Bloccupare Francoforte

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L’amministrazione comunale ha vietato tutti i campeggi in centro, cortei, assemblee, concerti, perfino un incontro di «monache e monaci per la pace». I promotori hanno impugnato i divieti davanti al tribunale amministrativo, che si pronuncerà  all’inizio della prossima settimana. Le parti potranno ricorrere in appello fino alla corte costituzionale. Il verdetto finale potrebbe arrivare a ridosso del primo appuntamento, alle ore 14 di mercoledì 16: un pacifico assedio della Banca centrale europea, in concomitanza con una riunione del suo consiglio direttivo. Il diritto di manifestazione è fortemente tutelato in Germania. Verosimilmente i giudici confermeranno il diritto a protestare, ma porranno condizioni restrittive, per allontanare i dimostranti dalle immediate vicinanze delle banche. L’incertezza sui luoghi di riunione è voluta, per scoraggiare la partecipazione. Ma la schermaglia sul diritto a manifestare funziona indirettamente da campagna pubblicitaria per «Blockupy Frankfurt». L’appello a venire a Francoforte da tutta Europa viene comunque confermato dai promotori, pronti a reagire «creativamente» a cambiamenti di programma. «Blockupy» è un gioco di parole tra bloccare, to block, e to occupy, in omaggio al movimento internazionale di accampamenti nei centri finanziari. Pure a Francoforte, dall’ottobre scorso, i critici del capitalismo hanno messo le loro tende su un giardinetto vicino alla Bce. Il comune di Francoforte vuole sfrattarli tra il 16 e il 20 maggio, se il tribunale glielo consentirà . Quanto a «bloccare», i promotori vorrebbero sedersi attorno agli ingressi delle maggiori banche la mattina di venerdì 18, per ritardare l’entrata degli impiegati. Per garantirsi un buon punto di partenza per queste azioni di disturbo, intendono accamparsi già  il pomeriggio di giovedì sulle strisce di verde pubblico nel quartiere delle banche, la Taunusanlage e la Gallusanlage. All’appello per «Blockupy Frankfurt» hanno aderito in Germania Attac, gli autonomi della Interventionistische Linke, i socialisti della Linke, gli attivisti del movimento occupy, qualche raggruppamento della confederazione sindacale Dgb, come il sindacato degli insegnanti dell’Assia e quello dei servizi di Stoccarda. In Italia l’appello è stato sottoscritto dal comitato «No debito», dalla rete della sinistra Cgil «28 aprile», dai sindacati di base, da gruppi autonomi e centri sociali. «Vogliamo portare nel cuore del quartiere della banche di Francoforte, alla sede della Banca centrale europea (Bce) e di molti gruppi bancari e finanziari tedeschi, la resistenza contro un regime di crisi che, in molti paesi europei, fa precipitare milioni di persone nella disperazione e nella miseria», si legge nell’appello. «Noi ci opponiamo – prosegue il testo – al tentativo di aizzare gli uni contro gli altri, con parole d’ordine nazionalistiche, i lavoratori, i disoccupati, i precari in Germania, in Grecia, in Italia, in Francia e in altri paesi (…). Noi protesteremo contro la politica dell’Unione europea e della troika, bloccheremo la Bce e le piazze nel quartiere della finanza francofortese». Francoforte sta vivendo una svolta nella politica comunale. Al posto della borgomastra democristiana Petra Roth, in carica da ben 17 anni, il 25 marzo è stato eletto il socialdemocratico Peter Feldmann. Ma il nuovo borgomastro si insedierà  solo il primo luglio, e dovrà  coabitare con una maggioranza democristiana e verde nel consiglio comunale. Al momento resta in carica la vecchia giunta, con l’assessore agli interni Markus Frank, democristiano. È lui che ha vietato Blockupy, accampando «rischi per l’ordine pubblico». E sostenendo che i sit-in attorno alle banche potrebbero «ostacolare la circolazione di ambulanze e mezzi di soccorso». I rischi per la sicurezza si riferiscono agli incidenti del 31 marzo a Francoforte, quando la polizia ha bloccato un corteo che voleva dirigersi al cantiere per la nuova sede della Bce, e a voci sulle intenzioni poco pacifiche di dimostranti in arrivo da Berlino e dall’Italia. Thomas, uno dei portavoce di Blockupy, replica che i divieti amministrativi, per giunta mal motivati e destinati a cadere in tribunale, non potranno mai essere imposti «se decine di migliaia di attivisti saranno a Francoforte». Sulla temuta violenza scuote il capo: «Noi vogliamo una protesta di massa e pacifica, e lo abbiamo spiegato ai nostri simpatizzanti».


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