle famiglie». Qual è la soluzione? Maggiore flessibilità : «Torniamo allora a insistere sul modello dello sponsor, cioè associazioni e patronati – spiega il presidente delle Acli – che fanno lavoro di intermediazione».

Il ministero / “Nei prossimi 10 anni dovremo importare 2 milioni di lavoratori”    


L’Italia ha bisogno di nuovi immigrati? Certo: «Nel periodo 2011-2015 il fabbisogno medio annuo dovrebbe essere pari a circa 100mila, mentre nel periodo 2016-2020 dovrebbe portarsi a 260mila». Tradotto: nei prossimi dieci anni avremo bisogno di «importare» un milione e 800mila lavoratori. A metterlo nero su bianco è il ministero del Lavoro. In un dettagliato rapporto del 23 febbraio 2011, la Direzione generale dell’immigrazione ragionava infatti sul numero di lavoratori stranieri necessari a reggere il «sistema Italia». «Il fabbisogno di manodopera è legato contemporaneamente alla domanda e all’offerta di lavoro – si legge nel Rapporto – dal lato dell’offerta si prevede tra il 2010 e il 2020 una diminuzione della popolazione in età  attiva (occupati più disoccupati) tra il 5,5% e il 7,9%. Dal lato della domanda, gli occupati crescerebbero in 10 anni a un tasso compreso tra lo 0,2% e lo 0,9%». Da qui il bisogno di manodopera immigrata.

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