Gli investitori esteri tradiscono Roma in un anno via titoli per 290 miliardi
Italia e Spagna addio. L’Europa traballa, gli spread viaggiano nella stratosfera e i grandi investitori internazionali – da un anno a questa parte – hanno fatto le valigie e venduto a piene mani i titoli di Stato di Roma e Madrid. La grande fuga è fotografata impietosamente dai numeri: fondi e banche estere hanno liquidato da maggio 2011 ad oggi 300 miliardi di euro tra Bot e Btp. Dodici mesi fa ne avevano in portafoglio più di 800 miliardi, il 50% del debito pubblico tricolore. Oggi – secondo l’agenzia di rating Fitch – i loro investimenti si sono ridotti a 510 miliardi circa, scendendo al 32%. «C’è volatilità , ma non abbiamo percezione di questo fenomeno», ha detto il vice-ministro all’economia Vittorio Grilli. Solo a dicembre però sono scappati dal Belpaese ben 24 miliardi. «E tra gennaio e febbraio di quest’anno – conferma Banca d’Italia – i non residenti hanno continuato a effettuare disinvestimenti netti di titoli a medio e lungo termine».
Il copione è andato in scena in fotocopia in Spagna, nostra compagna di sventura in questa durissima stagione della crisi dei debiti sovrani: nel 2008 – al culmine del boom immobiliare iberico – il 60% dell’esposizione di Madrid era in tasca agli stranieri. Oggi sono quasi spariti: la percentuale si è ridotta al 34% e anche da queste parti l’emorragia è accelerata nelle ultime settimane. La corsa dei tassi non è bastata a invertire la tendenza. Il decennale tricolore offriva ieri un rendimento annuale del 5,66%, quello spagnolo viaggiava ben oltre quota 6%. Ma nemmeno questi super-rendimenti sono sufficienti a invertire la tendenza.
Nessuno vuole rimanere con il cerino in mano in caso di implosione dell’euro e tutti, stranieri in testa, fanno la coda per mettersi in tasca l’ultima certezza d’Europa: i Bund tedeschi. Berlino ha collocato ieri 4,5 miliardi di titoli a due anni. E appena aperta l’asta, è scattato l’assalto all’arma bianca: in pochi minuti i bond targati Merkel sono stati esauriti a un rendimento da brividi: 0,07%, molto meno dell’inflazione. «Segno che c’è gente che preferisce perdere denaro in termini reali piuttosto che scommettere su Italia e Spagna», racconta uno dei trader più esperti sul mercato obbligazionario.
A Roma – come nella sede della Bce – il campanello d’allarme è già scattato da qualche tempo. Il Tesoro deve convincere il mercato a comprare altri 200 miliardi circa di Bot e Btp entro fine anno per rifinanziare il nostro debito. E senza mani forti dall’estero («alle ultime aste si parlava solo italiano», scherza il trader) l’operazione non è semplicissima. A sostituire gli investitori stranieri, nel primo trimestre del 2012, sono state le banche tricolori grazie alla maxi iniezione di liquidità all’1% garantita al sistema creditizio dalla Bce. I grandi istituti di casa nostra hanno prelevato dal bancomat di Eurotower 248 miliardi nell’ambito delle due operazioni di rifinanziamento del sistema varata da Mario Draghi. E una bella fetta di questo tesoretto (76 miliardi) sono stati utilizzati tra dicembre e marzo per sottoscrivere titoli di Stato. Lo stesso è successo in Spagna dove le banche iberiche hanno aumentato di 96 miliardi il peso dei Bonos nel loro portafoglio.
Il problema è che i rubinetti del denaro low-cost garantito da Francoforte non potranno rimanere aperti a lungo. E che al momento non c’è alcun segno di un ritorno di fiamma dall’estero per i nostri Btp. La notizia che Goldman Sachs aveva spostato sul debito pubblico tricolore 2,3 miliardi di euro ha infiammato i mercati solo per poche ore. La banca d’affari, allo stato, sembra più un’eccezione che la regola. E i capitali esteri, quei pochi che arrivano, si concentrano più sulle scadenze brevi per limitare al massimo i rischi. Tanto che il Tesoro ha privilegiato in questo primo scorcio di 2012 le emissioni di Bot, accorciando la vita media del debito pubblico italiano di cinque mesi, a sei anni e nove mesi.
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