Hollande e Sarkozy a un soffio l’Eliseo deciso dagli orfani della Le Pen

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Benché esclusa dal finale, Marine Le Pen, leader del Front National, continua a pesare fino all’ultimo sulle elezioni presidenziali che si concludono stasera. Non lei, di persona, ma i suoi sei milioni e mezzo di voti, ottenuti da lei al primo turno. I quali sono adesso come un carico senza più ormeggi, sbatacchiato dalla collera, che può travolgere tutti i pronostici. Quella massa di suffragi rimasti orfani e incerti sulla nuova destinazione potrebbe creare la sorpresa. Vale a dire, tra poche ore, la riconferma di Nicolas Sarkozy alla testa della Quinta Repubblica. 
Il presidente-candidato ovviamente ci conta. E sembra crederci. Non è uno che si dà  per vinto nonostante il vento ostile che soffia nella Francia inquieta per la crisi, ma anche delusa o irritata dalla sua presidenza. Nel palazzo dell’Eliseo parte del personale si prepara a fare le valige. Non lo nasconde. Non crede nella sorpresa. Pensa che il nuovo inquilino sia in arrivo e quindi che il trasloco sia inevitabile. Nella stretta cerchia dei collaboratori invece non ci si arrende. Non si abbassano le armi, non si fanno le valige. 
Tra i fedelissimi l’atmosfera è tesa ma la speranza non si è del tutto spenta. La cavalleria potrebbe arrivare in tempo. Per loro il risultato di stasera dovrebbe aggirarsi su un 50, 3 o su un 50,5 in favore di Sarkozy. Non è un miraggio ma il frutto di calcoli non tanto avventati. Dai quali si ricaverebbe un quoziente a tal punto in bilico da richiedere uno scrutinio minuzioso prima di arrivare a quello definitivo. Più in bilico di quello (50,8 %) che nel 1974 portò Valéry Giscard d’Estaing alla presidenza. Potrebbero non bastare gli exit-poll o le proiezioni. Il conteggio delle schede ritarderebbe in tal caso la proclamazione del vincitore. Venerdì, a Sables-d’Olonne, nella Vandea, parlando nell’ultimo comizio, il presidente-candidato ha detto ai suoi elettori che il risultato finale sarà  deciso da una manciata di voti. L’appello, dettato da una volontà  caparbia, è dunque: alle urne, popolo di destra. 
Da settimane, anzi da mesi, con qualche effimero segno di ripresa del presidente candidato alla propria successione, Franà§ois Hollande, lo sfidante di sinistra, è stato dato vincente dai pronostici basati su indagini d’opinione, che nelle ultime settimane sono state quotidiane. Dunque assillanti. Ma sul passaggio dalla democrazia d’opinione alla democrazia legale, dai consensi virtuali ai voti reali, pesa sempre l’imprevisto. Senza il quale il libero suffragio universale perderebbe valore. E l’imprevedibile in queste ore sono appunto gli elettori di Marine Le Pen al primo turno. Nicolas Sarkozy li ha corteggiati di comizio in comizio e adesso punta su di loro. Dove finiranno? 
L’interrogativo vale anche per i tre milioni di elettori centristi, ottenuti da Franà§ois Bayrou, sempre al primo turno, e adesso orfani. O in libera uscita. In queste ore sono in preda al dubbio. L’abbraccio di Sarkozy agli elettori di estrema destra li ha turbati, ma il discorso di sinistra di Hollande li ha lasciati perplessi. Marine Le Pen e Franà§ois Bayrou non hanno dato consegne. Lei non vuole scegliere e voterà  scheda bianca; lui ha scelto Hollande, senza condividerne il discorso. L’ambiguità  di entrambi lascia senza guinzaglio gli elettori, che del resto non erano di loro proprietà . Per quel che riguarda il Front National erano spesso occasionali. Provvisori. Spinti dalla crisi. Dal domani incerto. E dalla conseguente rabbia contro tutti i supposti colpevoli: dall’immigrato al banchiere, dall’Europa al mondo senza frontiere protettive. Sarkozy calcola che gli incerti, tra lepenisti e centristi, sfiorino i sette milioni. E lui pensa che sia l’esercito della sua salvezza. 
L’incertezza tiene in ansia, per motivi opposti, gli stati maggiori elettorali. Il progressivo assottigliarsi dello scarto tra i due candidati, ridotto a soli due punti stando ai consensi virtuali rilevati nelle ultime ore, dà  ovviamente a Nicolas Sarkozy qualche probabilità  in più di sperare in una sorpresa, vale a dire nella propria rielezione, che sembrava del tutto svanita. Una speranza che Le Monde definisce «folle». L’angoscia inquina invece l’euforia a sinistra, tra gli stretti collaboratori di Franà§ois Hollande, che pensavano di avere già  la vittoria in tasca. Tra di loro c’è chi attribuisce il calo dei consensi all’impegno di far partecipare gli immigrati alle elezioni amministrative. Avrebbe cambiato idea chi, avendo votato per Marine Le Pen, si accingeva a preferire Hollande a Sarkozy. 
I più ottimisti, o avventati, sostenitori del candidato di sinistra avevano già  festeggiato la sua elezione, brindando ai nuovi ministri socialisti. Franà§ois Hollande si è ben guardato dal celebrarla in anticipo. Parlando venerdì sera, nell’ultimo comizio, a Périgueux, in Dordogna, ha invitato a non lasciarsi cullare dall’idea di una vittoria scontata. Dieci anni fa, nel 2002, pensando che sarebbe stato comunque ammesso al ballottaggio, gli elettori di sinistra disertarono le urne al primo turno, e Lionel Jospin, il candidato socialista, fu superato da Jean-Marie Le Pen, il padre di Marine, ed escluso dal finale delle presidenziali. Bisogna lavare quella vergogna ha detto Franà§ois Hollande. Dunque alle urne, popolo di sinistra. 
Drammatizzare il finale è una tattica adottata a destra e a sinistra. A destra si vuole evitare la rassegnazione, facendo credere che la sconfitta non sia scontata, malgrado gli insistenti pronostici l’abbiano annunciata. A sinistra si vuole evitare che prevalga l’idea di una vittoria scontata. Entrambi i candidati combattono l’astensione. E per mobilitare i loro rispettivi elettorati e conquistare gli indecisi nelle ultime due settimane hanno sfoderato argomenti che potrebbero avere effetti contrari a quelli auspicati.
Nel rincorrere gli elettori del Front national, Nicolas Sarkozy ha fatto della «frontiera» il tema centrale del suo discorso. Senza fissare i confini, senza difenderli, ha ripetuto nei comizi, in particolare a Tolosa, «non c’è nazione, non c’è lo Stato, non c’è la République, non c’è civilizzazione. «Tutto – il lavoro, la fiscalità , il mercato, la natura del capitalismo – dipende dalle frontiere. L’Europa deve fissarle, deve difenderle, al fine di filtrare l’immigrazione e proteggere i suoi prodotti. La sua Francia lo imporrà  a Bruxelles e rinegozierà  l’accordo di Schengen se sarà  necessario. 
Il discorso di Sarkozy ha assecondato gli elettori di Marine Le Pen che temono la mondializzazione e detestano l’Unione europea. Ma la brusca svolta a destra, che si è accentuata dopo il primo turno, ha suscitato proteste e perplessità  nel suo stesso campo. Il presidente candidato ha escluso un’intesa col Front National ma ha quasi abbattuto il muro che i partiti democratici avevano eretto attorno al movimento xenofobo. Ha detto che Marine Le Pen è compatibile con la République (in questo caso traducibile con «arco costituzionale», espressione usata quando i neofascisti italiani ne erano esclusi). Poi ha negato di averlo detto, e ha sfumato le sue espressioni, ma non abbastanza per evitare il rigetto di molti elettori moderati. 
Al momento del referendum sulla Costituzione europea, nel 2005, Franà§ois Hollande e Nicolas Sarkozy si trovarono sulle stesse posizioni. Entrambi erano europeisti. Il presidente-candidato ha gettato alle ortiche, forse provvisoriamente, le convinzioni di un tempo. Si è rivolto alla Francia che poteva rieleggerlo e che sette anni fa non l’ascoltò e votò «no» al referendum. Franà§ois Hollande ha invece sventolato la bandiera europea, tenendo con l’altra mano il tricolore, in uno dei grandi comizi parigini. 
Ma si è soprattutto inserito nel dibattito europeo sostenendo la necessità  di affiancare alle misure d’austerità  concrete iniziative tendenti a promuovere la crescita. Si è impegnato ad andare, appena eletto, a Berlino per affrontare il problema con Angela Merkel. Dapprima voleva rinegoziare il Trattato sulla stabilità  (il fiscal compact) preparato da lei, la cancelliera, e da Nicolas Sarkozy. Poi ha trovato una scorciatoia che faciliterà  un compromesso, ossia l’aggiunta di un documento, affiancato a quel trattato. Cosi la campagna elettorale francese ha visto faccia a faccia il candidato della frontiera e il candidato dell’Europa.


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