Così è fallito il piano di Catricalà  gelo tra sottosegretario e premier

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Non mesi fa, ma giusto il 14 maggio. Carte dirette verso il Consiglio di Stato e la Corte dei conti per una ufficialissima richiesta di parere. Come Repubblica è in grado di ricostruire. Il nome dell’autore è proprio quello del sottosegretario alla presidenza Antonio Catricalà . Monti piglia le distanze dalla riforma, sottace chi l’ha pensata e sponsorizzata, e la voragine che si apre tra i due appare incolmabile. C’è anche chi, nelle stanze della presidenza, è convinto che Monti attenda una lettera di dimissioni del suo sottosegretario. Per questa via il caso “sezioni disciplinari” delle magistrature si trasforma nel caso Catricalà . Il quale risponde e minimizza. Lui e Monti non si sono parlati, ma chi è stato in contatto con il premier ne descrive l’arrabbiatura verso il sottosegretario: «Ha agito da solo, per conto suo, nonostante gli avessimo detto con chiarezza che quella modifica non poteva assolutamente essere fatta e che il parere del Guardasigilli Severino era contrario». 
Due fronti aperti per Catricalà , il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica, visto che su di lui erano già  caduti i fulmini del Colle appena giovedì scorso quando sul Messaggero era uscita una sua intervista in cui, a proposito della discarica di Corcolle, difendeva il prefetto Pecoraro e la localizzazione, a suo avviso «lontana», da villa Adriana. Ma lo scontro sulla giustizia disciplinare è assai più grave e rischia di arroventarsi sulle carte. Anche se, come vedremo, l’ex presidente dell’Antitrust ha una sua versione minimalista. 
La riforma esiste. Repubblica lo ha scritto. Ed è in grado di provarlo con le stesse missive inviate da Catricalà  – la sua firma è ben leggibile in calce – ai presidenti del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti. Quattro articoli, dal 26 al 29, che dovevano costituire il «capo III, la Giustizia», all’interno del ddl sul merito scolastico. È il 2 maggio quando Catricalà  scrive di «un nuovo schema di disegno di legge di iniziativa governativa che contiene norme sul merito, sulla trasparenza, sulla responsabilità ». Su di esse chiede «un parere urgente» in modo da ottenerlo «se possibile prima che il consiglio dei ministri approvi lo schema del provvedimento». In allegato ecco un primo schema di nuova giustizia disciplinare per i magistrati amministrativi e contabili in cui sono i laici, numericamente, a far la parte dei leone. Passa qualche giorno e dalle magistrature arriva una richiesta di chiarimenti. 
Catricalà , a quel punto, manda un secondo plico. Siamo al 14 maggio, una data che contrasta in modo palmare con quanto sostiene Monti a proposito di un progetto che «già  da tempo» aveva bocciato come «non percorribile» anche a seguito dello stop del Guardasigilli Severino. Ma per Catricalà , evidentemente, quella strada è ben aperta. Tant’è che scrive ancora al presidente del Consiglio di Stato: «Le trasmetto gli articoli della bozza del disegno di legge in preparazione che riguardano le magistrature e le libere professioni». A capo. E poi: «Il fine che il ddl vuole perseguire è di assicurare terzietà  agli organi disciplinari per evitare la critica, fin troppo estesa nella società  civile, di una giustizia domestica e dare trasparenza e certezza di imparzialità  all’azione disciplinare». Paiono parole di Berlusconi e Alfano, ma sono di Catricalà . Che allega i quattro articoli su Csm, Consiglio di Stato, Corte dei Conti e giudici tributari. A scartabellare in archivio, le soluzioni sembrano fotocopiate da più di una proposta di legge del Pdl. 
Sono ubbidienti le magistrature. Pochi giorni e il parere, anche se negativo, viene recapitato sul tavolo di Catricalà . Per esempio quello del Consiglio di Stato che appena giovedì 24 maggio, nel corso della sua “adunanza generale”, ha trattato il quesito richiesto dal sottosegretario: «Esame della bozza di legge di istituzione della sezione disciplinare presso il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa». Da palazzo Chigi, ufficialmente, non è arrivato alcuno stop. 
Dal Csm, invece, raccontano che si sia incollerito il vice presidente Michele Vietti: «Ma come, da palazzo Chigi mandano in giro una possibile riforma del Csm e nessuno ci avverte?». Per certo, a palazzo dei Marescialli non è arrivato nulla. E si può agganciare qui l’autodifesa di Catricalà : «Da sette, otto giorni Monti ci aveva detto che avrebbe approvato solo norme sul merito scolastico». Si noti, non «da tempo» come dice il premier, ma solo da una manciata di giorni. Quanto all’iniziativa, il sottosegretario la racconta così: alla nascita del governo, a palazzo Chigi, si è insediato anche un gruppo di analisti su merito, trasparenza e responsabilità , il quale avrebbe segnalato l’anomalia della «giustizia domestica» dei giudici. Catricalà  ammette l’immediato altolà  di Severino, che stoppa qualsiasi intervento sul Csm, riformabile solo per via costituzionale, ma va avanti, formula gli articoli di legge, chiede i pareri. Solo a notizia ormai pubblica arriva il definitivo stop di Monti.


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