Il Vaticano: non ci sono altri indagati

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CITTà€ DEL VATICANO — Paolo Gabriele «ha dichiarato al giudice che offrirà  la più ampia collaborazione» e quindi «risponderà  a tutte le domande». L’avvocato Carlo Fusco difende con la collega Cristiana Arru l’«assistente di Camera» del Papa da cinque giorni in cella di sicurezza con l’accusa di aver sottratto una quantità  di carte riservate dall’appartamento di Benedetto XVI. E fa sapere che il maggiordomo accusato d’essere uno dei cosiddetti corvi «collaborerà  con gli inquirenti per appurare la verità ». Anche perché al momento è accusato soltanto di «furto aggravato». E, come ha spiegato padre Federico Lombardi, «gli avvocati possono presentare istanze per libertà  vigilata o arresti domiciliari. Valuteranno i magistrati».
L’«istruttoria formale» condotta dal giudice istruttore del Tribunale vaticano, Piero Antonio Bonnet, è appena iniziata, gli inquirenti considerano schiaccianti le prove a suo carico e si attendono che il maggiordomo faccia i nomi dei complici e insomma «collabori», il che potrebbe permettere al maggiordomo, sposato e con tre figli, di tornare a casa. Nessuno pensa che possa aver orchestrato tutto da solo e del resto i documenti fatti filtrare ai media non provenivano solo dall’Appartamento. 
Per ora, comunque, la Santa Sede nega ufficialmente ogni altro coinvolgimento. Padre Lombardi, ieri, ha detto che «non c’è nessun cardinale, italiano o straniero, né alcuna donna indagati o sospettati» nonché smentito «presunte interviste» ai corvi dal contenuto «di pura fantasia». Lotte di potere in Vaticano? «Sono interpretazioni che esulano dall’inchiesta, non ho nessun motivo per dare spiegazioni del genere, anzi, è esagerato e non fondato il modo di leggere questi fatti». Anche la cacciata di Ettore Gotti Tedeschi dalla presidenza dello Ior è una vicenda che «va distinta nettamente» dall’inchiesta sui corvi, «non c’è alcun collegamento». Calma e gesso, insomma: «Non c’è intenzione di farsi condizionare dalla pressione mediatica». Benedetto XVI, comunque, vuole «trasparenza», è «informato, segue ed è consapevole della situazione delicata che si sta vivendo anche nella Curia romana» e tuttavia «conserva la sua serenità  e atteggiamento di superiorità  morale e di fede», spiega il portavoce vaticano.
Paolo Gabriele, comunque, ieri mattina ha ricevuto la visita della moglie nella camera di sicurezza, prima di parlare con i suoi avvocati. Dall’inchiesta è filtrato che gli uomini della Gendarmeria gli abbiano trovato in casa «quattro casse» di documenti riservati, comprese carte che si potevano trovare soltanto nello studio privato del Pontefice perché non erano state ancora archiviate negli uffici della segreteria di Stato: come un documento di bilancio della «Fondazione Joseph Ratzinger-Benedetto XVI» appena pubblicato nel libro di Gianluigi Nuzzi «Sua Santità . Le carte segrete di Benedetto XVI».
L’avvocato Fusco, amico di vecchia data di Gabriele («Ho assunto l’incarico difensivo su richiesta di Paolo, anche per un’amicizia e una grande stima nata molti anni fa, quando eravamo ancora ragazzi») esprime «grande stupore per il fatto che alcuni giornalisti affermano di conoscere questi elementi processuali, pur coperti dal segreto e ancora non noti neanche a noi avvocati». La moglie, ha aggiunto, «è fiduciosa, come lo sono anch’io, nell’operato della magistratura». E il maggiordomo assicura d’esser pronto a dire ciò che sa: «Ciò avverrà  quanto prima, dopo che avremo studiato bene le vicende oggetto dell’indagine».


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