Genova, sei persone nel commando anarchici sul web: è ora di attaccare
GENOVA – Sarebbe stato un commando di sei persone a partecipare all’attentato contro Roberto Adinolfi, l’ad di Ansaldo Nucleare gambizzato lunedì scorso. Gli investigatori hanno ricostruito nei dettagli mosse e percorso della coppia di sconosciuti che dopo aver sparato al manager si è allontanata in sella ad uno scooter nero, poi abbandonato in via Orti Sauli, nel pieno centro del capoluogo ligure. È stato un agguato studiato nei minimi particolari, preparato da mesi. Secondo gli inquirenti, i due contavano su almeno quattro complici: distribuiti da un capo all’altro di via Montello e nelle strade vicine, pronti a segnalare eventuali pericoli ed intralci lungo la via di fuga. Ci sono buone ragioni per credere che il gruppo abbia utilizzato delle ricetrasmittenti per comunicare: l’esame delle celle telefoniche avrebbe dato risultati sconfortanti, per cui non è azzardato ipotizzare l’uso di walkie-talkie da parte degli anarchici. La cui identificazione è un rompicapo che si complica con il passare dei giorni, ammettono in procura. Dal Ris di Parma sono arrivati risultati negativi anche riguardo alle impronte rilevate sul motorino: troppo poche per riuscire ad evidenziare un qualche profilo, dicono i militari. «I tecnici stanno analizzando decine di filmati registrati la mattina di lunedì. È una corsa contro il tempo», taglia corto il pm Silvio Franz, che ha trascorso anche la giornata di domenica nel suo ufficio a confrontare gli ultimi accertamenti di Digos e Ros. Quelle riprese – in particolare nei pressi della stazione di Brignole, dove gli anarchici avrebbero imbucato la rivendicazione prima di salire su di un treno – sono il filo sottile cui s’aggrappano gli investigatori, nella speranza di riconoscere una sagoma, di dare il nome ad un volto tra la folla. Non sarà facile. «Bisogna rivedere i fotogrammi anche quattro o cinque volte, prima di individuare un particolare», spiega uno di loro.
Dopo la rivendicazione della Fai/Fri, con le minacce di sette nuovi attentati, sul web è un diluvio di appelli degli anarchici informali detenuti nelle carceri greche, spagnole e serbe. «Attaccare» è la parola d’ordine. Agli obiettivi indicati dal “nucleo Olga” ne vengono aggiunti altri, contenuti in una speciale tabella rintracciabile on line. Nel documento “La fine delle illusioni”, il gruppo francese degli “Ammutinati della prigione sociale” scrive: «L’assalto ai commissariati non fa forse parte della festa?». Da una prigione serba, con un documento di solidarietà alle Cellule di fuoco si indica il prossimo bersaglio: «Le banche e i ministeri sono i nemici».
Il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri ha ipotizzato l’uso dell’Esercito per proteggere “obiettivi sensibili” come Finmeccanica, finita nel mirino dell’eversione. «Ho dei dubbi». Per Sabina Rossa, figlia di Guido Rossa, il sindacalista ucciso dalle Br nel ‘79, non è la scelta giusta. «L’abbiamo già visto. Occorre vigilare, con il sindacato che deve essere sempre più presente, dobbiamo alzare il livello di guardia. Ma la repressione non è sufficiente».
Genova si mobilita per dire «no» al terrorismo. Stamani si fermano due ore tutti i dipendenti liguri del gruppo Finmeccanica. Giovedì tutta la città si ritroverà in piazza De Ferrari, cuore del capoluogo ligure: lavoratori, industriali, istituzioni, scuola. Soprattutto i giovani, che hanno cominciato a lanciare l’appello via Facebook per la più grande manifestazione di condanna del terrorismo degli ultimi quarant’anni.
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