Doppio governo per la Russia Medvedev presenta i suoi giovani ma Putin tiene al potere i “duri”
Mosca – La Russia ha un governo nuovo, anzi due. Uno ufficiale, guidato dall’ex presidente Dmitrj Medvedev, fatto finalmente da volti nuovi, e soprattutto giovani. Un altro, più autorevole e potente, formato dalla vecchia guardia di ministri più legati a Vladimir Putin, fatti fuori dai loro dicasteri per essere però reintegrati in uno speciale consiglio di presidenza che continuerà a tracciare come prima le linee politiche della Russia.
L’illusione del cambiamento è durata solo poche ore. La lettura dei giornali del mattino che illustravano nomi e cifre del nuovo governo Medvedev aveva portato una ventata d’ottimismo tra le opposizioni e anche tra moltissimi moderati stanchi della presenza di personaggi discussi e criticati. E non c’era da dargli torto: il nuovo governo ha un’età media di appena 45 anni e presenta novità interessanti. Prima tra tutte, quella del ministro delle Telecomunicazioni, il ventinovenne Nikolaj Nikiforov, ex bambino prodigio, e adesso il più giovane ministro russo della Storia. Avrà il compito di riprodurre su scala nazionale il capolavoro tecnico realizzato da ministro della Repubblica del Tatarstan considerata un modello mondiale quanto a informatizzazione e accesso via web alla pubblica amministrazione.
E non mancano altre note che a molti sembravano positive. Come la ministra della Sanità Veronika Skorzova, 50 anni, ma soprattutto medico, raro caso di competenza professionale alla guida di uno settori più disastrati del sistema sociale russo. O di Arkadj Dvorkovich, 40 anni, ministro dell’Energia, arbitro internazionale di scacchi, una laurea negli Stati Uniti e una fama di ideologo e trascinatore dei “modernizzatori” tanto cari a Medvedev.
Il tempo di leggere sui blog anti Putin, e anche su quelli dei media meno allineati come Radio Eco di Mosca e Kommersant, giudizi positivi e tanti distinguo, e poi la doccia fredda. Putin Terzo non ha alcuna intenzione di lasciare parte del potere a Medvedev ma ha deciso di farsi una sua supersquadra formata proprio dai ministri meno amati. Tutti, nessuno escluso: la responsabile della Sanità Tatiana Golikova con il suo fallimento personale; l’ex ministro dell’Interno Rashid Nurgalijev accusato dall’opposizione per la linea dura della polizia e da moltissimi moderati per non aver mai contrastato la corruzione dilagante; la responsabile dello Sviluppo economico Elvira Nabjulina, spesso contestata per la scarsa efficacia delle sue iniziative. E via così in una sequenza che sembra fatta apposta per indebolire e circoscrivere il potere decisionale di Medvedev. Con una dimostrazione di forza in più: l’ex ministro per l’Energia Igor Sechin viene nominato presidente della Rosneft, la più grande impresa energetica del Paese e, contemporaneamente consigliere di Putin. Il portavoce del Cremlino, Dmitrj Peskhov mette subito in chiaro le cose: «Sechin avrà un doppio ruolo anche se non può». Spazzata via con una sola frase l’ultima decisione di Medvedev da presidente: vietare la copertura di incarichi politici ai dirigenti delle grandi aziende pubbliche. Sembrava una buona idea contro la corruzione e i conflitti di interesse ma è di fatto cancellata.
E alla fine della giornata, tra telegiornali di Stato e media indipendenti la sensazione netta era proprio quella di due governi per la Russia. Uno vero, fatto da antichi sodali di Putin Terzo e uno di facciata, affidato al “volto buono” del tandem al potere. Quel Dmitrj Medvedev che piace tanto a Obama e all’Europa e che continua a promettere “modernizzazione”, “lotta alla corruzione”, “dialogo con le opposizioni”. Ma che adesso sa di guidare un governo che sembra più di immagine che di decisioni concrete.
Related Articles
Viaggio ai confini
Arsal, in Libano, non lontano dalla frontiera con la Siria, è una roccaforta sunnita in una zona dominata dagli sciiti. Qui si rifugiano le famiglie dei combattenti anti-Assad e chi nel conflitto ha perso tutto
La Gran Bretagna fuori dall’Europa non è solo una minaccia elettorale
Più si avvicinano le elezioni e più i conservatori di David Cameron urlano contro l’Europa. Che vi sia la preoccupazione di perdere tanti voti a favore della destra di Nigel Farange (l’Uk Independence Party, Ukip), che fa della guerra all’Unione la sua bandiera, è fin troppo evidente. La speranza che hanno è di recuperare un po’ di consensi.
«L’attacco è incostituzionale», critiche bipartisan a Biden per lo Yemen
«Questa è una violazione inaccettabile della Costituzione», ha scritto su X la deputata Pramila Jayapal, che presiede il Progressive Caucus, dando voce all’indignazione corale che ha investito il partito democratico