I paesi europei: via ambasciatori di Damasco
Il Consiglio di sicurezza dell’Onu, superando le reticenze cinesi e russe, ha condannato all’unanimità il massacro di Hula. Londra ha allontanato l’incaricato di affari siriano (da mesi non c’è più un ambasciatore siriano in Gran Bretagna). Anche Germania, Spagna e Italia hanno deciso di espellere l’ambasciatore siriano. Canada e Australia sono sulla stessa linea. Il leader turco Erdogan afferma che «c’è un limite alla pazienza». Gli europei avevano già deciso di chiudere le loro rappresentanze in Siria, con l’eccezione di Romania e Bulgaria, che a Damasco rappresentano gli interessi Usa e per il momento si mantengono sul posto. Il Consiglio nazionale siriano, che rappresenta l’opposizione al regime di Assad, ha reagito positivamente e chiede di isolare ancora di più la Siria: «il Consiglio di sicurezza dell’Onu deve agire per adottare una risoluzione che permetta il ricorso alla forza per impedire il genocidio e gli assassinii commessi dai miliziani del regime». In Francia, l’intellettuale Bernard-Henri Lévy, che è stato all’origine della decisione di Sarkozy di intervenire in Libia, chiede a Hollande di «prendere un’iniziativa in Siria»: «la Francia farà per Homs e Hula quello che ha fatto per Bengasi e Misurata?» si chiede lo scrittore.
Ma per il momento, Hollande ha affermato che discuterà con Putin, che viene a Parigi venerdì, sulle sanzioni, bloccate all’Onu da Mosca e Pechino. La Francia sta preparando per l’inizio di luglio un vertice degli Amici della Siria a Parigi. Il ministro degli esteri, Laurent Fabius, afferma in un’intervista a Le Monde che «Bashar al-Assad è l’assassino del suo popolo. Deve lasciare il potere. Prima lo farà meglio sarà ». Per Fabius, per ora «nessuno stato è pronto a prendere in considerazione un’operazione terrestre» contro il regime siriano, perché «i rischi di estensione regionale sono temibili, in particolare in Libano». La Francia opererà per rendere più severe le sanzioni contro Assad, cercherà di trovare un’intesa con la Russia e proverà a favorire l’unione dell’opposizione. Fabius assicura che Parigi non ha dato armi all’opposizione, anche se è consapevole che «le frontiere sono porose e le armi entrano in Siria». Parigi è «favorevole» a investire del caso Assad la Corte penale internazionale. Per Fabius, «bisogna ricercare una transizione politica credibile, che implichi la partenza di Bashar al-Assad, evitando contemporaneamente l’iraqizzazione del paese».
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