by Editore | 17 Maggio 2012 7:09
PARIGI – Dovevano essere una quindicina, sono 34 fra ministri e viceministri: il primo governo dell’èra Hollande è nato ieri sera. Guidato da Jean-Marc Ayrault, paritario con diciassette donne, nasce sotto il segno del gran rifiuto di Martine Aubry, che ha respinto tutte le offerte del presidente della Repubblica.
Candidata alle primarie socialiste, ha sperato a lungo di prendere la guida del governo e di fronte alla nomina di Ayrault ha preferito tirarsi indietro: fare il numero due, dopo aver sperato di essere ai vertici, non è nel suo carattere. «Siamo stati d’accordo nel dire che la mia presenza al governo non aveva senso», ha detto. La Aubry sembra intenzionata a rinunciare entro l’autunno alla segreteria del partito e a ritirarsi a Lilla, città di cui è sindaco. Il che non le impedirà di pesare sulla vita politica nazionale, come già succede, a destra, per il sindaco di Bordeaux, Alain Juppé.
Il neonato governo tiene conto di tutto: le amicizie del presidente, gli equilibri a sinistra, il peso dei leader, la diversità . È composto da un pugno di politici navigati e da una stragrande maggioranza di uomini e donne alle prime armi. La prima misura, annunciata da Ayrault, sarà la riduzione del 30% degli stipendi dei ministri, una carta deontologica sui conflitti d’interesse e il cumulo dei mandati elettivi, il ripristino della pensione a 60 anni per chi ha cominciato a lavorare a 18. Il decano dell’esecutivo e il primo nella lista dopo Ayrault è Laurent Fabius, nel lontano ’84 più giovane primo ministro francese, ma la lista dei suoi incarichi governativi, istituzionali e di partito è lunghissima. Arriva agli Esteri malgrado sia stato, nel 2005, il leader del no alla Costituzione europea. Ma Fabius, nonostante i suoi pessimi rapporti con Hollande, che ha sempre considerato con disprezzo, è stato leale in campagna e ha chiesto il quai d’Orsay: rifiutarglielo era praticamente impossibile. L’altro uomo chiave del governo sarà Pierre Moscovici, che assume il delicato portafoglio dell’Economia e delle Finanze: ha diretto la campagna elettorale, è un uomo di esperienza, è profondamente europeista, quindi sensibile alla necessità di trovare un compromesso tra riduzione dei deficit e politica di crescita.
Il numero due sulla lista è però Vincent Peillon, titolare dell’Istruzione nazionale: una posizione protocollare che sottolinea la volontà di concentrare gli sforzi sulla preparazione dei giovani, che si tradurrà , tra l’altro, con l’assunzione di 60 mila insegnanti in cinque anni. Tra i ministri di primo piano vanno citati l’emergente Manuel Valls agli Interni, l’inattesa Christiane Taubira alla Giustizia e Jean-Yves Le Drian alla Difesa. Sul fronte economico-sociale avranno un ruolo di primo piano Marisol Touraine (Affari sociali), Michel Sapin (Lavoro), Arnaud Montebourg (Riassetto produttivo).
I volti nuovi sono molti, soprattutto quelli femminili. Tra loro spicca Aurélie Filippetti, nipote di minatori italiani, deputata e romanziera: a 39 anni diventa ministro della Cultura e della Comunicazione, uno dei dicasteri più prestigiosi, ma anche dei più difficili, soprattutto in un’epoca dominata dalla rivoluzione digitale. Altre due donne emerse nella campagna di Franà§ois Hollande arrivano nell’esecutivo: Najat Vallaud-Belkacem, di origini marocchine, 34 anni, assume il rinato ministero dei Diritti delle donne e soprattutto diventa portavoce del governo, mentre Delphine Batho, 39 anni, è vice-ministro della Giustizia. Tra le sorprese un’altra donna, la cineasta franco-algerina Yamina Benguigui, vice-ministro per la Francofonia. E da notare anche la presenza dell’ecologista Cécile Duflot, 37 anni, e del brillante Benoit Hamon, leader della sinistra socialista, che fuori dal governo avrebbe potuto essere uno scomodo critico. L’appuntamento per tutti è fissato oggi alle 15 per il primo consiglio dei ministri.
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