C’è chi dice no, tra tifosi e società  c’è bisogno di una rivolta morale

by Editore | 29 Maggio 2012 8:33

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Nel male più spesso che nel bene, il calcio è lo specchio fedele del paese. Esso, infatti, nel sistema di gioco, nel comportamento delle società , nella mentalità  dei calciatori e dei tecnici, nel modo d’essere dei tifosi riflette il carattere nazionale e, in qualche misura, persino lo crea o quantomeno contribuisce a formarlo. Lo scandalo che ieri è riesploso in modo fragoroso, con l’arresto, tra gli altri, del capitano della Lazio e il coinvolgimento dell’attuale allenatore della Juventus fresca vincitrice dello scudetto, ne è l’ennesima, triste, conferma. 
Il business del calcio scommesse è un fenomeno globale, come la finanza: con i moderni sistemi telematici puoi giocare da ovunque sui campionati di tutto il mondo e ciò ovviamente mobilita enormi risorse economiche invogliate dalla possibilità  di investire maggiormente laddove sia possibile manipolare il risultato delle partite. Si tratta di un affare perfetto per le organizzazioni criminali grandi e piccole, a cominciare da quelle italiane. Dunque non si tratta solo di un fenomeno italiano, ma bisognerà  pur domandarsi come mai un fenomeno di questa natura trovi in Italia il suo paese d’elezione. 
La risposta è duplice. Una riguarda la totale indifferenza del sistema calcio italiano alle questioni «etiche», considerate roba da moralisti inconcludenti: qui conta solo il risultato, non importa con quali mezzi sia raggiunto.
La seconda risposta riguarda il sistema Italia nel suo complesso: la corruzione è diventata un modo d’essere normale nell’economia, le mafie in questo ci sguazzano, la politica o è collusa o fa finta di non vedere come questo cancro sia il principale spread che pesa sul nostro paese. La mentalità  dell’arricchimento facile ha contagiato tutto e tutti. Come i finanzieri che non esitano a giocare con i titoli tossici, esistono anche calciatori che non si accontentano del già  tanto, troppo, che guadagnano, e sono pronti a vendersi le partite per guadagnare di più.
Se ne può uscire? Forse sì, perché esiste anche un altro paese, c’è una rivolta morale che attraversa anche il mondo del calcio, perché il popolo dei tifosi è costituito in stragrande maggioranza da persone per bene che fanno sacrifici per acquistare un biglietto o un abbonamento tv, alla ricerca di un’innocente evasione dalle fatiche della vita quotidiana. Esistono calciatori, tecnici, società , che si impegnano per buone cause. C’è quella bellissima immagine della partita del cuore a Palermo con il figlio di Paolo Borsellino, Manfredi, che segna un gol per la squadra dei magistrati in una partita nella quale giocano anche Francesco Totti, Fabrizio Miccoli e altri calciatori di serie A, ci sono progetti per costruire campi e scuole di calcio come educazione alla legalità  nei paesi in mano alle mafie.
Mancano, come al solito, la politica e le istituzioni. Si potrebbero fare cose semplici. Anzitutto sanzioni durissime per i singoli e le società  coinvolte. Poi, per esempio: una moratoria delle scommesse finché non sia debellato il cancro del malaffare, perché è veramente scandaloso che lo stato non solo consenta ma in parte gestisca un sistema di scommesse che è ormai totalmente fuori controllo. Si potrebbe anche immaginare per chi è coinvolto nella manipolazione delle partite la confisca dei beni, almeno per l’entità  delle somme guadagnate, e destinarli a progetti di educazione alla legalità  attraverso il calcio. Diranno che si tratta di proposte utopiche e nessuno farà  nulla. E così il calcio, come la politica, si allontanerà  sempre più dai sentimenti dei cittadini. 
*direttore de il Romanista

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