Gli indignados riaprono Puerta del sol

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Sembra ieri, ma è passato già  un anno. Nel frattempo sono cambiati, più o meno democraticamente, i governi in Spagna, Italia, Francia, Grecia, Portogallo. È caduto il conservatore governo olandese e persino in Belgio c’è un governo nel pieno delle sue funzioni. L’Eta si è arresa dopo più di 30 anni di attentati. In Spagna sono state varate tre leggi di bilancio, due riforme finanziarie, una riforma del lavoro «medievale» e sono stati tagliati decine di miliardi in sanità , educazione, ricerca scientifica. 
Secondo i promotori del movimento 15-M che ha ispirato mezza Europa e che si è distinto per il suo metodo partecipativo, efficace e soprattutto pacifico – anche se a Barcellona sono stati sgomberati dalla polizia in maniera violenta – le ragioni per scendere in strada oggi continuano a essere forti.
«Uno degli insegnamenti del 15-M è stato quello di cominciare a pensare di più a quello che abbiamo in comune che a quello che ci separa, non dimentichiamocene», scrive il giovane deputato di Izquierda Unida Alberto Garzà³n sulla sua pagina di facebook, pensando forse alla Grecia, dove la sinistra con la maggioranza dei voti non troverà  un accordo per governare. La mobilitazione degli indignados ha reinventato la protesta e ha saputo canalizzare la frustrazione sociale che in Spagna sta montando. 
Giocando con l’assonanza, il quotidiano Pàºblico, che continua a pubblicare online nonostante la chiusura con uno zelo alla manifesto, ha raccolto 15-Motivi per continuare a protestare. Fra i punti troviamo l’educazione, falcidiata dai tagli del ministro Wert per più di un quarto del suo budget, con classi che potranno arrivare a 35 alunni, tasse universitarie alle stelle e tagli alle borse di studio; la sanità , dove per la prima volta si chiede ai pensionati di pagare parte delle medicine e il taglio dei fondi è stato quasi del 10%; gli immigrati, i nuovi paria, che secondo il governo abusano del sistema sanitario e che dall’autunno se non lavorano non potranno accedere al sistema di salute pubblica, il tutto mentre gli aiuti allo sviluppo si riducono di ben due terzi; le leggi sull’ordine pubblico che il governo sta preparando per criminalizzare i manifestanti, in cui si punirà  persino la resistenza passiva e la convocazione online di manifestazioni; la riforma del lavoro che toglie diritti ai lavoratori e rende facile e conveniente licenziare, in un paese con 5 milioni di disoccupati (24%, un record) e dove il 50% dei giovani sotto i 25 anni sono senza lavoro; i salari, che, come non si stancano di sottolineare gli economisti critici, non fanno che diminuire in valore assoluto da più di un decennio e che spingono il paese alla recessione, il tutto mentre aumentano trasporti, luce, gas, e dal 2013 l’Iva (il secondo aumento in 2 anni); l’amnistia fiscale, varata poche settimane fa, che come succede in Italia da sempre, premia i grandi evasori e castiga duramente tutti gli altri; le «iniezioni» di denaro pubblico alle banche (di questa settimana la notizia di Bankia, che il governo ha parzialmente nazionalizzato per coprire gli «attivi tossici» immobiliari nascosti).
Dopo essere stato sgombrato dalle piazze, il 15-M scomparve dai media, ma come fanno notare molti attivisti nelle interviste che sono uscite in questi giorni per l’anniversario, è stato meglio così: «le assemblee moltitudinarie non erano operative, mentre ora siamo pochi e con molta voglia di fare», raccontano all’ABC. Quest’anno il 15-M ha lavorato lontano dal clamore, bloccando migliaia di sfratti e intervenendo sul disagio sociale locale in tutta la Spagna. I gruppi hanno continuato a mantenersi in contatto attraverso le pagine di facebook e la rete (a proposito, l’hashtag per twitter oggi è #12M15M). 
Anche il mondo politico non ha potuto ignorarli. Nel dibattito sono entrate parole come «dacià³n en pago», la possibilità  per chi ha un mutuo di estinguerlo restituendo la casa, cosa che la legge spagnola non prevede. Persino il governo Rajoy ha proposto per la prima volta una legge sulla trasparenza amministrativa. 
Sulla pagina tomalaplaza.net questa settimana sono state pubblicate le 14.600 proposte raccolte l’anno scorso nella Plaza del Sol durante i giorni dell’accampamento, su politica (33%), economia (22%), ambiente (15%). Fra le più gettonate la riforma della legge elettorale, che in Spagna è particolarmente iniqua soprattutto verso la sinistra, e che da sempre prevede solo liste chiuse; il miglioramento delle condizioni di lavoro, la riforma del sistema finanziario, l’uso delle energie rinnovabili (campo in cui fino a 3 anni fa la Spagna era leader in Europa assieme alla Germania), l’introduzione di referendum (non previsti dalla costituzione) e persino l’eliminazione della monarchia. 
Oggi vedremo se il movimento è ancora forte. Il governo ha accordato un’occupazione di sole 96 ore fra oggi e martedì della emblematica Plaza del Sol a Madrid, mentre a Barcellona gli indignati promettono di mantenere ininterrottamente l’occupazione di Plaà§a Catalunya fino a martedì. 
Nel vuoto è caduta la richiesta degli avvocati del 15-M che gli agenti di polizia rispettino la legge e siano identificabili da un numero. A ogni buon conto, online si trova un «manuale pratico per manifestare la tua indignazione il 12 maggio» pieno di consigli (pacifici) per affrontare l’eventuale (e indesiderato) intervento della polizia.


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