Femminicidio, Italia, 2012 la spoon river della crisi

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Femminicidio (o, peggio, “femmicidio”) non è una bella parola: ma il fatto è infame, e del suo orrore fa parte la rinuncia antica a dargli un nome proprio. Le donne ammazzate perché sono donne, e gli uomini che ammazzano donne, sono altra cosa dal nome generico, e che vuole apparire neutro, di omicidio.
E l’altra cosa non è un’attenuante, ma un’aggravante: non un incidente dell’amore, ma il suo rovescio e la sua profanazione. E anche il suo svelamento, quando amore sia il possesso e la rapina dell’altra persona. Le cifre opposte sono così irrisorie da rendere superfluo il nuovo conio di maschicidio. Uccidere donne – o la “propria” donna – non è un’attenuante, come nel codice fino a ieri, ma un’aggravante.
Si può obiettare che il “femminicidio” destini all’astrazione o all’ideologia le tragedie singolari in cui uomini forzano e uccidono donne (cinquantacinque ammazzate nel 2012, in quattro mesi; furono 137 nel 2011, ndr). 
Ma a guardarle bene, a riconoscere ogni singola storia, si scopre chi fossero le donne che ne sono state vittime, e ci si accorge che gli autori uomini, i più diversi per età , condizione sociale, provenienza di luogo, in quel punto finiscono per assomigliarsi in un modo umiliante.
Le storie che qui leggete mostrano com’erano diverse e libere le donne cui è stata tolta la vita, come si sono assomigliati gli uomini che gliel’hanno tolta.

Antonella, 21 anni

L’amore col tempo si trasforma, persino nel suo opposto. Ma davvero possono bastare due mesi perché marcisca fino a farsi ossessione mortale? Sessanta giorni nei quali Antonio, diciotto anni, dopo aver conosciuto Antonella, 21 anni, l’ha amata odiata amata e infine uccisa. Nei quali è stato se stesso e un altro, Rusty light, lo pseudonimo col quale le mandava messaggi di minaccia, tanto da convincerla ad andare alla polizia per denunciarlo. Ma denunciare chi? Un fantasma, uno sconosciuto che la perseguitava dal buio virtuale di facebook. Da quel capolavoro di irresponsabilità , luogo di assenza dove tutto è vero e non vero nello stesso momento. Lo stesso dal quale Antonio, dopo averla picchiata e poi strangolata e poi sgozzata con un coltello che si era portato da casa, ha continuato a farsi vivo, indicando false piste. Due mesi sono niente, o un’eternità , se la vita non scorre ma si avvita su stessa, “se la parola amore”, come scrive Mariangela Gualtieri, “è uno straccio lurido”. (Elena Stancanelli)

Gabriella, 49 anni

Venerdì pomeriggio, quasi sera, a Napoli. Una coppia di coniugi cinquantenni viaggia a bordo di una vecchia Seat Ibiza, discute di soldi, sulla bretella di raccordo tra il Vomero e Pianura, a poca distanza da casa. I cartelli indicano autostrade e tangenziale, come se quel luogo possa essere ovunque. Altri cartelli suggeriscono mobilifici, negozi che acquistano oro e argento. È una zona di svincoli e sottopassi intermittenti, al tramonto fa buio prima che altrove. Quando c’è il sole e si passa da un tratto in piena luce a lì, bisogna modulare le palpebre, per abituarsi. L’uomo, un vigile urbano, si accosta al margine destro della strada, estrae la pistola d’ordinanza e uccide la donna sparandole in testa. Poi si spara alla tempia. I colleghi trovano i corpi nell’auto, ignorano il movente, applicano le procedure, come avrebbe fatto lui. Più tardi, rimossi i corpi, il carroattrezzi carica l’utilitaria, attraversa l’area illuminandola con le luci gialle. (Giorgio Falco)

Grazyna, 46 anni

Quante ce ne sono di donne dell’est che vengono in Italia a fare le infermiere? Grazyna è una di loro. Lavora all’ospedale, in psichiatria – lavora coi matti, è brava. 
È polacca, ma ormai è anche italiana, perché si è sposata con Maurizio e ha fatto una figlia, Milena. 
Quante ce ne sono di donne che vedono impazzire il proprio marito giorno dopo giorno, e che continuano a stargli vicino? Grazyna è una di loro. 
È esperta, si rende conto che Maurizio non sta bene, ma non se la sente di informare l’azienda sanitaria nella quale lavora. 
Finché un giorno lui la picchia selvaggiamente con un bastone, viene ricoverato per un TSO nel reparto dove lei lavora, e poi viene rimandato a casa. 
Quante ce ne sono di donne che vengono ammazzate dal marito nella propria camera da letto, la figlia in cucina che chiede aiuto, i vicini che chiamano la polizia? Grazyna è una di loro. (Sandro Veronesi) 

Francesca, 45 anni

Qualche notte prima di essere uccisa, alle tre del mattino Francesca se l’era trovato ai piedi del letto, come un vampiro. Perché Mario, il suo ex marito, aveva ancora le chiavi di casa? «Se cambiavo la serratura mi avrebbe uccisa». Francesca era una maestra di 45 anni: una vita normale. Ma da mesi aveva paura. Mario beveva, la pedinava. “O mia o di nessun altro”, diceva (non “con me”, ma “mia”). Francesca aveva ottenuto a fatica la separazione consensuale. Era arrivata a stipulare una polizza sulla vita. Eppure, esitava a denunciare. Non voleva mandare Mario in galera. Perché no? Troppi timori o non abbastanza? Per i loro tre figli? Oppure, vedeva nel suo persecutore anche un bambino terribile da proteggere? (Perché tante conservano compassione per il vampiro, per Barbablù). Intanto, Mario si procurava una Beretta semiautomatica. E il 4 marzo, a Brescia, ha preso la sua pistola e ha ammazzato Francesca, Vito (il nuovo compagno), la figlia di primo letto Chiara (il frutto vivente di un altro amore: da distruggere) e il fidanzato di lei. (Benedetta Tobagi) 

Domenica, 24 anni

C’è una macchina blu, sul lato destro della strada. Ha le freccette accese. Lei pensava di accostare solo per un istante. 6.30 del mattino. Lei attacca presto. A soli 24 anni l’azienda dei trasporti le ha affidato lo scuolabus rosso. Lo chiamano Happy Bus. Domenica Menna di Parma, detta Mimì. Ma c’è una macchina davanti alla sua, sul lato destro della strada. Lui indossa ancora la divisa da vigilante. L’ha seguita, sorpassata, costretta a fermarsi. La macchina blu ha il finestrino abbassato. Le donne ascoltano. La portiera è aperta. Un lenzuolo sull’asfalto copre il corpo di lui. C’è una ragazza bruna riversa sul volante, la cintura di sicurezza ancora allacciata. Non l’ha protetta dall’uomo che aveva frequentato 4 anni e che aveva appena lasciato. 4 colpi a bruciapelo – e l’ultimo per sé. C’è un proiettile vagante. Ha attraversato il corpo di lui, schiantato una finestra, e si è conficcato nel muro di un salotto. Quel foro è per svegliare noi, lettore. Potrebbe essere il nostro salotto. Questo capita mentre dormiamo. Ricordati di Mimì, uccisa perché voleva tenere il volante della sua vita. (Melania Mazzucco)

Gabriella, 51 anni

Del tradire. A Mozzecane, in terra di Verona, c’è una casa accudita e garbata. A Leopardi la via è dedicata, e sa di poesia. E’ il 4 marzo ed è domenica, la festa è santa e in chiesa sono stati, Giovanni Lucchese e Gabriella Falzoni, e anche il figlio ormai già  grande. Stanno bene, come oggi si dice, e amano viaggiare. In Kenya, appena ieri.
Questo giorno si son parlati. A voce troppo alta, li hanno sentiti. Faida di parole, e non si son creduti. Lui ha paura così si dice, e sembra naturale. Di essere tradito. Perduto nel sospetto, ha frugato il suo telefono. E tradito, lui di certo, l’intimità  di lei. C’erano parole, lui dice, forse senza storie, come oggi capita, perché la distanza rende audaci. O forse è proprio nulla. Ma non è questo. E’ che lui la uccide, con un foulard di lei. Cosa di donna. Ancora tradita, lei di certo. E’ la numero trentasei. Poi la ricompone. E va in prigione.
Capita di passare e anche di inciampare. Ma uccidere può capitare? Dura tanto far finire la vita. Quattro giorni e c’è un’altra festa. Della donna, dicono, ma non per lei. Né per noi. (Mariapia Veladiano)

Rosanna Lisa, 37 anni

A lui la pistola gliel’aveva data lo Stato italiano: Rinaldo D’Alba era appuntato dei carabinieri, e con moglie e figlie vivevano in una caserma di Palermo. 
Lei si chiamava Rosanna Lisa Siciliano e aveva trentasette anni. Il marito la pestava a sangue, già  era capitato che il comandante della caserma dove vivevano l’avesse notata, tutta gonfia, piena di ematomi, e non avesse detto nulla, né fatto nulla per impedire che accadesse ancora. Rosanna Lisa aveva anche denunciato il marito ai suoi superiori, tre volte: suo fratello dice che il fatto di stare in una caserma le dava un senso di protezione. Ma la caserma è un posto da uomini: le divise sporche si lavano in famiglia. 
Le bambine avevano cinque e dodici anni e dormivano nella stanza accanto, quando il sette febbraio di quest’anno lui è entrato in camera da letto e ha sparato alla moglie un colpo al petto. Poi si è ucciso, lasciandole sole. (Valeria Parrella)

Tiziana, 40 anni

Tiziana Olivieri aveva 40 anni quando è morta e il suo convivente e assassino ne aveva 26. Se fosse stata un’attrice famosa, nelle pagine delle riviste di gossip quel convivente tanto più giovane sarebbe stato definito toy boy. 
Ma Tiziana faceva i turni in fabbrica e quel giovane camionista era tutto fuorché un giocattolo per lei: due anni prima aveva creduto alle sue promesse d’amore e c’era andata a vivere insieme. Era arrivato anche un figlio, l’ultima scintilla di una fertilità  matura, ma la vita comune si era rivelata più difficile del sogno, come capita a tanti. 
Lui l’ha uccisa in cucina dopo una lite, strangolandola mentre il bambino dormiva. Ha dato fuoco alla casa per simulare un incendio e con i carabinieri ha finto freddamente di non essere riuscito a salvarla. Confesserà  tutto e poi dirà  che non voleva, perché nel femminicidio l’assassino non è mai l’uomo: è la sua passione. (Michela Murgia)

Antonia, 43 anni

Che cos’aveva in tasca Carmine Buono, 55 anni, quando è arrivato all’appuntamento con lei? Ci vediamo in via Turati, ti devo parlare del bambino. Va bene, arrivo. 
Antonia Bianco, 43 anni, tre figli, l’ultimo di 5. Aveva paura. Se proprio devi incontrarlo, mamma, meglio per strada e di giorno – le aveva detto il figlio maggiore. Lui alza subito le mani. Uno schiaffo, un pugno. Ma cos’era quel bagliore di un attimo? Antonia chiama il 113, “aiuto, mi picchia di nuovo”, poi scivola, si piega sulle ginocchia, muore. 
Lui se ne va. Infarto, dice il referto di morte. Un medico annota, però: foro all’altezza dell’ascella sinistra. “Più piccolo di una moneta da due centesimi”. 
Autopsia. Ecco, infatti: un “oggetto lungo e appuntito” le ha spaccato il cuore. Cosa nascondeva in tasca Carmine Buono? Un punteruolo da macellaio, forse. Un luccichio, un niente. Come una moneta da due centesimi che rotola sul marciapiede. (Concita De Gregorio)

Vanessa, 20 anni

Sud. Vanessa Scialfa era una ragazzina e conviveva con il suo compagno, Francesco Lo Presti, 34 anni, 14 più di lei. Due gesti coraggiosi, al sud. Convivenza senza matrimonio, con un uomo molto più grande. Vanessa il 24 aprile viene strangolata con il cavo di un lettore dvd e asfissiata con un fazzoletto imbevuto di candeggina. Vanessa viene avvolta in un lenzuolo e gettata da un cavalcavia, in una scarpata. Vanessa sorrideva nelle foto che il papà  ha messo su facebook per cercarla, quando ha scritto “fate in fretta non abbiamo tanto tempo”. Vanessa aveva pronunciato il nome del suo ex, in un momento di intimità .
Vanessa è stata uccisa da un uomo, Francesco, che ha detto di averlo fatto per gelosia e sotto effetto di cocaina. Per gelosia, ha detto, come dicono in tanti. Ma “la gelosia” non è la causa. La causa è il modo di stare al mondo di questi uomini. Considerano la donna un territorio da possedere, da occupare, e infine, da bonificare. Nessuno di questi tre verbi ha a che fare con l’amore. (Roberto Saviano)


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