Euro Bond e Grecia, per Merkel è una cena indigesta
Stasera, alla cena dei 27 a Bruxelles, il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha proposto a tutti di «parlare senza tabù» e di «mettere tutto sul tavolo». Tanto, alla conclusione del vertice informale, che servirà a Franà§ois Hollande a fare conoscenza con i partner, non è previsto nessun documento scritto. Al massimo potrebbe esserci una dichiarazione. Hollande metterà sul tavolo la questione degli Euro Bonds, che, come ha ammesso il ministro dell’economia Pierre Moscovici lunedì dopo l’incontro con il suo omologo tedesco Wolfgang Schà¤uble, resta un «grosso disaccordo» tra Francia e Germania. Per Angela Merkel, l’idea «è un cattivo strumento in un momento inopportuno». Merkel non intende concedere nulla, in attesa del risultato delle legislative francesi del 17 giugno. Ha anche rifiutato un invito di Monti. L’Austria è sulle stesse posizioni: «La crescita finanziata dal deficit? – ha detto la ministra delle finanze Maria Fekter – sono ricette del passato, gli argomenti sviluppati da Hollande sono assurdi». Il 17 giugno si vota anche in Grecia. Tensioni stasera ci saranno anche e soprattutto sulla Grecia, messa sotto pressione perché «voti bene» e minacciata, se darà la maggioranza ai partiti anti-Memorandum, di essere obbligata ad uscire dalla zone euro (i trattati non prevedono l’espulsione di uno stato, Lisbona permette però a un paese di abbandonare se il popolo lo chiede). Ieri, Alexis Tsipras a Berlino ha dichiarato che in caso di vittoria di Syriza la Grecia non deciderà di uscire dall’euro. Ma i leader europei, Germania, Austria, Finlandia e Olanda in testa, non intendono rinegoziare il Memorandum: né sul contenuto delle riforme, né sulla durata, né sui tassi, né sulle tranches di aiuti. Di qui al 17, considerato dai partner un referendum sull’euro, c’è il rischio di un incidente, che potrebbe precipitare il default (se l’Fmi si ritira dal piano, se uno stato della Ue esce dal Memorandum, se interviene un problema di finanziamento del sistema bancario greco). La Ue si sta preparando. Anche se i costi dell’uscita della Grecia dall’euro sarebbero altissimi: 370 miliardi di euro, tra prestiti bilaterali ad Atene, impegni della Bce, garanzie del Fesf (il fondo salva-stati), obbligazioni sovrane e prestiti ai privati (banche e imprese). La Francia ci rimetterebbe sui 62 miliardi, la Germania 85,5, l’Italia 55,8, la Spagna 36,9. Il precipizio greco è ora un fattore di blocco, che irrigidisce le posizioni, soprattutto la Germania e gli alleati rigoristi, che non vogliono sentir parlare di un’Unione di trasferimenti finanziari. Ma Hollande intende mettere sul tavolo le questioni di medio-lungo periodo, a cominciare dagli Euro Bonds. Un primo passo potrebbe essere fatto già al Consiglio europeo del 28 e 29 giugno, dove verranno prese delle decisioni sui Project Bonds, la cui strada è stata spianata a Camp David e ieri c’è stato un accordo al Parlamento europeo (230 milioni, che per l’effetto-leva immetteranno 4 miliardi nell’economia Ue). I progetti da finanziare sono già identificati, tra i 5 e i 10 nel campo dell’energia, di Internet e dei trasporti. I Project Bonds potrebbero entrare nel bilancio Ue del 2014. Anche un’altra richiesta di Hollande, l’aumento di capitale della Bei, è sulla buona strada, per 10 miliardi. In ultimo, c’è accordo anche con la Germania per l’utilizzazione dei Fondi strutturali non spesi (Berlino ha rinunciato a chiedere indietro i soldi). Ma per la Grecia è troppo tardi, perché Atene non ha i soldi per il necessario co-finanziamento (Bruxelles versa il 95% per i paesi sotto tutela, Grecia, Irlanda e Portogallo, ma Atene non sa dove trovare il residuo 5% perché deve rispettare una stretta austerità ). Per rispondere all’esigenza della Francia di rinegoziare il Fiscal Pack, potrebbe venire aggiunto a fine giugno un Protocollo sulla crescita. La Commissione vi vede un modo per superare la sterile contrapposizione tra austerità e stimolo all’economia. Resta invece aperto lo scontro sulla Tassa sulle transazioni finanziarie, con l’opposizione totale di Londra.
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