Il vento di Parigi può cambiare le scelte europee

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Depurata dagli eccessi tipici di ogni campagna elettorale questa resta la principale differenza tra i due leader e i due programmi. E così il risultato è atteso e vissuto in tutta Europa e in tutto il mondo.
Sempre oggi si svolgeranno le elezioni legislative in Grecia, il Paese simbolo degli errori, delle approssimazioni e incongruenze della governance finanziaria monetaria e politica europea; e delle pesantissime conseguenze che si stanno abbattendo sull’occupazione, i redditi, le protezioni sociali. Qui l’attesa del risultato ha apparentemente un altro segno: la misurazione del grado di radicale rifiuto delle scelte che la Grecia ha dovuto accettare. E, di conseguenza, della possibilità  della tenuta del quadro di governo, con il corollario prevedibile di una grande frammentazione della rappresentanza politica.
Quello che unisce le due elezioni è che la crisi europea richiede da tempo una diversa responsabilità  e una diversa politica. Non perché non ci voglia un programma di rigore e contenimenti dei deficit pubblici, ma perché senza una contemporanea azione di stimolo alla domanda la crisi corre il rischio di aggravarsi. In questo entrambe le elezioni hanno lo stesso riferimento obbligato: le politiche del governo tedesco e le conseguenze che il voto potrà  avere sulle scelte della Merkel. Ogni tentativo per modificare o alleggerire la linea del solo rigore fiscale non ha portato a un vero cambiamento ma solo a parziali e modesti interventi di correzione. Anche i tentativi aperti nel Parlamento europeo rischiano di naufragare sotto il peso dei numeri delle destre, che pur non essendo compatte hanno però impedito un pronunciamento rivolto alla revisione della politica economica europea.
Per questo è necessario che in Francia vinca Hollande. La legittimazione di un voto popolare in uno dei Paesi centrali dell’equilibrio continentale che chiede di cambiare non lascerà  le cose come stanno. E anche tenendo conto del peso dei condizionamenti e dei compromessi che si renderanno necessari si aprirà  una discussione nuova. E si potrà  rafforzare anche il ruolo di Paesi come l’Italia che ha bisogno di far ripartire l’economia e può quindi spingere in questa direzione. D’altra parte non ci sono alternative. La crisi sociale è oltre il livello di guardia. Ogni elezione, compresa la Gran Bretagna, premia le forze di opposizione e quindi il cambiamento. Gli strumenti monetari della Bce hanno finito i propri effetti. Tanti osservatori ed economisti assistono sbigottiti a quello che sta avvenendo. E le classi dirigenti non sanno più cosa fare per evitare una crisi ed una recessione ancora più profonda. I cittadini, i lavoratori e i pensionati vedono ogni giorno di più aggravarsi le loro condizioni di vita e di reddito. Le diseguaglianze fondamentali aumentano.
L’attesa per questo passaggio elettorale dunque è giustificata e anche i sentimenti, le paure e le speranze che accompagnano queste ore. Il voto di una nazione finisce per riguardare tutti. Ed è il nostro più grande paradosso comune: siamo cittadini con la stessa moneta ma non nello stesso Stato.


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