Dialoghi fra tre lingue nei testi di Amelia Rosselli
Dopo un lavoro ultradecennale di ricerche, viaggi, traduzioni, revisioni e confronti, Jennifer Scappettone offre al lettore anglofono una straordinaria messe di testi di Amelia Rosselli, sotto il titolo complessivo (e rosselliano) di Locomotrix. Selected Poetry and Prose of Amelia Rosselli, che l’editore, Chicago University Press, ha il merito di aver accettato di pubblicare con testo a fronte, permettendo al volume di continuare il dialogo interlinguistico che di fatto è radice forte dell’immaginazione e della poesia rosselliane.
Poeta lei stessa, oltre che studiosa, Scappettone è la traduttrice ideale di una scrittura densa e molteplice come quella di Rosselli. Dopo un’introduzione attraverso cui la curatrice affronta un’attenta disamina del percorso biografico di Rosselli, scandendolo con puntuali interpretazioni dei libri di volta in volta usciti, Locomotrix presenta una rosa di poesie e prose tratte da Primi scritti (1952-63), La libellula (1958), Variazioni belliche (1964), Serie ospedaliera (1963-65), Diario ottuso (1967-68), Documento (1966-73), Appunti sparsi e persi (1966-77), Impromptu (1981); dando poi conto del lavoro rosselliano in inglese (in una sezione intitolata Between Languages) con pagine da October Elizabethans (1956), Diario in tre lingue (1955-56), Sleep (1953-66); selezionando poi tre scritti di poetica (l’Introduzione a «Spazi metrici», lo stesso testo Spazi metrici, e l’intervista Fatti estremi, raccolta da Spagnoletti e uscita la prima volta nell’87, in Antologia poetica); e infine dando preziose note esplicative che entrano con finezza in punti cruciali dei meccanismi delle poesie. In conclusione, una selezione di riferimenti bibliografici è ulteriore strumento di lettura. (Né è da trascurare l’apparato iconografico che arricchisce il libro, con immagini che sono insieme segni memoriali e documenti storici preziosi; da segnalare quattro fotografie – quasi «astratte» nella loro inquietudine e apertura semantica – scattate da Rosselli stessa).
Leggendo l’introduzione, sia i lettori cui voce e storia di Rosselli non siano ancora note sia chi abbia familiarità con entrambe trovano elementi di riflessione che interrogano e reinterrogano i testi. Giustamente centrale è, per Scappettone, il pensiero poetico trilingue – e anche in questo «radicale» – di Rosselli: l’italiano, l’inglese e il francese sono legati alla base. A incarnare le tre lingue Rosselli arrivava da un percorso di vita (la fuga dal fascismo, in Francia, Usa, Inghilterra), non certo per scelta letteraria o «cosmopolitismo», come impropriamente scrisse Pasolini. E quel che accadeva sulla pagina era, così, contaminazione tra i lessici, le forme, non loro giustapposizione. Non essendo calligrafie affiancate, le lingue si modificavano l’una con l’altra. La traduttrice ne è cosciente, misurandosi efficacemente con alcuni dei testi più complessi: esemplare, da Serie ospedaliera, la poesia composita, musiva, anarchica, Cos’ha il mio cuore che batte sì soavemente…, misto di deformazioni, improprietà , prestiti più o meno leciti da tratti morfologici dell’italiano delle origini, e stranezze in verità produttrici di senso da intendere precisamente come «forza poetica piuttosto che come impoverimento», mancanza (detraction).
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