Agnelli e l’allenatore in pieno stile Juve: tutto falso, avanti così

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Nel giorno più nero per l’ambiente bianconero – l’allenatore Antonio Conte indagato dalla procura di Cremona per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva, il difensore Leonardo Bonucci indagato dalla procura di Bari – echi di quell’antico stile affiorano come fantasmi di un passato che per fortuna è passato e sepolto. «Oggi stiamo zitti, siamo super sereni», dice a caldo il direttore generale della Juventus, Giuseppe Marotta. «Oggi bisogna stare zitti», concorda a distanza e da tutt’altra parrocchia Adriano Galliani, mentre il boss della società  Andrea Agnelli alla fine si decide a parlare, ma senza rispondere a nessuna domanda: «Io personalmente e la società  siamo al fianco di Antonio Conte e di Leonardo Bonucci». Punto e basta. Un muro di silenzio, un firewall tipo quello che si vorrebbe erigere per salvare l’euro. Che avrebbe pure un suo senso, se non s’incrociasse per pura coincidenza con le parole su altri maestri di mutismo, pronunciate da Gilberto Caldarozzi, direttore dello Sco, il Servizio centrale operativo cui la magistratura ha affidato le operazioni sul campo: «Abbiamo trasportato in questa indagine i metodi che usiamo anche con la mafia». Muti tutti.
Sia chiaro, Conte, Bonucci, gli altri hanno ragioni da vendere nel difendersi come meglio credono dalle accuse, che vanno provate dalla magistratura cui soltanto tocca un verdetto. Andrea Agnelli, spinto dalla curva dello stadio grazie al suo cognome in rima baciata con quello del padre e del più amato zio Gianni, è arrivato al timone della società  due anni fa. Viene messo lì dal cugino John (che di cognome fa rima baciata soltanto con il fratello Lapo). Ma Elkann dà  l’impressione di avere un doppio obiettivo: togliere un Agnelli dal vero business di Famiglia e avere un parafulmine, nel caso la ricostruzione della squadra andasse male.
Andrea però fa bene, o almeno così sembra. Azzecca la chiamata di Conte dal Siena e vince – grazie soprattutto a lui, all’ex capitano bianconero diventato allenatore – lo scudetto quest’ anno. Insieme fanno di meglio, anzi: rimettono a lucido l’insopportabile orgoglio juventino, altro pezzo di quell’antico stile di cui sopra. Oggi l’indagine della procura di Cremona su almeno sette o otto partite del Siena e l’accusa pesantissima contro Conte, dopo settimane di chiacchiere e voci infamanti, potrebbe avere l’effetto di un tasto reset schiacciato per sbaglio. «Ribadisco la mia assoluta estraneità  a qualsiasi tipo di fatto, mia e dei miei calciatori», ha detto Conte. Bene. E di sicuro può contare su Agnelli a far quadrato («è e resterà  allenatore, il ruolo che sarebbe attribuito ad Antonio è vicino all’insignificante»). Tutto in pieno stile Juve, come la terza stella sulla maglia nonostante i 30 scudetti negati dalla giustizia sportiva. Uno stile che nella storia è stato tradotto a volte in arroganza o in eccessiva disinvoltura: altrimenti, non si capirebbe perché a Conte è stato rinnovato il contratto fino al 2015 quattro giorni fa, a indagini ormai sul filo della chiusura. Tutti sono innocenti fino a prova contraria, ma tutti sapevano che qualcosa stava per succedere. «Putroppo – dice Damiano Tommasi, presidente della Lega dei calciatori – erano nell’aria provvedimenti, come sono nell’aria altri passi in avanti». Anche solo al minimo dubbio, la Juve non avrebbe potuto aspettare a rinnovare il contratto a un allenatore forse sotto indagine?
L’unico della Juventus che avrebbe dovuto tacere davvero, ha straparlato. Gigi Buffon, il portiere della Juventus e capitano della Nazionale, ha peccato di forma e di sostanza, aprendo bocca a vanvera su indagini in corso sul calcio scommesse. Rispondendo a Sky su eventuali combine di colleghi su pareggi e vittorie, ha detto «meglio due feriti che un morto». Resta un portierone, ma lo stile non sa nemmeno cos’è.


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