I Cinque stelle: noi terza forza Dalla politica anatemi e lusinghe

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ROMA — La misura del successo non è data tanto dai risultati. Ché, alla fine, il Movimento 5 stelle porta a casa per ora solo il sindaco di un paesino (Sarego, 1.045 voti per Roberto Castiglion) e una manciata di ballottaggi, a cominciare dal più importante, quello di Parma. A decretare il trionfo elettorale dei grillini sono le reazioni dei partiti: le lusinghe di molti, gli anatemi degli altri. E il giorno dopo il voto, a far polemica è anche una dichiarazione del capo dello Stato, che sembra minimizzare la portata del fenomeno: «Boom? Di boom ricordo quello degli Anni Sessanta in Italia, altri non ne vedo».
Beppe Grillo non perde l’occasione per replicare. Già  il 25 aprile il capo dello Stato era intervenuto su un tema che gli sta a cuore. Spiegando che «non bisogna abbandonarsi a una cieca sfiducia nei partiti, come se nessun rinnovamento fosse possibile» e invitando a «non dare fiato a qualche demagogo di turno». Grillo si era sentito chiamato in causa e aveva replicato: «I partiti non sono fondamentali. Sono fondamentali per lui. C’è democrazia anche senza i partiti». Poi non aveva rinunciato all’insulto, definendo Napolitano «una salma». E sparando una frase incendiaria: «Davanti allo scempio dell’Italia di oggi, i partigiani forse riprenderebbero in mano la mitraglia».
Ieri, il capo dello Stato ha prima parlato di un «voto piuttosto circoscritto», che «richiede una riflessione» ai partiti, per poi concludere con la battuta sui Cinque stelle. Grillo ha risposto sul blog, con un post intitolato «Boom Boom Napolitano»: «Sono rimasto a bocca aperta, spalancata, come un’otaria. Ho le mascelle che mi fanno ancora male. Là  dove non hanno osato neppure i Gasparri e i Bersani, ha volato (basso) Napolitano. Il M5S è solo terzo ed è nato solo due anni e mezzo fa e non ha fatto boom. Forse ha fatto bim bum bam? O Sim sala bin?». Poi Grillo ricorda che l’anno prossimo ci saranno le Politiche e «sarà  nominato il successore, così Napolitano potrà  godersi il meritato riposo». Inutile dire che i commenti del blog (753 alle 20.48) sono oltre l’indignazione. Insulti, riferimenti a cataratta e simili. Il capo dello Stato viene definito Morfeo (definizione di Grillo), Zio Tibia, «pietoso», «decrepito», «marcio». Non mancano i «vaffanculo». E «Zeno Borean» scrive: «Questa è gente da eliminare fisicamente». Qualcuno invita a moderare i toni, «attenti, il reato di lesa maestà  esiste ancora». La moderazione dei commenti c’è, ma non filtra.
Se la polemica con i partiti è il motore della strategia di visibilità  di Grillo, sul territorio i suoi candidati procedono con più cautela. Il genovese Paolo Putti si dice frastornato e fiero dei 36 mila voti ottenuti. Sul capo dello Stato spiega che si aspettava «un atteggiamento più equilibrato»: «Mi ha lasciato perplesso. Ci attacca lui, come ci ha attaccato il Cardinale. Mi vengono in mente Jannacci e Fo: sempre allegri dobbiamo stare che il nostro piangere fa male al re e al cardinale. Ora, però, non piangiamo più». Proprio Putti, però, è al centro della prima polemica interna ai 5 Stelle dopo il voto. Ieri Grillo, mentre il suo uomo a Genova era a «Ballarò», ha scritto online: «Se avessimo scelto la tv per affermarci oggi saremmo allo zero qualcosa per cento. Chi va ai talk show sappia che d’ora in poi fa una scelta di campo».
Il movimento (guai a chiamarlo partito, come per la Lega) si è presentato in 101 Comuni su 941, conquistando 200 mila voti, poco meno del 9% dei voti validi. L’Istituto Cattaneo sottolinea i buoni risultati, ma spiega che su base nazionale (il Pdl accredita Grillo del 4,9%) bisogna essere cauti, anche perché al Sud non ha attecchito. I partiti sono in ansia. C’è chi guarda con attenzione al fenomeno, come Nichi Vendola (Sel) e Angelo Bonelli (Verdi). E chi magari vorrebbe, ma si sente respinto. Antonio Di Pietro, che prima non risparmiava critiche, ora dice: «È come se mi chiedessero se voglio sposare la Schiffer. Chiediamo prima alla Schiffer se vuole sposarsi con me». Non dissimile la posizione di Massimo D’Alema: «Collaborare con Grillo? È lui che dice di no. Ma va preso sul serio». Nel Pd, però, ci sono anche critiche; Francesco Boccia, che lo definisce «maestro del nulla».
E se uno scrittore parmense come Paolo Nori attacca sul «Post» il programma sulla cultura dei Cinque Stelle locali, si fa sentire la voce di Andrea Camilleri. Che lo liquida così: «La politica italiana non deve fare i conti con Beppe Grillo. Bisogna che i politici risalgano a bordo, al contrario del comandante Schettino».


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