Alzheimer La sfida di Obama “Entro il 2025 lo sapremo curare”

by Editore | 17 Maggio 2012 7:31

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«Oggi parte uno sforzo storico per combattere l’Alzheimer». Riecheggiando i toni che 40 anni fa portarono Nixon a lanciare la battaglia degli Stati Uniti contro il cancro, il segretario alla Salute Kathleen Sebelius annuncia una lotta senza quartiere alla malattia che sta minando l’America (e il resto del mondo) direttamente nel cervello. Il nemico subdolo che rosicchia la mente giorno dopo giorno ha già  mostrato i suoi effetti devastanti in un ex presidente – Ronald Reagan – e in un’attrice simbolo dell’America come Rita Hayworth. 
«Da oggi abbiamo una roadmap per prevenire e curare l’Alzheimer entro il 2025» ha spiegato Sebelius nell’annunciare il “National Alzheimer’s Plan”. Con uno stanziamento di 150 milioni di dollari in due anni da parte del governo Obama, l’orologio ha iniziato il conto alla rovescia per rispettare una scadenza che, sia pur lontana di oltre 10 anni, molti considerano ottimistica. I fondi stanziati per la ricerca – obiettano i sostenitori del Piano – sono assai meno di quel che l’America spende per curare i suoi 5,1 milioni malati di Alzheimer: 200 milioni. Che saliranno a un trilione nel 2050, quando i malati raggiungeranno i 16 milioni.
Oltre a un sito di informazioni, un corso per insegnare ai medici a riconoscere i primi sintomi e una campagna di spot per stimolare la solidarietà  nei confronti di chi ha perso memoria e punti di riferimento, il piano Usa prevede l’avvio di una sperimentazione che è senza precedenti. Finora infatti i farmaci per la malattia sono sempre stati testati su persone con sintomi conclamati. E hanno regolarmente deluso. Oggi i test coinvolgeranno persone giovani che potremmo considerare perfettamente sane, se non fosse per una silenziosa bomba a orologeria innescata al loro interno. 
I 5mila membri di un clan colombiano che vive tra Medellin e le montagne circostanti hanno una variante genetica che li predispone a una forma acuta e precoce di Alzheimer (i sintomi compaiono a 45 anni invece dei normali 65). Trecento trentenni della famiglia verranno sottoposti a un trattamento prima che il tarlo della malattia inizi a scavare nel loro cervello. Riceveranno il nuovo farmaco di un’azienda biotech della Roche, la Genentech. La somministrazione di farmaci sperimentali su persone ancora sane ha pochissimi precedenti nella storia della medicina. Un secondo test sotto l’egida del “National Plan” prevede poi l’uso di insulina spruzzata nel naso. Si è notato che la percentuale di malati di demenza è più alta fra i diabetici. La speranza – tutta ancora da dimostrare – è che l’insulina colpisca l’Alzheimer come fa con il diabete.
Trovare una medicina efficace contro l’Alzheimer farebbe fare un salto di qualità  alle cure, oggi ridotte all’osso. «I farmaci in uso – spiega Carlo Melchiorre, farmacologo dell’università  di Bologna – sono solo palliativi. Colpiscono la malattia troppo a valle, quando ormai ha già  completato gran parte della sua azione distruttiva». La difficoltà , prosegue Melchiorre «è che il meccanismo di degenerazione dei neuroni segue percorsi diversi e coinvolge più di un enzima e di un neurotrasmettitore. Finora non abbiamo trovato un farmaco capace di colpire più di un obiettivo contemporaneamente». La teoria più accreditata è che la malattia sia provocata da un accumulo di alcune proteine nel cervello, che si aggregano in forma di placche e filamenti ingarbugliati, mentre i neuroni muoiono. Un’équipe dell’università  di Milano Bicocca guidata da Eraldo Paulesu ha pubblicato proprio ieri uno studio che suggerisce l’uso della risonanza magnetica per verificare la risposta del cervello alle terapie. 
Un’iniziativa simile a quella Usa è stata sollecitata anche nel nostro paese dall’associazione Alzheimer Italia, che a metà  aprile ha scritto al premier Mario Monti per chiedergli un Piano Nazionale. Per curare i 500mila malati italiani si spendono 8 miliardi di euro, di cui 2 per i farmaci. In Francia alle presidenziali la moglie di Jacques Chirac ha dovuto votare per il marito colpito da Alzheimer. In Svizzera il villaggio di Wiedlisbach è stato riadattato per ospitare i malati e i loro infermieri.

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