Chiamate anonime agli attivisti prima del rogo fascista

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Hanno chiamato sia volontari del centro che persone considerate vicine. Un quarto d’ora di squilli, dalle 3,15 in poi. Che la firma sia fascista lo dimostrano chiaramente le svastiche disegnate sui muri e il clima d’odio istituzionale in una città  dove i figli del “boia chi molla” si sono improvvisati amministratori. Ma quelle telefonate aggiungono un elemento molto più inquietante, una modalità  mafiosa all’attentato.
Perché chiamare sul fisso, da queste parti, significa chiaramente dire «so dove abiti». Instillare la paura, terrorizzare è tipico della subcultura mafiosa che ammorba troppe zone del Sud. «La resistenza noi ce l’abbiamo nel Dna», mi disse una volta un attivista che al Cartella ha organizzato innumerevoli iniziative.
Qui resistenza non è una commemorazione istituzionale, né una parola vuota. È la pratica concreta che non si lascia impaurire, anche quando dall’altra parte c’è la precisa volontà  di paralizzare col terrore.
«Se la mano che ha compiuto questo vile atto è facilmente individuabile nella bassa manovalanza fascista e mafiosa, purtroppo sempre numerosa in questa città , la mente è per noi da individuare nella tanto famosa area grigia, in tutti quei gruppi affaristici, di interesse, che considerano questo territorio una enorme speculazione, e le casse pubbliche bancomat privati», dice il comunicato ufficiale del centro sociale. «Vorrebbero che tutti i nostri sforzi si riversassero sulla difesa degli spazi, sullo scontro ideologico e sull’antifascismo, senza preoccuparci più della privatizzazione dei servizi pubblici, della svendita del territorio a fini speculativi, della tremenda crisi economica e soprattutto sociale in cui versa la nostra città ».
Dieci anni di politica dal basso e autofinanziata dimostrano che il Cartella è stata un’isola di resistenza nella barbarie politico-mafiosa, nella finzione della città -spettacolo di Scopelliti, nel progressivo degrado delle periferie. Al Cartella si parlava di acqua pubblica in Calabria quando neppure era iniziata la raccolta di firme per il referendum nazionale. Ci si incontrava con gli africani di Rosarno quando la rivolta doveva ancora scoppiare. Si discuteva di Ponte sullo Stretto elaborando la resistenza alle grandi opere che sarebbe diventata senso comune nel resto del Paese. Il Cartella non è un semplice centro sociale, perché si trova in un posto speciale, nel bene e nel male. Risorgerà  più bello e più grande di prima. E resisterà , perché la resistenza è nel suo Dna.


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