Flame, il virus che ruba dati Israele non dice ma ammette
L’Iran è stato il primo paese a dichiarare di essere stato colpito: il più massiccio attacco dopo quello subìto due anni fa con il virus Stuxnet, ha detto il capo dell’ente iraniano che dirige la sicurezza informatica. La denuncia iraniana ha mobilitato le Nazioni unite, che hanno chiesto un’analisi al Kaspersky Lab, uno dei maggiori centri di ricerca sulla sicurezza informatica (russo): e martedì Kaspersky ha confermato l’esistenza del virus Flame. Ora l’Unione mondiale per le telecomunicazioni (l’agenzia dell’Onu per la sicurezza informatica) ha diffuso una nota ufficiale ai governi per metterli in guardia dal rischio rappresentato da Flame, che definisce l’allarme più grave mai segnalato.
Il virus Flame non danneggia né blocca i computer infettati, ma li «spia»: è capace di copiare files, o se il computer ha un microfono è in grado di registrare conversazioni, e poi inviare i dati attraverso diversi server alla sua fonte. Secondo Kaspersky è un programma «la cui complessità e funzionalità supera tutte le altre minacce cibernetiche finora note».
Kamran Napelian, capo dell’ente iraniano di sicurezza informatica, ha detto che i computer di numerosi alti funzionari dell’establishment iraniano sono stati infettati da Flame, e che il virus è probabilmente attivo da sei mesi. Ha spiegato che Flame viene distribuito non attraverso internet, come avviene per altri virus, ma tramire una penna USB: dunque bisogna che sia inserito manualmente almeni in un computer di una rete. Il nuovo attacco, dice, è potenzialmente più pericoloso di quello subìto con Stuxnet, che pure aveva creato seri ostacoli all’Iran e rallentato per qualche mese il programma di arricchimento dell’uranio.
Il capo dell’Unione internazionale per le telecomunicazioni, Marco Obiso, ha dichiarato che il virus Flame, «il più potente strumento di spionaggio mai inventato», è stato probabilmente costruito per conto di uno stato. Secondo Napelian, le caratteristiche del virus portano «l’impronta» di Israele («purtroppo, gli israeliani hano ottime capacità nelle IT», le tecnologie dell’informazione, ha detto il dirigente iraniano).
Israele non smentisce. Non conferma, certo, ma come già in altre occasioni i dirigenti del governo israeliano lasciano intendere che qualcosa c’entrano. il vicepremier Moshe Yalon martedì ha dichiarato che «armi informatiche» come Flame sono uno strumento «ragionevole» per chi voglia «fermare la minaccia di un Iran con armi nucleari». Ha aggiunto che Israele è una nazione «tecnologicamente ricca» i cui strumenti sono «aperti a ogni tipo di opportunità ». Lo stesso premier Benyamin Netanyahu, senza nominare direttamente Flame, martedì sera ha vantato le «capacità cibernetiche» di Israele e detto che lo stato ebraico sta investendo «parecchi soldi in questo, capitali finanziari e umani».
L’Iran ha dichiarato di aver sviluppato un programma anti-virus mirato a Flame – cosa che le aziende internazionali del settore devono ancora fare.
Flame è almeno il quarto attacco informatico lanciato contro l’Iran negli ultimi due anni (si pensi che in aprile Tehran aveva dovuto disconnettere da internet i suoi terminal petroliferi dopo che un ciber-attacco aveva cominciato a cancellare gli hard disk del ministero del petrolio). In parallelo, una serie di assassini di scienziati e misteriose esplosioni in siti militari iraniani fano pensare che la guerra all’Iran sia già cominciata – una guerra coperta.
Related Articles
EGITTO, IL FUTURO IN GIOCO
Nelle strade che meno di due anni fa videro milioni di egiziani ribellarsi e costringere alla resa il presidente Hosni Mubarak, rimasto per trent’anni al potere, si combatte ora una battaglia decisiva per fermare un altro presidente con ambizioni da «faraone», l’islamista Mohammed Morsi. In gioco c’è molto di più della revoca dei poteri straordinari che il capo dello stato si è attribuito.
Repubblica Islamica. L’attacco mirato di Trump all’«ayatollah economy»
L’economia controllata da una parte dei governanti rappresenta la spina dorsale del potere
Obama: “Fare il padre il mio mestiere più duro” Caccia al voto delle famiglie
Il presidente: “Alleno la squadra di basket di Sasha”. “Sono cresciuto senza un papà Come sarebbe stata la mia vita se fosse stato presente?”. “Autodisciplina e responsabilità . Io e Michelle ci teniamo che le nostre figlie finiscano i compiti”