Fecondazione low cost, bebé malato “Vendiamo un rene per curarlo”

by Editore | 6 Maggio 2012 3:47

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ROMA – «Ho scritto al presidente Napolitano sperando capisca il nostro dolore, il dramma di tanti aspiranti genitori trattati come cittadini di serie Z. E forse si darà  da fare perché la fecondazione eterologa sia permessa anche in Italia. Se cosi fosse stato, noi non saremmo finiti all’estero in mani sbagliate e forse ora non saremmo qui, disperati, pronti a venderci un rene per un figlio malato».
Silvia parla tutta d’un fiato. Un misto di rabbia, ansia e preoccupazione attraversa la sua odissea di aspirante madre in trasferta in giro per l’Europa in centri dove «ci siamo sentiti trattati come carne da macello, macchine stampa soldi, un vero e proprio portafoglio vivente». È scossa dallo sdegno per quello che ha passato: otto embrioni sequestrati nella clinica di Cipro, chiusa per irregolarità , e gli esami genetici garantiti e mai consegnati a Creta dove è stato concepito il suo bambino pagando ben seimila euro. Dove è stato usato un ovulo non geneticamente controllato per cui ora il suo piccolo ha la neurofibromatosi, malattia genetica rara e mortale.
La sua lettera arriva a due settimane dalla seduta in cui la Consulta dovrà  decidere sull’incostituzionalità  del divieto all’eterologa, ma lei comunque ha già  deciso: «Vendo un rene perché mio figlio possa avere un esistenza dignitosa. Io e mio marito abbiamo perso il lavoro e speso tutto per riuscire a fare nascere il nostro piccolo, girando per l’Europa, e poi per curarlo con viaggi continui a 600 chilometri da casa dove si trova l’ospedale adatto».
«Cittadini di serie Z», ecco come si sentono. Costretti a emigrare all’estero per diventare genitori visto che qui non avrebbero potuto avere una “ovodonazione”, vietata dalla legge. E in queste peregrinazioni continue sono finiti nelle mani sbagliate, «in cliniche non professionali che non hanno fatto i controlli, esami genetici promessi e garantiti scomparsi nel nulla. Così Andrea è nato malato, e noi siamo piombati in un girone infernale».
Un lungo viaggio oltre confine, pratica comune ai tanti che come loro ogni anno prendono la via dell’estero per una fecondazione eterologa, ancora vietata da noi dopo che a furia di sentenze molti paletti della legge 40 sono stati smantellati, e sulla cui costituzionalità  la Consulta si esprimerà  il 22 maggio dopo la presentazione di vari ricorsi. Sono oltre 2.700, dicono gli ultimi dati raccolti dall’Osservatorio del turismo procreativo del professor Andrea Borini, le coppie italiane che ogni anno vanno dalla Spagna all’Ucraina, dalla Grecia al Belgio a Cipro. Pronte a spendere dai 2.000 euro dei Paesi dell’est ai 4.000-6.000 della Spagna per ogni ciclo con donazione di gameti. Storie diverse, percorsi difficili col rischio di finire nelle mani di medici senza scrupoli, nel giro delle cliniche low cost all’est ma soprattutto low safety, dai pochi controlli, denunciano gli esperti E così scritto da Borini assieme al professor Carlo Flamigni, la prossima settimana uscirà  il libro Fecondazione eSterologa, (edito da Asino d’oro), una sorta di vademecum per non perdersi tra i mille centri oltre confine. 
«Non sappiamo più dove sbattere la testa. Se solo la legge 40 non ci avesse discriminato, se solo avessimo potuto tentare di avere un figlio nel nostro Paese con i dovuti controlli come le altre coppie», ha scritto Silvia a Napolitano. Nel frattempo l’avvocato Filomena Gallo, presidente dell’Associazione Coscioni, ha avviato una procedura legale per ricevere tutti i documenti da Creta. E nei prossimi giorni seguirà  una denuncia internazionale per violazione delle normative comunitarie in materia di sicurezza sui materiali biologici, la cui tracciabilità  deve essere garantita per risalire ai dati genetici dei donatori. «A Creta non hanno rispettato i criteri minimi di sicurezza accertandosi che i donatori non fossero portatori di malattie genetiche, fatto gravissimo».

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