Consulenze e stipendi d’oro le Comunità  montane sprecano anche se non esistono più

by Editore | 18 Maggio 2012 8:03

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Ogni giorno timbrano il cartellino anche se, sulla carta, l’ente per il quale lavorano non esiste da tre anni. Tanto è trascorso da quando in Puglia sono state soppresse le Comunità  montane sull’onda del clamore mediatico che aveva travolto l’ente «senza montagna» delle Murge, che comprendeva il Comune di Pelagiano, provincia di Taranto, 39 metri sul livello del mare. Ma proprio questa Comunità  che aveva fatto gridare allo scandalo è ancora lì in piedi, anche se formalmente chiusa. È vero, non c’è più un consiglio d’amministrazione che garantisce gettoni d’oro a sindaci e assessori, ma dal 2010 la Regione pugliese paga un commissario liquidatore con indennità  pari a oltre 20 mila euro l’anno e due dipendenti. 
La Comunità  delle Murge è il simbolo di come la furia moralizzatrice e la corsa a tagliare gli enti montani si sia trasformata in un grande spreco che vede oggi le Regioni continuare a spendere 150 milioni di euro per gli stipendi di 4.500 dipendenti e altri 162 milioni per 7.500 forestali: il tutto per svolgere pochi servizi, o nessuno, causa assenza di fondi per investimenti. Un paradosso nato dal fatto che da un lato lo Stato ha azzerato i trasferimenti a questi organismi e, dall’altro, le Regioni si sono affrettate a sopprimere le Comunità  senza però trovare una soluzione per i lavoratori. Risultato? Si pagano solo stipendi e si scopre che le Comunità  continuano a spendere 14,9 milioni di euro all’anno in consulenze, mentre i boschi rimangono abbandonati perché mancano i soldi per la loro manutenzione. «Un assurdo, da anni chiediamo una riorganizzazione omogenea del sistema in tutto il Paese, che trasformi le Comunità  in unioni di Comuni in modo da poter dare indipendenza economica a questi enti e ottenere veri risparmi mettendo insieme servizi», dice Enrico Borghi, presidente della commissione della montagna dell’Anci. 
In Italia attualmente vige il caos, con alcune Regioni che hanno chiuso formalmente questi enti e altri che li mantengono in vita per fare anche la riscossione dei tributi: come nel Cadore, dove il Comune Calanzo ha deciso di togliere questo servizio a Equitalia per affidarlo alla Comunità  di Valbelluna. Ma quante sono le Comunità  rimaste in vita? Quanto costano? Cosa fanno?

Le Comunità  in liquidazione
Molte Regioni come Basilicata, Liguria, Molise, Puglia e Toscana, hanno soppresso le Comunità  e altre Regioni hanno votato leggi per la loro trasformazione in unioni di Comuni, come Piemonte, Lazio e Campania. Formalmente ne rimangono in piedi solo 72 sulle 300 attive nel 2008, in gran parte concentrate in Valle d’Aosta (8), Trentino Alto Adige (23), Lombardia (23), Veneto (19), Emilia Romagna (10), Marche (9). In realtà , considerando quelle in liquidazione, sono ancora 201 gli enti in piedi con in carico i dipendenti, ma senza un euro per svolgere servizi. Situazione, questa, che sta diventano allarmante soprattutto al Sud, con le Regioni che di fatto versano, quando lo versano, lo stretto necessario a pagare i lavoratori e in più garantiscono parcelle d’oro a una pletora di commissari liquidatori: «Diciamo che quando c’eravamo noi politici nei consigli d’amministrazione si gridava allo scandalo, oggi ci sono i burocrati e nessuno dice nulla», sottolinea Borghi. 
Ma quanti sono questi enti fantasma e quali i costi affrontati per la loro liquidazione? Simbolo di quanto sta accadendo è la Comunità  delle Murge, che comprende il Comune di Palagiano, a meno di 40 metri dal livello del mare. La Puglia ha chiuso questa Comunità  nel 2008. A tre anni di distanza, però, l’ente è ancora lì, con un liquidatore e due dipendenti: «Ci hanno chiuso ma solo formalmente, perché noi veniamo ancora a lavorare in attesa di essere trasferiti da qualche parte», dice un funzionario. Già , ma la Provincia non li vuole, e nemmeno i Comuni che non hanno i fondi per pagare i loro stipendi. Stesso discorso avviene in Molise, con le sei Comunità  soppresse di cui cinque però ancora in liquidazione perché non si riesce a pagare i creditori. Nel frattempo la Regione ha appena erogato 5 milioni di euro per pagare gli stipendi: «Ovviamente – ha detto l’assessore agli Enti locali Antonio Chieffo all’indomani dello stanziamento – quello del pagamento degli stipendi ai dipendenti è soltanto un aspetto. Nei prossimi mesi auspichiamo un’immediata collocazione di tutto il personale». Ma in Italia si sa: nulla è più duraturo del provvisorio.
Anche in Campania la situazione è identica, con la Regione che versa alle Comunità  i fondi necessari a pagare solo i 677 stipendi, e il discorso non cambia in Calabria dove le 20 Comunità  mantengono 516 persone o in Umbria. Certo, c’è da chiedersi come mai in queste Regioni gli addetti siano di più che in Lombardia (390) o in Veneto (183) ma tant’è, questo personale è ormai sul groppone anche se nessuno lo vuole. Al Sud si aggiunge poi un altro paradosso: che le Comunità  oltre a mantenere i dipendenti, debbano garantire le giornate lavorative a un esercito di forestali, anche qui senza sapere bene come impiegarli visto che non ci sono fondi per realizzare progetti sulla tutela dei boschi: tanto per fare un esempio, in Piemonte i forestali sono appena 532, in Campania 4.500 anche se il record appartiene alla Sicilia con 30 mila addetti (quasi la metà  di tutto il resto del Paese). Ma nell’isola “virtuosa” sono in capo alla Regione e non esistono più le Comunità  montane. Mentre al Sud le Comunità  soppresse pagano ancora stipendi, al Nord alcune Regioni si sono rifiutate di abolirle: la Lombardia ha appena stanziato 50 milioni di euro per le sue 23 Comunità  montane, che si aggiungono a Comuni, Province e Unione di Comuni, tanto per non farsi mancare nulla. 

I contratti con gli esterni
Comunità  fantasma o meno, nonostante l’esercito di dipendenti tutte continuano a mantenere un parco di 1.146 auto blu, pagare singoli direttori 80 mila euro l’anno e a garantire incarichi esterni a 1.944 persone, per una spesa complessiva di 14,9 milioni di euro solo tra il 2010 e il 2011. «Alcuni di questi incarichi sono obbligati, perché per appalti con fondi europei le Comunità  spesso non hanno il personale idoneo e, con il blocco del turn-over imposto dallo Stato, non possono assumere», dicono dall’Anci. Certo, ma perché la Comunità  Vestina in Abruzzo deve spendere 8 mila euro per il non proprio necessario difensore civico? Perché l’ente Forlivese deve spendere 8.100 euro per pagare una persona che «aggiorni la banca dati»? Per non parlare di quella dell’Appennino reggiano che ha speso 13.400 euro per affidare all’esterno la progettazione, non certo complessa di un canile, o della Comunità  Valle Imagna che per 10 mila euro ha dato all’esterno l’incarico di «tutor dello spazio creatività ». Mentre la Valle Camonica, nel Bresciano, ha speso 3 mila euro per l’acquisto di poster sui «funghi epigei» e nelle Marche si chiede una consulenza perfino per il progetto preliminare di «taglio piante», al costo di 2.744 euro. Colpisce poi come in Piemonte la Comunità  del Biellese abbia speso quasi 10 mila euro per materiale promozionale «destinato al turismo religioso, arte e devozione», mentre quella di Cuneo per far fare le foto di una manifestazione abbia speso 1.200 euro. Il colmo lo raggiungono la Comunità  Graffignana, che, per fare estrapolare i dati chiesti dall’Istat per il censimento, si è rivolta all’esterno pagando una ragazza 576 euro, o la Comunità  Feltrina che ha speso 10 mila euro per una mostra fotografica. Pure per ampliare degli uffici si fa ricorso ad esterni pagati ben 65 mila euro, come nel Bresciano, dove tra l’altro in Val Camonica si pagano 152 mila euro per il servizio Informagiovani.
E se nelle Regioni a Statuto ordinario dal 2010 sono stati aboliti i compensi per gli amministratori, proprio nel 2010 la Provincia di Bolzano ha incrementato del 7 per cento quelli delle sue Comunità  montane: qui ai presidenti spetta un’indennità  mensile lorda fino a 4.395 euro se sono contestualmente sindaci di un Comune, mentre se i presidenti non sono sindaci l’indennità  può salire fino a 5.127 euro mensili, e ai membri dei consigli comprensoriali spetta un gettone di 50 euro lordi per ogni seduta. Così in Trentino i politici, spesso già  retribuiti da Province e Comuni, costano a questi enti 761 mila euro all’anno. 

I buchi di bilancio
In alcuni casi gli sprechi del passato tornano a galla improvvisamente e con una forza degna di uno tsunami. Come sta accadendo in Toscana, dove c’è chi tira in ballo perfino uno scandalo in salsa leghista, che questa volta travolge i rossi ex comunisti. «Diciamo che una gestione dei conti come questa non sarebbe andata bene neppure nell’ultima salumeria d’Italia», ha detto Luca Eller Vainicher, il consulente inviato dalla procura di Pistoia per dare un’occhiata alle casse della Comunità  Appennino Pistoisese, dove mancano all’appello 10 milioni di euro. Soldi scomparsi in venti anni di gestione allegra e adesso nella valle pistoiese i sospetti su chi ha incassato questi soldi si estendono a macchia d’olio arrivando anche a ipotizzare finanziamenti illeciti ai partiti. 
Ma quanto accade a Pistoia non è un’eccezione. La Corte dei conti ha condannato decine di amministratori di Comunità  montane d’Italia, da Massa Carrara dove in tre dovranno pagare 55 mila euro per aver affidato una consulenza esterna a un non laureato, a Perugia dove è stato accertato un danno da 300 mila euro per l’acquisto da parte dell’ente locale di macchinari «mai utilizzati». In Friuli, poi, i giudici contabili hanno condannato alcuni amministratori perché avevano garantito uno stipendio d’oro, da oltre 300 mila euro, a un dirigente, mentre nel Lazio i magistrati indagano ancora sui mega investimenti fatti dalla Comunità  di Terni per il progetto Agrobioforest, che ha causato una perdita di 1 milione di euro per un impianto in serra mai utilizzato. Sprechi di ieri, che continuano anche oggi in nome della montagna, sempre più abbandonata e con una superficie boschiva che non si riesce a tenere in ordine, moltiplicando così il rischio di dissesto idrogeologico: ma tant’è, oggi i soldi finiscono tutti in consulenze e stipendi.

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