by Editore | 24 Maggio 2012 6:28
BRUXELLES – Dopo tanti vertici schiacciati dal duopolio Merkel-Sarkozy, che decideva prima di cosa si potesse o non si potesse discutere, i leader europei hanno potuto gustare ieri sera l’ebbrezza di un summit dominato dalla contrapposizione Merkel-Hollande, dove si è discusso veramente di tutto e dove le questioni di fondo per molti anni sottaciute sono venute finalmente allo scoperto. «E’ una riunione forse più importante di tante altre, perchè è una pagina aperta, senza un testo già quasi definito», commenta Mario Monti (in forte sintonia con Hollande), pur avvertendo che dalla cena di ieri non sarebbero arrivate decisioni operative. E spiega che la discussione ha potuto affrontare «idee forti», come «gli eurobond e gli investimenti pubblici», anche se «per diversi Paesi non sono digeribili nel breve periodo, ma questo forse è il momento di elencare varie ipotesi per poi sostenerle via via».
La discussione, in realtà è stata accesa. La Merkel è stata irremovibile: «Gli eurobond non aiutano la crescita e sono inoltre esplicitamente vietati dai trattati europei che proibiscono la mutualizzazione dei debiti sovrani». Dello stesso parere il “fronte del Nord”, composto dai primi ministri olandese, finlandese e svedese. Ma lo schieramento favorevole a definire un percorso politico e istituzionale che consenta di arrivare a lungo termine ad una condivisione del debito, composto da Francia, Italia, Belgio, Lussemburgo, Irlanda e Commissione, oltre che dallo stesso Van Rompuy presidente del Consiglio europeo, ha ricevuto anche sostegni inattesi. Il più sorprendente è venuto dal premier britannico, che condivide le preoccupazioni di Obama per l’inerzia dell’eurozona. «Bisogna affrontare alcune questioni di più lungo termine – ha sostenuto David Cameron – come avere una banca che sostenga la moneta unica, e piani per assicurare la coerenza dell’Unione monetaria». Lo stesso primo ministro spagnolo, Rajoy, pur non volendo sollevare direttamente la questione degli eurobond per non irritare la Merkel proprio mentre la Spagna è particolarmente vulnerabile per la crisi del suo sistema bancario, ha sostenuto che il differenziale tra i titoli di stato spagnoli e quelli tedeschi non è dovuto alle inadempienze di Madrid, e dunque rappresenta un problema di cui tutta l’eurozona dovrebbe farsi carico.
Naturalmente la discussione non ha portato a risultati concreti, che del resto nessuno si aspettava. Ma il fatto stesso che temi come le euro-obbligazioni o un ruolo più incisivo della Bce nel sostegno dell’economia siano stati messi apertamente sul tavolo costituisce un fatto nuovo e rilevante, dopo che per anni la Germania era riuscita ad evitare perfino di parlarne in qualsiasi consesso ufficiale. «Voglio che i leader abbiano una discussione franca e concentrata con una forte volontà di compromesso – ha dichiarato Van Rompuy all’inizio dei lavori – oggi possiamo aprire una prospettiva di speranza». Il progetto del presidente del Consiglio europeo, che è stato abilissimo nell’approfittare dello spiraglio aperto dalla fine dell’asse Merkel-Sarkozy, progetto che Van Rompuy condivide con Monti, è di spingere la Germania a definire quali siano le condizioni che ritiene indispensabili per accettare una mutualizzazione del debito. Come già accadde vent’anni fa per l’Unione monetaria, questo dovrebbe portare a stabilire un percorso di riforme istituzionali al termine del quale l’Europa potrebbe uscire dalla crisi con un balzo in avanti non solo sul piano economico ma anche su quello dell’integrazione politica.
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