I Ligresti temporeggiano su Fonsai-Unipol
MILANO – I colpi di scena nella saga Fonsai-Unipol non finiscono mai. Ieri è toccato ai Ligresti far vacillare ancora una volta l’impalcatura della mega fusione a quattro (Fonsai-Unipol-Milano-Premafin) costruita faticosamente da Mediobanca e da Unicredit. Il cda Premafin, infatti, non ha deliberato di accettare il concambio proposto giovedì sera dal cda Fonsai, che prevedeva per la holding dei Ligresti lo 0,85% della nuova Grande Unipol. Troppo poco? Forse, tanto che Salvatore Ligresti si è lasciato scappare una frase sibillina: «I problemi ci sono sempre». E così le banche creditrici, con in testa Unicredit, non hanno firmato l’accordo di riscadenziamento del debito e tutto è slittato nel week end con i consigli e l’assemblea di Premafin che deve far partire l’aumento in calendario lunedì.
In realtà la situazione sottostante si sta complicando ulteriormente. Nel Comitato degli indipendenti di Fonsai riunitosi giovedì prima del cda è stata portata la relazione dell’advisor Citi che evidenzia per la prima volta come Unipol abbia un patrimonio inconsistente per far fronte all’operazione di aggregazione con Fonsai. Dopo l’aumento di capitale da 600 milioni Unipol si troverà con un Nav di circa 20 milioni, secondo i calcoli di Citi. Di qui l’opposizione di Salvatore Bragantini sia in Comitato che poi in cda con una motivazione così esplicitata: «Dubbi sulla capacità di Unipol di sostenere l’aggregazione dal punto di vista patrimoniale». Formula che doveva poi comparire nel comunicato stampa ufficiale ma che è stata stralciata nella notte senza il consenso del consigliere indipendente. Tutta la materia, però, ieri pomeriggio è stata inviata in Consob che nei giorni scorsi aveva chiesto tutta la documentazione riguardante le riunioni propedeutiche alle delibere sui concambi. A questo materiale si è aggiunto un esposto dei fondi Sator e Palladio sui temi della solidità patrimoniale e degli indipendenti. Inoltre l’offerta di Matteo Arpe e Roberto Meneguzzo per il salvataggio della compagnia attraverso un aumento di capitale scadeva ieri sera alle 24 e non si sa se è stata accettata nei termini richiesti dagli offerenti o se è decaduta.
Sul voto di giovedì sera nel cda Fonsai ha inciso poi un’altra circostanza, questa volta proveniente dall’esterno, e precisamente da Mediobanca. A consiglio in corso è stata recapitata una lettera, indirizzata da piazzetta Cuccia a Premafin e Unicredit e per conoscenza a Fonsai, in cui si afferma: «In assenza del raggiungimento di un accordo tra Ugf e il gruppo Premafin-Fonsai entro il 21 p.v. che consenta di proseguire speditamente con il progetto di integrazione, alla luce delle incertezze anche regolatorie che verrebbero a crearsi, riteniamo verificato l’Evento rilevante previsto dal Contratto di Finanziamento stipulato il 22 dicembre 2004 con le relative conseguenze». In pratica Mediobanca minaccia o di ritirare il credito da 70 milioni che ha in essere da molti anni con Premafin o di escutere il pegno relativo se non si giunge subito a un accordo sui concambi con Unipol. Forse è stata questa la molla che ha convinto i consiglieri di Fonsai a votare un accordo che prevede per Unipol il 61% del capitale della nuova società post fusione, accordo che però si discosta da quel 61,8% che era stato indicato informalmente dopo l’incontro tra Carlo Cimbri ed Emanuele Erbetta. Tuttavia è anche possibile che il diktat di Mediobanca abbia indispettito la famiglia Ligresti la quale alla fine dell’operazione si troverà con una manciata di titoli in mano, lo 0,6% circa del capitale, senza alcuna sicurezza di incassare da un eventuale diritto di recesso dalla fusione.
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