by Sergio Segio | 4 Maggio 2012 7:12
MILANO – Cambia la testa della classifica (più industriali e meno banchieri nella top ten), spuntano i bei nomi della moda – da Prada a Ferragamo – ma il risultato resta sempre lo stesso: ogni anno che passa, i Paperoni di Piazza Affari diventano sempre più ricchi. I venti uomini d’oro (donne non ce ne sono) del listino milanese si sono spartiti lo scorso anno la bellezza di 150 milioni di euro. L’economia arranca, la gente comune tira la cinghia, ma le aziende continuano a macinare utili e a premiare con stipendi e buonuscite da mille e una notte i loro manager. Cosa che in qualche caso, leggi Finmeccanica, vale anche per chi dà l’addio ad aziende in evidente difficoltà .
A guidare la classifica, un deja vu, è Marco Tronchetti Provera che dopo aver rilanciato con ottimi risultati la Pirelli ha premiato con bonus straordinari tutto il management della Bicocca (se stesso compreso): nel 2011 ha guadagnato la bellezza di 61mila euro al giorno, domenica e festivi inclusi per un totale di 22,2 milioni. Dietro di lui sul podio due esodati “de luxe”: Cesare Geronzi, che dopo un anno di duro lavoro a Trieste è uscito di scena con un premio di consolazione da 17,8 milioni di euro, e Pier Francesco Guarguaglini, dimissionato da Finmeccanica dopo mille polemiche con uno zuccherino dolcissimo, sotto forma di un super-assegnone da 11,3 miliardi.
I guai della società (pubblica) di piazza Montegrappa non hanno impedito al suo generosissimo cda di distribuire nel 2011 più di 28 milioni tra compensi e paracaduti dorati contro gli 11 dell’anno precedente. Il bilancio, detto per inciso, si è chiuso in rosso per 2,3 miliardi mentre il titolo in Borsa ha bruciato il 60% del suo valore. Non si tratta di un’eccezione: quasi tutte le aziende statali – alla faccia dei tetti agli stipendi e dell’austerity del Belpaese – hanno gratificato con consistenti ritocchi alla busta paga i loro dirigenti. Eni ha alzato da 33 a 34 milioni i compensi ai manager con responsabilità strategiche, Enel da 20 a 27, Snam da 6 a 7.
Piangono invece, ma non troppo, i banchieri e i papaveri della finanza. Il loro 2011 è a due facce. Magro per i numeri uno degli istituti (i risultati in calo hanno costretto più o meno tutti a tagliarsi bonus e remunerazioni). Un po’ più grasso per il resto dei manager. Mps, Generali, Mediobanca e Popolare Reggio Emilia, per dire, hanno tutte aumentato le retribuzioni del top management. Noccioline comunque rispetto alle cifre che girano oltrefrontiera: Robert Diamond della Barclays si è messo in tasca 14 miliardi di euro, quattro volte il compenso del neo-ministro Corrado Passera che, buonuscita compresa, ha ricevuto da Intesa Sanpaolo 3,5 milioni di euro. Mangiandosi le dita per non aver venduto prima le sue vecchie stock option di Cà de Sass, liquidate a inizio anno per 8,8 milioni quando solo quattro anni fa ne valevano 48.
Anche Sergio Marchionne, malgrado il sostanzioso ritocco dello stipendio del 2011 a quota 5 milioni, conta soprattutto sugli incentivi azionari per sbarcare il lunario: il suo pacchetto di stock option in Fiat vale infatti una plusvalenza teorica non lontana da 70 milioni. Quanto basta per non prendersela guardando le buste paga dei concorrenti: Martin Winterkon, ad di Volkswagen, ha guadagnato negli ultimi dodici mesi 17 milioni, il triplo dell’ad di Fiat.
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