Eurolandia si prepara all’addio della Grecia Tempesta sulle Borse

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MILANO – Senza attendere che il vertice dei capi di Stato e governo rappresentasse le divisioni e i problemi per cui l’Europa sta sul burrone, le Borse valori vivono il timore panico e alla fine della giornata bruciano140 miliardi di capitalizzazione. Vendite indiscriminate, avulse dai settori e i fondamentali. Con volatilità  e ampiezze crescenti, nutrite dall’aggiotaggio di Stato di chi continua a parare il colpo dell’uscita della Grecia dall’Unione. E così lo concretizza.
«Un’uscita della Grecia dall’Eurozona sarà  gestibile, con sfide significative ma superabili – ha scritto nel bollettino mensile la Bundesbank – . Gli aiuti non vanno estesi. Se la Grecia non mantenesse i propri impegni sulle riforme dovrà  sopportarne le conseguenze». E sui media internazionali rimbalzava, inutilmente smentito, il piano che «ogni Paese dell’euro dovrà  preparare sulle conseguenze di un’eventuale uscita della Grecia». La Reuters ha citato tre fonti e un documento visionato, varato lunedì dai tecnici di Ewg (i tecnici che preparano le riunioni dei ministri finanziari). Hai voglia con i mantra del presidente Juan Manuel Barroso: «Faremo di tutto per tenere Atene nell’euro, ma rispetti gli impegni».
A Piazza Affari l’indice Ftse Mib ha perso il 3,68% per gli affanni delle banche che pagano più cara la recessione, la turbolenza e la sventurata ipotesi di una rottura dell’euro. Hanno perso tra il 3-4% (Intesa Sanpaolo e Unicredit) e il 7% (Mps e Bpm). Madrid è scesa del 3,31% mentre il governo rinazionalizzava con 9 miliardi Bankia, quarto istituto spagnolo. A Parigi il Cac 40 ha ceduto il 2,62%, idem Londra, mentre Francoforte è scesa del 2,33%, come Amsterdam e Lisbona. Gli operatori sono inermi, si muovono in gregge e si dicono costretti a seguire gli indici, ampliandone la curva. «Esiste ,solo la macro ormai: i prezzi delle azioni non hanno più senso, né il ruolo delle Borse nella raccolta di capitale – spiega uno di loro – le azioni sono viste solo come l’investimento più rischioso, quindi da vendere per primo se l’Europa tracolla». 
Mentre vendevano azioni senza guardare i prezzi, molti di loro si sono messi in coda per comprare titoli di Stato tedeschi a tasso zero, biennali. Asta bandita per 4,55 miliardi di euro, e che ha visto adesioni 1,7 volte l’offerta, pur offrendo lo 0,07% e rendimenti reali negativi. «È l’unico titolo privo di rischi», si giustificano gli operatori, che non paiono domandarsi se l’implosione dell’Europa sia evento “senza rischi” per il suo primo paese. Mentre i tedeschi si godono il rischio zero (che è anche interesse zero per il loro debito pubblico), agli italiani tocca uno spread isterico avviato a 411 punti base sul Bund, volato a 430 e fermato a 428, pari a un 5,66% del Btp decennale. Lo spread Spagna-Germania ha toccato 482 punti base, +21.
Perfino l’euro, che in nove mesi di crisi ha dato segnali sospetti di tenuta, risente ormai della situazione. L’avvio cedente a 1,2668 sul dollaro (1,2768 martedì) è proseguito fino al serale 1,2565, vicino ai minimi di due anni. E chissà  dove sarebbe, l’euro, se Stati Uniti e Cina non avessero imposto al resto del mondo, da anni, la leggerezza delle loro valute, per poter meglio esportare. In flessione anche il prezzo del petrolio, con la qualità  Wti consegnata a luglio sotto i 90 dollari per barile. Sono le condizioni ideali per una fuga di capitali specie da Italia e Spagna, in corso da mesi e messi in tabella da Fitch. «Non ho questa percezione, c’è molta volatilità  – ha chiosato il vice ministro del Tesoro, Vittorio Grilli – . Le agenzie sono molto brave a far danni, ma non analisi approfondite».


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