Conti nelle banche svizzere, Monti cede E il Ticino sblocca i fondi dei frontalieri

by Editore | 10 Maggio 2012 10:35

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Uno spiraglio finalmente si è aperto, sulle questioni fiscali e finanziarie tra Italia e Svizzera, ma per il momento c’è solo un annuncio e neppure una data certa di avvio dei negoziati. Con il serio rischio di vedere sfumato ogni sforzo (e capitale evaso). Ieri, però, dopo un incontro tra il consigliere diplomatico del Mef italiano, l’ambasciatore Carlo Baldocci, e il segretario di Stato svizzero Michael Ambà¼hl, i governi dei due Paesi hanno dato notizia con un comunicato congiunto di aver finalmente sbloccato – dopo mesi di discussioni e incredibili “timidezze” italiane – la via verso un accordo bilaterale per tassare alla fonte i capitali italiani esportati nelle banche di Lugano e Ginevra. In cambio, la Svizzera ha impartito «l’ordine di pagamento in favore dell’Italia» riguardo 28 milioni di franchi svizzeri che molti comuni italiani di confine attendevano dal 30 giugno 2011, da quando cioè il Canton Ticino aveva sospeso unilateralmente l’accordo in vigore dal 1974 connesso all’imposizione fiscale sui lavoratori transfrontalieri, bloccando così lo storno della quota d’imposta relativa al 2010.
Secondo quanto annunciato, il premier Mario Monti incontrerà  a Roma «nei prossimi giorni» la presidente della Confederazione Elvetica e ministra delle Finanze Eveline Widmer-Schlumpf ma, come lei stessa ha dichiarato ieri in conferenza stampa a Berna, non è ancora stata fissata una data precisa. Dopo il via libera della Commissione europea agli accordi già  stipulati dalla Svizzera con la Germania, la Gran Bretagna e recentemente anche con l’Austria – accordi che per trasformarsi in legge devono ora ottenere l’approvazione dei parlamenti nazionali -, e sotto la forte pressione dei comuni italiani dove vivono i lavoratori transfrontalieri che fino a un anno fa ricevevano dalle autorità  ticinesi il 38,8% delle trattenute fiscali svizzere, Monti alla fine si è convinto e ha acconsentito ad istituire un «gruppo di pilotaggio» che si riunirà  per la prima volta il 24 maggio prossimo. Sul tavolo “tecnico” anche la questione dello scambio di informazioni (il cosiddetto segreto bancario), dirimente per ridiscutere la Convenzione che evita la «doppia imposizione» e per la revisione delle black list esistenti nelle quali è inserita anche la Svizzera. 
«Sono contenta che la porta sia stata riaperta» dopo un lungo periodo caratterizzato da «alcune difficoltà , per esprimersi in modo misurato», ha detto ieri la presidente Widmer-Schlumpf che ha raccontato di un approccio tra i due Paesi durato mesi e cominciato già  con Berlusconi negli ultimi giorni del suo governo. Ma è solo «l’inizio», ha aggiunto la ministra delle Finanze di Berna. Il punto di vista italiano, invece, lo ha espresso il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli: «Prima di aprire un tavolo e di sederci con la Svizzera – ha spiegato ieri – volevamo regolare alcune questioni importantissime sui frontalieri. Oggi questo è stato fatto e a questo punto ci possiamo sedere intorno ad un tavolo». Soddisfatto anche Sandro Gozi, capogruppo Pd nella commissione Politiche della Ue, che in un’interrogazione urgente al ministro delle Finanze (o al premier che dir si voglia) ha chiesto di sapere «quanto prima l’ammontare del valore dei patrimoni italiani depositati nelle banche elvetiche». Secondo «alcune autorevoli stime – ha spiegato Gozi – la metà  dei capitali depositati in Svizzera, pari complessivamente a circa 4.000 miliardi franchi svizzeri (3.300 miliardi di euro), sarebbe di origine straniera. In particolare, circa 180 miliardi apparterrebbero ad investitori tedeschi, 120 miliardi a investitori italiani e circa 70 miliardi ad investitori britannici». 
Intanto, in attesa di riprendere il dialogo con l’Italia, la Svizzera si prepara a ratificare gli accordi presi con Austria, Gran Bretagna e Germania. E proprio quest’ultima convenzione sarà  la più pensate per le banche elvetiche che in cambio di una imposta liberatoria calcolata su interessi, dividendi e altri redditi del capitale, e versata in modo anonimo dai correntisti “evasori”, manterranno il segreto bancario. Intanto a Berlino il testo di legge è in discussione al Bundesrat, dove i land si confrontano in particolare sulla possibilità  di aumentare il tasso dell’imposizione forfettaria sui capitali e sulla norma che permette agli evasori, fino al primo gennaio 2013 – giorno in cui entreranno in vigore le convenzioni – di spostare i soldi dalla Svizzera.

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