Dai cattolici ai neofascisti, il fronte si allarga “E ora vogliamo contare come negli Usa”

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ROMA – Sognano di avere numeri americani e che la battaglia anti-abortista irrompa nella prossima campagna elettorale. Intrecciano forze moderate a sigle estremiste, toni messianici ad atti concreti. Mescolano i Centri di aiuto alla vita per le gestanti in difficoltà , ai movimenti per la sepoltura dei feti abortiti, gli studiosi di Scienza e Vita agli ultrà  della fede di Militia Christi, i neofascisti di Forza Nuova a storiche comunità  di accoglienza come quella fondata da don Benzi a Rimini, “Papa Giovanni XXIII”. Crescono e si diffondono i movimenti pro-life italiani, che ieri hanno sfilato a Roma sullo sfondo delle arcate del Colosseo, una galassia di gruppi allevati all’ombra delle parrocchie, dei vescovadi, delle università  cattoliche, benedetti dai partiti della Destra e dall’Opus Dei. Armata bianca che definisce l’aborto “omicidio”, grida al “genocidio” dell’infanzia, e afferma che dal 1978 ad oggi cinque milioni di bambini sono morti, o meglio mai nati, a causa della legge 194.
Un pulviscolo di associazioni. Divise tra chi propone la via parlamentare all’abolizione della legge sull’aborto, e le milizie che invocano invece il boicottaggio dei centri di Ivg, l’aggressione ai medici abortisti, il diritto dei farmacisti a non vendere anticoncezionali, in omaggio alle più spettacolari azioni dei movimenti pro-life radicali degli Stati Uniti. Centinaia di sigle, affratellate nel mondo e attive da anni, ma venute alla luce soprattutto nei drammatici mesi precedenti la morte di Eluana Englaro, e poi presenti in tutte le battaglie contro il testamento biologico, la fecondazione assistita, i matrimoni omosessuali, il divorzio breve. In nome dell’irrinunciabile principio della “famiglia naturale”. Un mondo che esce allo scoperto, si conta, con l’adesione di oltre 150 gruppi e un corteo di 15 mila manifestanti. Una svolta storica, ha detto la portavoce della marcia, Cristina Coda Nunziante. «Certamente ci vorrà  del tempo per portare il tema dell’aborto al centro delle campagne elettorali, come avviene negli Usa, ma abbiamo dimostrato l’esistenza di un movimento pro-life deciso ad affermare i propri convincimenti». Abbattere la legge 194 prima di tutto, boicottare i contraccettivi del giorno dopo, la pillola abortiva Ru406, e “attaccare” il fortino laico dei pochi consultori ancora attivi in Italia.
Attraverso i suoi partiti di riferimento (Pdl, Udc) il movimento pro-life aveva infatti proposto, sia nel Lazio che in Lombardia, due leggi regionali mirate alla creazione di consultori privati gestiti dal movimento per la vita. E poi nuove regole mirate a limitare fortemente nei consultori pubblici sia le politiche contraccettive, che il rilascio dei certificati per l’interruzione volontaria di gravidanza. Leggi finora bloccate da una forte opposizione politica, eppure l’azione dei pro-life è invece già  molto attiva negli ospedali, così ricorda proprio il video di presentazione della marcia di ieri, con un ringraziamento “al silenzioso lavoro dei volontari”.
Volontari animati da un fuoco tanto sacro da rasentare l’intolleranza, come racconta sul sito “aborto terapeutico e non” una giovane donna: «Ero ancora sulla barella, subito dopo l’intervento, avevo chiesto esplicitamente di non vedere il bambino. Invece arrivarono un’infermiera e una volontaria con qualcosa di minuscolo tra le mani, avvolto in un panno bianco. Guardalo, mi hanno detto, era tuo figlio, respirava… Una violenza tremenda. Le ho denunciate».


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