by Editore | 31 Maggio 2012 6:38
ROMA – Non cambia l’«attitudine» degli italiani nei confronti delle tasse. La conferma giunge dalla diffusione da parte del ministero dell’Economia dei redditi dichiarati nel 2011 (relativi all’anno d’imposta 2010) da lavoratori autonomi e professionisti. Il piatto, come al solito, piange. La media dichiarata da autonomi e professionisti si attesta a 27.300 euro (in aumento del 3,1 per cento rispetto all’anno precedente) ma la maggior parte delle categorie, spesso nel mirino dei blitz di Guardie Gialle e Agenzia delle entrate, non raggiunge nemmeno questa soglia.
In testa alla classifica dei redditi più bassi dichiarati ci sono i saloni di bellezza con 6.500 euro, seguiti dai sarti con 8.200 euro e dai negozi di abbigliamento con 8.200 euro medi. Ma sotto quota 17 mila euro ci sono molte categorie le cui dichiarazioni fanno sorgere dubbi sulla autenticità : albergatori, tassisti, autosaloni, gioiellieri, pellicciai, tintorie, bar e gelaterie, sono tutti sotto questa fatidica soglia.
Spiccano, invece, tra coloro che dichiarano di più i notai (318 mila euro), i farmacisti (109 mila euro), i medici (69 mila euro), i commercialisti (61 mila euro) e gli avvocati (57 mila euro). Categorie che hanno introiti maggiori, ma non in tutti i casi.
Il rapporto del Dipartimento delle Finanze passa ai «raggi x» 3,4 milioni di contribuenti che – è bene ricordarlo – pagano le tasse attenendosi ai cosiddetti «studi di settore», in pratica parametri assai dettagliati, per territorio e attività , elaborati statisticamente all’interno dei quali devono stare i redditi dichiarati. Se si rispettano si è dichiarati «congrui» e tutto fila liscio, se si è al di sotto scatta il campanello all’Agenzia delle entrate che avvia le verifiche.
Ebbene ieri la Cgia di Mestre ha voluto sottolineare un aspetto che in qualche modo attenuerebbe la scarsa fedeltà fiscale di autonomi e professionisti. E’ vero, dice la Cgia, con il suo presidente Giuseppe Bortolussi, che la media è molto bassa, ma se si prende in considerazione la «classifica» che riguarda i contribuenti «congrui» (cioè in regola e credibili) e che dichiarano in media più di 30 mila euro, cioè l’80 per cento dell’intero campione, il quadro cambia. In questo caso gli istituti di bellezza, che nella media totale non superano i 6.500 euro, salgono a 11.300 euro: i redditi dichiarati, dice dunque la Cgia, «raddoppiano o quasi» se si guarda all’80 per cento «credibile».
Il tema del fisco resta tuttavia in primo piano. Ieri il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti Claudio Siciliotti, in occasione dell’assemblea annuale della categoria, ha lanciato una serie di allarmi. ha parlato di aumento della pressione fiscale «assolutamente irresponsabile» con il rischio che raggiunga il 46 per cento a partire dal prossimo anno. Inoltre ha puntato l’indice sugli aumenti di Iva e Imu disposti per quest’anno: «Queste due “botte finali” – ha detto – da sole graveranno sui contribuenti per 14 miliardi nel 2012 e per 25 miliardi a decorrere dal 2013».
Nella difficile congiuntura che vede contestualmente aumenti delle tasse e persistenza dell’evasione (ieri il tema è stato toccato anche dalle «raccomandazioni» di Bruxelles all’Italia), è toccato al direttore dell’Agenzia delle entrate. Con la lotta all’evasione fiscale, ha detto Attilio Befera, «lo Stato fa sul serio e farà sempre di più sul serio». «Siamo a valle di un lungo periodo – ha spiegato il «numero uno» della lotta all’evasione – in cui troppi contribuenti hanno disatteso il patto fiscale con lo Stato. Ora l’acuirsi della crisi e il fatto che lo Stato fa sul serio, sta provocando il fenomeno dell’insofferenza fiscale».
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